Capitolo 5

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Sandra

"Sarà qui a momenti, vedrai", mi dice Allison.

Lo so, lo spero.

Sto aspettando Cinque da minuti, ormai. Mi sembrano addirittura trascorse delle ore, un lasso di tempo in cui sia Allison che Ben si sono domandati come mai sia scappata via dalla stanza di Klaus e in cui mi hanno fatta fermare e hanno sentito la mia richiesta di vederlo.

Chissà che cosa pensano di me, 'sti due.

Batto i piedi per terra. E, quando me ne rendo conto, faccio girare le palline del mio anello anti-stress.

Alla fine, però, eccolo che arriva.

Non ha bisogno di presentarsi perché ovviamente, essendo io e Allison nel suo studio, non deve bussare o permettersi di compiere qualche altra formalità del genere.

"Ciao, Sandra, ho saputo che volevi vedermi", incomincia non appena si siede sulla sua poltrona in pelle. Poi, volta il capo verso sua sorella, che da dietro mi accarezza la spalla. "Allison, tu puoi andare. Me la sbrigo io, qui".

Lei esegue senza ribattere. Deve essere strano, per una donna di trent'anni, farsi mettere i piedi in testa da un vecchio con l'aspetto di un diciassettenne.

La porta dietro di me si chiude, e Cinque si prende qualche secondo per studiarmi. Con molta probabilità ho ancora il naso rosso e gli occhi lucidi.

"So che sei andata a trovare Klaus", enuncia incominciando una conversazione che io ho paura di affrontare. Perché, cavolo, sono stata io quella che è venuta qui per prima, ciononostante non so nemmeno ora che cosa dire.

Rispondo con una sola parola. Quattro lettere. Uno scempio, per un'assassina come me. "Vero".

"E immagino che le carte o la palla di vetro ti abbiano rivelato qualcosa di brutto".

È così dannatamente bravo...

Unisce le mani a coppa, se le poggia sotto il mento e prosegue nella sua scannerizzazione del mio volto. Quindi, prima che possa chiedere o supporre altro, parlo io.

"Klaus mi ha dimostrato che lei aveva ragione su Ivan". Dico ciò con un filo di voce, sintomo della vergogna che sto provando in questo momento. Non so se per me sia peggio sapere che ho appena dato ragione al capo della Commissione o ricordare ciò che suo fratello mi ha rivelato tramite una cazzo di palla di vetro. Anche solo pensarlo mi irrita. 

"E cioè?" Indietreggia con il busto, congiunge le braccia.

"Quando mi ha reclutata, mi detto che, se qualcuno mi avesse fatto del male, mi sarei dovuta rivolgere a lei". Mi prendo qualche secondo per mettere a freno i miei pensieri, abbasso lo sguardo per non incontrare il sorrisino che sono sicura Cinque ha sul volto. "Ecco, Ivan... l'ha fatto. Non solo ha cercato di aggredirmi, ma Klaus mi ha anche detto che ieri è andato da un'altra..."

Sentendo ciò, alzo il capo perché il suo silenzio mi spaventa. E quando lo vedo, il suo sguardo è già incupito. Adesso non ha più la schiena sulla poltrona, piuttosto siede rigido e rilascia i pugni sulla scrivania in legno. Mi guarda, e io mi domando come faccia ad avere in quei fantastici occhi verdi la stessa espressione che farebbe paura persino ai criminali più temuti.

"Lui dov'è?" La voce con cui lo chiede mi fa scorrere un brivido lungo la schiena.

"Non lo so... Mi ha detto Jenna che ha lasciato la Commissione dopo il vostro colloquio", rispondo io con un sussurro.

Lui guarda in basso, si studia i palmi delle mani mentre pensa alla sua prossima mossa. "Va bene, lo troverò. Nel frattempo, ho bisogno di sapere qualsiasi cosa di lui. Nome, l'ultimo posto là fuori in cui è stato visto, i suoi amici, il suo vecchio lavoro, tutto ciò che hai da offrire".

Lo guardo, e il mio cervello crea involontariamente un sorriso sul mio volto. Dio, mi sento di impazzire. "Signor Hargreeves..."

"Cosa?!" sbotta lui, gli occhi ridotti a due fessure. "Io sto cercando di sistemare questo problema e quello che tu fai è... sorridere?"

"È che sto cercando di nascondere la mia delusione", bofonchio.

La sua espressione si fa poco più calma, tanto che i pugni che fino a ora stava stringendo si liberano della sua ira. Riesco ancora a vedere, però, che cerca con tutto sé stesso di nascondere ciò che prova dentro. "Mi scuso, non avrei dovuto reagire così. Capisco che tu possa essere delusa, questo però non nasconde ciò che ha fatto".

Continuo a guardarlo, a osservare il modo in cui lui osserva me. C'è una strana scintilla negli occhi, qualcosa che, durante tutti gli incontri con noi agenti, non ha mai riservato a nessun altro. O altra. 

Cinque Hargreeves ha la fama di aver fatto ammaliare molte ragazze e di esserci andato a letto, ma tutte le volte che queste si ripresentavano da lui, non hanno mai ricevuto occhiate come quella che mi sta riservando adesso.

Quella che indica che è ai miei servigi, quella che mi sta spogliando con i suoi occhi con il colore della foresta fitta.

"C'è altro di cui vorresti discutere?" Incrocia le braccia. "Perché, in caso contrario, posso mettermi al lavoro e cercare Ivan".

Colgo la palla al balzo. Devo sapere, altrimenti la curiosità mi mangerà viva. "Come mai vuole proteggermi così tanto? Nessun altra ha ricevuto questo trattamento da parte sua". Cerco di sembrare sicura di me, ma la domanda esce così insensata che lui sorride.

Abbassa lo sguardo, non del tutto sicuro di che cosa dire. Vedo il petto gonfiarsi e sgonfiarsi pesantemente, il tono che si fa più serio. "Sei una delle mie migliori agenti. Sei intelligente, talentuosa e hai molto potenziale". A queste parole, sento le guance andare in fiamme. Lui deve essersene accorto, perché continua a parlare. "Mi importa di te. Sei importante".

Non dico niente. Non riesco a dire niente. Tutte le parole che ha appena messo insieme mi travolgono come un treno. 

Cinque continua. "So che la tua mente è invasa da emozioni contrastanti, perché hai riposto fiducia in qualcuno che non te l'ha data di rimando. Ma fidati di me, stai meglio senza di lui".

A questo punto, si alza dalla sedia. Lo vedo fare il giro della scrivania, lo vedo avvicinarsi al giradischi posto dietro di me, su un mobile poggiato al muro. In pochi secondi, una melodia lenta ma solidale incomincia a suonare per tutto il suo ufficio. Mi lascio coccolare dalla canzone per pochi secondi, però, perché la mia mente ricomincia a pensare all'impazzata.

Tutto perché, voltando appena il capo, vedo che Cinque è alla mia sinistra, la mano tesa. Mi sta invitando a ballare. Qui, nel suo studio. 

La mente, quindi, reagisce d'istinto.

Afferro la mano, mi aggrappo a lui, e in pochi secondi mi ritrovo con la testa sul suo petto.

Watcher || Five HargreevesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora