6. Moonlight Celebration

285 30 54
                                    

Questa notte non ho chiuso occhio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Questa notte non ho chiuso occhio.

I miei sogni sono mutati in incubi, dove Edgar Van Rosenborne era il centro di tutto.

Non gli basta essere il cuore pulsante di Elkhart Lake, della Kingly Academy e della sua stessa famiglia.

Quel bastardo psicopatico ha imposto la sua perfida presenza anche nel mio dannato subconscio.

Le sue parole torbide si sono incise a fuoco dentro di me e mi pare di sentirle sotto forma di un incessante mormorio nella mia mente.

Vaffanculo, Van Rosenborne! Sì, vaffanculo!

Scalcio via le coperte e mi alzo dal letto, prima di scendere, mi do una rapida occhiata allo specchio.

Ho sempre odiato il mio riflesso.
Ogni volta che incrocio il mio sguardo nello specchio, prego che qualcosa in me cambi.
Ho tinto i miei capelli naturali di magenta, come se quel colore acceso che rappresenta la forza di rivoluzionarsi potesse mascherare il buio che mi divora dall'interno.

Come se tingere i capelli potesse tingere anche l'anima, cancellare le ombre che mi inseguono, ma il nero è più ostinato di qualsiasi pennellata di colore.

Il nero è assoluto.

Sbuffo al mio patetico riflesso, ed esco dalla mia camera, scendo al piano terra controvoglia, e mi sposto in cucina.

«Ciao, nonna». Mi siedo sullo sgabello della penisola, la tazza fumante di caffè che mi prepara la nonna ogni mattina aspetta solo di essere stretta. La custodisco tra le mani, assorbendone il calore, come se potesse scaldarmi anche l'anima.

Il profumo del caffè mi avvolge, ma non mi consola.

C'è altro che lo farebbe, che mi avvolgerebbe, spazzando via ogni dolore, ma mi ripeto ogni stramaledetto giorno che sono pulita e che non posso ricadere nel vortice della droga.

Se lo facessi ora, nella mia posizione precaria... bè, non credo che sarei tanto brava da uscirne, non questa volta.

«Prendi solo il caffè? Ho preparato i waffle, da bambina li adoravi». La voce di mia nonna Dorothy è dolce, un sussurro che prova a indorare i miei pensieri catastrofici. Solleva una spatola con un gesto fluido, indicandomi il piatto ricolmo di waffle dorati.

Una scena che dovrebbe trasmettermi sicurezza, eppure mi fa sentire ancora più distante e aliena. Non mi sono ancora abituata a vivere con i nonni, loro sono fantastici... il problema sono io.

Mi manca la mia vita a New York, mi manca la metropoli, il caos, il traffico, mi manca persino la puzza che pervade ogni angolo della città.

Qui è tutto troppo piccolo, silenzioso, finto, apparentemente perfetto.
Elkhart Lake è una trappola dorata, un piccolo inferno travestito da paradiso, dove il lusso e la perdizione regnano e dove il lago cela segreti di sangue.

MURKINESSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora