3.Aysha

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"Perché ti sei aggrappato alla maniglia? Avevi detto che uscivi. Ti prego esci! Non stare lì alla porta" la mia voce trema di preoccupazione. Non ricevendo una risposta mi avvicino a lui. Il sudore gli cola sulla fronte, e il suo viso ha una brutta cera quasi pallido. E vedo che il sangue ha ricoperto tutto il collare della sua camicia nera. Haye Allah! Non si è fermato. E sta sanguinando da tanto!

"E adesso cosa faccio? Perché non mi hai detto che il sangue non si stava fermando. Ehi!?" Lui nonostante tutto resta lì in piedi immobile, con gli occhi fissi e privi di espressione."

"Non-non riesco a reggermi in piedi mi gira tutto attorno" bisbiglia con un filo di voce.

Se ci penso. È tutta colpa mia, se non avessi corso e preso quelle maledette scale. Lui non sarebbe in queste condizioni.

Cosa faccio adesso? Prima di tutto la salute. Come dice un verso del Quran-e-Pak(11ª) se salvi una vita è come se hai salvato l'intera umanità.

"Aggrappati a me" metto un suo braccio attorno al mio collo. Tra me e lui c'è un chilometro di differenza in altezza. Ogni suo passo è un peso morto che mi trascina giù. Ma lo stesso col mio appoggio lo porto a letto e lo aiuto a sdraiarsi in posizione supina.

Quest'uomo è fatto di acciaio. Nonostante tutto, non è svenuto e non sta perdendo i sensi. Ha perso troppo sangue. Il tessuto del burqa che gli avevo dato è zuppo di sangue e non lo blocca più, serve un panno asciutto. Guardo in giro e vedo una porta.

È il bagno.
Ci saranno sicuramente degli asciugamani qui dentro.
Trovati! L'armadio ne è pieno.
Ne prendo un paio.
Cerco di pulire il sangue con gli asciugamani bagnati per capire esattamente dov'è la ferita.

"Ascoltami, non hai un telefono di riserva? Oppure qualcosa con cui mi posso mettere a contatto con quelli dall'altra parte?" Non risponde, ma alza la mano destra e mi mostra 5 dita. La mano cade giù finendo sul mio braccio. "Ahia" urlo. È ancora più ghiacciata di prima. Non è che...

"Ehi. Ehiii. Apri gli occhi. Ti pregoooo. Allah cosa sta succedendo, perché??" Vado nel panico totale. E urlo, come non ho mai urlato in vita mia. Metto le dita davanti alla sua narici e alla bocca.
Sta respirando. Shukar hai Allah ka(12ª)!! Non è morto. Gli tocco il collo che è freddo come il ghiaccio come anche i piedi.

In questo caso, la temperatura del suo corpo non deve scendere, lo faccio diventare un sacco da box, arrotolandogli tutte le coperte attorno e alzo la temperatura della stanza.

In tutto questo tempo non ho smesso di piangere. Le lacrime mi scendono giù per le guance, e vado avanti e indietro come una pazza.
Ci sarà un kit del pronto soccorso. Ma niente! Trovo un ipad, un portatile, un'altro macbook, ma tutti bloccati. Niente da fare! A questo punto cerco di pressare la ferita usando un asciugamano bagnato di acqua fredda.

Scambiandolo ogni volta che diventa caldo.

Si è fermato! Grazie, ad Allah!! Sono così sollevata. E le mie lacrime si fermano.

Sento dei passi. Il bussare alla porta... mi precipito. Per fortuna è arrivato qualcuno.

"Perfavore muovetevi. Io non so più cosa fare." Urlo. Ci sono una fila di camerieri e tutti rimangono sbalorditi e iniziano ad assisterlo.

"Malik? Malik? Che cosa gli è successo"

"Ve lo spiegherò dopo. Perfavore chiamate l'ambulanza."

Il mio sogno è Aysha MuhammadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora