Capitolo 1

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3 anni fa

Sandra

Cammino lungo il corridoio da un tempo che mi sembra infinito. Anzi, tutto questo tunnel mi sembra infinito. Inoltre, il ragazzo che sto seguendo e la signora che mi continua a ripetere di accelerare il passo mi stanno altamente sul cazzo.

Sulle mani sono ancora sporca di sangue. Non il mio, almeno. Perché se l'uomo che voleva rapirmi mi avesse fatto del male, forse non sarei qui ma in un'ambulanza diretta all'ospedale della città. 

Non sono sicura di essere ancora in città, comunque. Quando sul corpo esanime del mio aggressore era stato poggiato il telo bianco, il mio orologio segnava le ore 23:12. Adesso sono le 4:39, quindi per quel che mi riguarda adesso potrei essere benissimo dall'altro capo del mondo e io non me ne sarei neanche accorta.

Non so neanche come questi due imbecilli mi abbiano trovata e con quale convinzione io abbia accettato di andare via con loro. Ora che ci penso, dal momento in cui il mio aggressore mi aveva toccato il sedere, il mio corpo e la mia mente hanno smesso di collaborare. Io mi muovevo, vedevo le mie mani colpire il suo viso, poi le mie gambe arrivare sulle sue, poi le sue ossa fare crack assordanti e la mia presa sul suo collo assicurarsi che smettesse di respirare.

Poi ricordo di aver sussurrato un flebile "D'accordo" alla proposta di mister faccia da pugni e miss accelera il passo. Tutte le loro rassicurazioni sul fatto che si sarebbero sbarazzati del cadavere le ha udite il mio corpo, perché il mio cervello aveva deciso di ovattare ogni suono, e mi sono risvegliata soltanto quando la valigetta che aveva la signora in mano è diventata azzurra e ci ha trasportati chissà come qui.

Arriviamo alla fine del corridoio. All'ultima porta, quella diversa da tutte le altre. Decido di non chiedermi dove sono finita, chi c'è dall'altra parte del muro, o che cosa mi succederà adesso, perché niente di tutto ciò mi importa. Voglio solo uscire da qui, tornare a casa mia e bere del whisky in pace.

Una targhetta dorata dovrebbe catturare la mia attenzione, ma non lo fa. Dice: "Cinque Hargreeves, capo della Commissione", io però non penso niente. Guardo i miei due carissimi amici entrare, e li seguo a ruota.

"Chiudete la porta", dice colui che deve essere Cinque, un ragazzo che non può avere più di vent'anni seduto alla scrivania al centro della stanza. Non gli vedo il viso, ce l'ha chinato su dei fogli che sta firmando uno dopo l'altro, e  non alza nemmeno quando mister faccia da pugni esaudisce il suo desiderio.

"È lei, capo", continua miss accelera il passo, e mi fa cenno con il capo di sedermi sulla sedia in pelle dall'altra parte della scrivania.

Io eseguo, e aspetto che mi vengano date direttive, ma niente di tutto ciò accade. Forse si aspettano che io domandi qualcosa, eppure neanche questo succede. Rimaniamo così per qualche secondo, sento il solo fruscio della penna che Cinque tiene in mano.

Lui parla tutt'un tratto. "L'hai ucciso?" Lo domanda con una tranquillità che mi fa raggelare le vene.

"Sì, signore".

"Vedo che ti hanno insegnato le buone maniere, Sandra". Forse questo è il momento in cui dovrei strillare e chiedergli come conosce il mio nome, però ho già visto molti film come questa bizzarra scenetta ridicola. Sanno già tutto di me, chissà da quanto mi stavano spiando.

Lui finalmente alza lo sguardo. E ci osserviamo. Ha degli occhi gelidi, del colore della foresta fitta, ma rassicuranti. Delle labbra sottili, ma magnetiche. E lo sguardo. Quello sguardo. Che mi tiene incollata a lui per qualche secondo, in cui scorgo una scintilla di sicurezza e possessione. Come se fossi già sua.

Si tratta bene. Veste un completo firmato, una cravatta nera che, attorno al suo collo, è stretta divinamente. L'orologio è uno dei migliori sul mercato, e accentua tutte le vene che si nascondono nella manica della giacca. Sembrano disegnate da un pittore. 

"Allison ti darà la lista delle regole da seguire per rimanere qui", continua e la sua voce, cazzo, è musica. Indica con il mignolo la donna dietro di me che mi ha portata fin qui, il ragazzo che, invece, sembra già pronto ad accogliermi in questo nuovo ambiente. 

E chi glielo dice, a 'sti scemi, che io invece me ne andrò subito da qui?

"Io ti darò una rassicurazione, però".

Annuisco a ciò che continua a dire Cinque, e io so già che ciò che sta per annunciare non l'ha mai detto a nessun altro recluta.

"Questo posto è un ambiente sicuro. Se, però, qualcuno ti farà del male, non esitare a rivolgerti al sottoscritto".

La sua voce conferma la mia teoria, e il tono di voce carico di determinazione mi fa capire che, qualunque cosa accada, lui renderà la vita un'inferno a chiunque possa mettersi in mezzo a me e a lui.

Watcher || Five HargreevesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora