30/08/2009
Reading Festival.Inghilterra.
Il concerto va benissimo, siamo quasi alla fine quando manca solo Paranoid Android e Everything in Its Right Place. È una serata molto tranquilla e stranamente fredda essendo Agosto, ma la cosa non pesava più di tanto, ho ormai intorno a me i ragazzi con le ultime forze per gli i ultimi due pezzi e abbiamo appena finito di suonare Jigsaw Falling Into Place. C'è sempre quell'aura quasi di distorsione della realtà attorno a noi quando suoniamo quel pezzo, come se fossimo soli nel raggio di 20 km e il tempo si fermasse, ma non quello nella nostra testa, quello c'era sempre, almeno una parte del nostro corpo seguiva il tempo prestabilito, che sia la testa o persino il ginocchio.
Vedere i ragazzi presi a suonare ciò che avevamo scritto in vari momenti della nostra vita, seduti su un tavolino o da qualsiasi altra parte a pensare a chissà cosa.
Il mio tecnico si avvicina verso di me per cambiare la chitarra mentre comincio a settarmi, è arrivato appunto il turno di Paranoid Android, anche se ripetitiva resta una delle mie canzoni preferite da suonare in live, sembra non invecchiare mai, visto il tema poi.
Noto con la coda dell'occhio gli altri cambiare chitarra, basso, si accordano, settano i pedali, synth e compagnia bella e d'un tratto Philip dà il tempo e parte ancora prima del nostro ok.
Ci giriamo tutti verso di lui, confusi, cercando una motivazione a quell'iniziativa ingiustificata, guardando prima verso di lui poi fra di noi per ricomporci.
- Ma che fai?
- Scusate, ho solo.. mi è sembrato di vedere.. non importa, mi sono solo distratto un attimo...
Pronti, batte quattro e partiamo.
-Allora? che è successo? non vedevi l'ora di finire?
Dissi a Philip entrando nei camerini.
- E dai smettila, mi sembrava di visto una ragazza nel pubblico che mi sembrava di aver già visto prima.
- E chi scusa? E poi da quando guardiamo le persone nel pubblico?
Disse Ed e "direi" aggiungerei.
- Ah beh, lo sai da quando.... non lo so, ma è come se l'avessi vista da qualche parte, non ricordo chi sia...
Disse sedendosi accanto al frigo bar, per poi prendere una Coca-Cola.
- Va bene, non preoccuparti, però vediamo di rimanere concentrati là sopra, non ci de..
-.. ve essere nessuno, si.
Concluse Colin, quasi come la fine di una preghiera che recitiamo alla fine di ogni set.Sarà l'ultima data del tour ma non voglio che accadano queste cose. Odio la mia mania del perfezionismo, ma ci abbiamo costruito una carriera intera, quindi.
-Comunque sia, tutto il tour è andato benissimo, In Rainbows, però abbiamo ancora molta strada da battere e non ci fermeremo certo qui, lo diciamo spesso..
Eravamo tutti troppo stanchi per fare discorsi da fine Tour o robe varie, volevamo solo tornare a casa e ricominciare la nostra vita "normale", ricaricare le batterie e cercare nuove idee, come se fosse difficile per noi insomma.
Ci salutiamo come di rito e usciamo dal backstage accompagnati dal nostro pullman che passava in mezzo a quei fan che aspettavano la nostra uscita salutandone qualcuno per cortesia.Se non conoscessi gli altri direi che a fine concerto è come se tutti avessero un peso sullo stomaco, con i volti quasi bianchi e senza forze, ma era soltanto il nostro modo di elaborare la serata e ripercorrerla mentalmente, già dai primi concerti eravamo molto autocritici e tendevamo a dirci qualsiasi cosa non andasse, anche se si trattava di una nota calante di un semitono in un solo, doveva, deve e dovrà essere sempre tutto perfetto, non sono ammessi errori.
Tra le altre cose quella ragazza di cui parlava Philip sentivo che prima o poi doveva saltare fuori in qualche modo, i vecchi fantasmi tornano sempre ed è sempre strano sentire quella sensazione alla bocca dello stomaco come se fosse ringiovanito di qualche anno, tornando a quel periodo, in confronto Marty McFly non ha mai viaggiato veramente nel tempo.
Quando siamo sul palco ci siamo sempre detti che c'eravamo soltanto noi e nessun altro, soprattutto dopo ciò che era successo, il pubblico non esiste, ma sappiamo anche che, come tutti i gruppi, senza pubblico noi non esisteremmo ed è un dilemma "morale" molto interessante, soprattutto per noi che non abbiamo un preciso target di pubblico, come io forse non ho un preciso target di persone con cui potermi relazionare.
Eppure per aver fatto un errore del genere la questione mi sembra abbastanza seria, dall'inizio alla fine del pezzo entriamo in quella fase catartica dove diventiamo un tutt'uno fra noi e i nostri strumenti, ma appunto non è il momento di parlarne e soprattutto di filosofeggiare così a cazzo sul nostro modo di fare musica, dovevamo soltanto riposare tutti quanti la notte in albergo e ricominciare le nostre vite.
E la verità era che ho troppa paura di ripescare qualcosa che volevo restasse chiuso.
Tutto il momento si palesa nella mia testa in loop per una mezz'ora mentre tornavamo al nostro hotel, guardando i campi avvolti nell'oscurità ma con la luce della luna che quasi riflette; ho perfettamente ricostruito, sempre per mezz'ora, la sensazione esatta nell'esatto momento in cui Philip partì, come se ci fossimo desincronizzati in maniera estremamente brusca, come se un campo magnetico si fosse spezzato tra noi. Continuo a sperare che non sia ciò che penso, non reggerei, non me lo saprei neanche spiegare e arrivati a questo punto del tour non potevo permettermi di avere altri pensieri.
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Let Down
FanfictionPiccola (forse) fanfiction basata sui Radiohead, divisa in capitoli con vari salti temporali, non c'è altro da dire.