𝟓. 𝐏𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐚𝐥 𝐁𝐚𝐭𝐭𝐥𝐞

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La notte avvolgeva la città, le luci sfocate dei lampioni scorrevano rapide mentre guidavo la mia moto verso il quartiere industriale. Era qui che si tenevano le gare motociclistiche clandestine. La velocità, il pericolo, l'adrenalina: era tutto ciò di cui avevo bisogno per dimenticare, anche solo per un momento, la pressione dell'accademia e la costante presenza di Mia.

Arrivai al luogo delle gare e trovai già una folla di persone eccitate. I motori ruggivano, il rumore assordante delle moto riempiva l'aria. Scavalcai la moto e mi diressi verso l'area di iscrizione.
50.000 € di premio. Era l'occasione perfetta per sfogare la mia frustrazione e guadagnare una somma considerevole.

La gara iniziò con un boato di motori, un rombo che fece vibrare l'aria e riempì l'atmosfera di elettricità. Ogni muscolo del mio corpo era teso, ogni senso all'erta. Mi concentravo solo sulla strada davanti a me, ignorando il pubblico urlante e i flash delle fotocamere. Sentivo il vento sul viso, fresco e tagliente, mentre la velocità aumentava e il battito del mio cuore accelerava di pari passo. Ogni curva era una sfida, un'opportunità per dimostrare la mia abilità e la mia determinazione.

Sorpassai i miei avversari uno dopo l'altro, come se fossero ostacoli in un percorso predefinito. La mia mente era sgombra da tutto tranne che dalla corsa. Non c'era spazio per i dubbi o le paure; ogni pensiero era focalizzato sulla prossima mossa, ogni decisione era una questione di istanti. Ogni movimento era calcolato con precisione millimetrica, ogni rischio misurato e soppesato con cura. Sentivo l'adrenalina pompare nelle vene, alimentando la mia concentrazione e la mia energia.

Il rumore delle ruote sull'asfalto, il ruggito del motore, il sibilo del vento: tutto contribuiva a creare una sinfonia di velocità e potenza. La mia macchina rispondeva perfettamente a ogni comando, come un'estensione del mio stesso corpo. E poi, finalmente, vidi il traguardo avvicinarsi. Con un ultimo sforzo, spinsi ancora di più, sentendo il cuore in gola e il sorriso di trionfo che si allargava sul volto. Tagliai il traguardo per primo, accolto da un'esplosione di applausi e urla di gioia. Il senso di vittoria era travolgente, una scarica di pura euforia che mi riempì l'anima.

Ma la vittoria ebbe un costo. Uno degli altri motociclisti in gara, furioso per aver perso, mi affrontò subito dopo la gara.

Era un tipo massiccio, con uno sguardo rabbioso. «Hai barato, bastardo!» urlò, avanzando minaccioso.

«Sei solo incazzato perché hai perso, » risposi freddamente, preparando i pugni.

«Non farmi ridere,» replicò, stringendo i pugni. «Ti ho visto tagliare quella curva, hai preso una scorciatoia!»

«Stai cercando scuse,» dissi, cercando di mantenere la calma. «Se fossi stato più bravo, non avresti avuto bisogno di piangere ora.»

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