Sandra
Ci sono tante cose che, se potessi parlare con la versione di me di una settimana prima, faticherei nel spiegare. Ad esempio, il fatto che il mio capo - Cinque Hargreeves, il boss della Commissione, noto per essere chissà quanto vecchio in un corpo chissà quanto giovane e per rappresentare il potere massimo tra tutti gli assassini del mondo - ha ucciso Ivan. O ancora il fatto che uno degli Hargreeves ha cercato di uccidermi con un tentacolo perché credeva che fossi io la responsabile dopo la morte del mio fidanzato - o dovrei dire ex?
Infine, non riuscirei a spiegare nemmeno quanto sia scomodo il materasso su cui poggio in questo momento. Di aver dormito ho dormito, e direi anche menomale, ma so già che per tutta la giornata d oggi e perché no, anche di domani, sarò accompagnata da un mal di testa e un mal di schiena allucinanti.
Di tutti questi problemi io decido di non importarmene adesso, che le mie lamentele possono attendere, perché ciò che è più importante per me è sapere che qualcuno sta bussando alla porta del motel in cui mi sono dovuta nascondere.
L'Overpass Inn non è conosciuto di certo come l'ostello migliore della città, e ne è la conferma la quantità di sporcizia che impregna la mia stanza. Ma, per il mio bene, questa è la scelta migliore, specie se voglio fuggire via di qui il prima possibile e farlo senza lasciare traccia. Perché la regola, nella Commissione, è semplice: più lontano sei, più difficilmente ti fai trovare.
Avrei potuto continuare a vagare anche al buio, del resto sono un'assassina provetta, però ci sono cose che una ragazza sola non può fare in piena notte fonda.
Non ho dormito affatto. E come avrei potuto? Sono stata piuttosto tutto il tempo a rimuginare cinque giorni precedenti. Ho pensato a Ivan, a Ben, ma a Cinque soprattutto. Ovviamente ci ho pensato.
Ho pensato a come mi ha trattata, e a come mi ha sempre riservato il trattamento che mai nessuno era stato capace di darmi. Mi ha protetta, mi ha aiutata, e ha persino ucciso la persona che mi aveva spezzato il cuore.
Forse sono una matta a pensare ciò, forse è il sonno che agevola questi tipi di pensieri, forse è l'essere stesa su un letto. Non lo so che cosa ci sia dietro, ma quello che so è che voglio Cinque con me.
E che sono stata una stupida a scappare via senza valigia.
Perché, se me la fossi portata, adesso l'avrei utilizzata per teletrasportarmi da lui, per parlargli, per dimenticare le parole con un bacio. E anche il mio nome, ma quello è un altro discorso.
Mentre immagino tutto ciò, un rumore mi distoglie dai miei stessi pensieri. Un rumore che non dovrei sentire, un rumore che mi fa muovere d'istinto e che mi fa mettere la mano sotto al cuscino e prendere la pistola che ho lasciato lì in casi di emergenza.
È un bussare alla porta.
È un'emergenza.
Io non mi alzo velocemente per andare ad aprire, piuttosto mi alzo dal letto evitando che possa scricchiolare e incomincio a muovermi verso l'uscita. Adagio le mie mani attorno all'arma, mi muovo piano, attendo il minimo suono che non tarda ad arrivare.
Il secondo bussare.
Poi, di nuovo, il terzo.
Solo alla fine mi decido. Perché, cazzo, mi chiamo Sandra per un motivo, quindi posso aprire la porta e puntare la pistola contro la persona che sta bussando alle quattro di notte.
Quando gli mostro la pistola posizionandola proprio davanti al mio viso, lui fa lo stesso.
È Cinque. E dopo che ci riconosciamo, gettiamo entrambi le armi a terra.
"Ciao", dico soltanto, perché in un momento del genere è l'ultima persona che mi aspetto.
"Ciao". Lui non aggiunge altro. Entra sorpassandomi e guarda l'ambiente che ci circonda con il metodo che insegna lui stesso ogni volta che recluta un nuovo agente. Uscita principale, uscita d'emergenza - come finestre, oblò e porte sul retro -, numero di camere, di bagni, chi è nella stanza.
E quando vede che questo posto basta per massimo due persone e che oltre me non c'è nessuno, ritorna con gli occhi su di me.
"Sei da sola", aggiunge con una voce che indica ciò che c'è d'intermedio tra un'affermazione e una domanda.
"Sì... sì, sono da sola".
"E come mai?" Ritorna davanti a me, e mi guarda. Io faccio lo stesso, e non so decifrare il suo sguardo: potrebbe essere rabbia per essere scappata via, preoccupazione per non avere abbastanza sicurezza con me, felicità per avermi trovata.
E, prima che possa scoprirlo, lui mi permette di comprenderlo.
La sua era disperazione, perché mi chiede solamente: "Che cosa è successo?"
"Non so proprio da dove partire", ammetto. Poi, con un gesto che il mio cervello non consente, il mio corpo incomincia a muoversi verso il letto.
Mi siedo, e lui mi segue. Rimane davanti a me, in piedi, e io alzo lo sguardo quel poco che basta per poterlo guardare negli occhi.
"Comincia da dove vuoi", mi risponde. "O, se non vuoi, puoi raccontarmelo domani alla Commissione".
Sento dalla sua voce che la disperazione diventa altro, un ingarbugliamento di malinconia, ma anche affetto e speranza. Forse, lui spera che io possa seguirlo, che alla Commissione sono al sicuro.
È tutto tranne che così.
"No... non posso tornare alla Commissione".
Cinque, alle mie parole, non mi domanda come mai, non mi chiede se sono in pericolo, non mi chiede niente che mi possa dare fastidio. Invece, si siede sul letto accanto a me non azzardandosi a togliere i suoi occhi dai miei.
"Potrai comunque raccontarmelo domani", dice.
"E dove?"
"Qui".
La sua risposta si basa su pochi suoni, tre lettere appena, ma è tutto ciò che basta per farmi capire che Cinque Hargreeves dormirà qui.
Con me.
E l'idea non mi spaventa ma, anzi, mi fa sentire d'improvviso più sicura.
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Watcher || Five Hargreeves
ChickLitCinque Hargreeves è a capo della Commissione. Ne detiene il potere, e sta a lui decidere le sorti dell'universo e del tempo. Da allora è un uomo senza scrupoli, un autoritario che non ha più paura di niente. Finché non trova lei. Sandra Torres, la s...