Cinque
Inserisco il tubo di metallo nel canale con cui qui alla Commissione trasferisco i messaggi ai miei agenti, e il cling finale che rimbomba all'interno della canna mi indica che è arrivato a destinazione.
Questa volta ho ordinato di uccidere un ragazzino di sedici anni che ha ordinato un cappuccino anziché un caffè al bar. Sì, la Commissione sistema guai come questi, azioni che sembrano piccole piccole ma che, in realtà, sono di fondamentale importanza per il giusto scorrimento della linea temporale.
Ritorno a sedermi alla scrivania, che pullula di scartoffie di cui purtroppo sono io a carico. Ordini da inviare o copie di quelle che ho già inviato, fascicoli, lettere dalla mia posta che Allison è ogni giorno così premurosa nel consegnarmi. Non so da dove incominciare, perché non voglio incominciare. Nella mia testa ci sono troppi pensieri, troppi casini e troppe cose che non sono riuscito a mettere a posto. La mia mente, però, viaggia sempre e solo a lei. Sandra.
Anche solo ripensare al suo nome mi fa venire voglia di pregare chiunque di competente - Dio? L'Universo? - di portarmela qui, ma chi sono io per credere a questo genere di cose?
Quindi, riabbasso la testa e prendo una delle prime lettere. È scritta da Herb, l'ometto simpatico e un bel po' scemo che, ormai ritirato dalla Commissione, mi chiede come vanno le cose. Forse dovrei farla leggere a Diego, ricordo ancora molto bene come quei due andavano d'accordo...
Qualcosa, però, mi ferma dal riconsegnarla ad Allison per fargliela portare a nostro fratello. Sono dei passi fuori dall'ufficio che tramutano nell'ingresso irruento di uno dei miei agenti. Anzi, di una delle mie agenti.
Palo santo e vaniglia, riconoscerei quel profumo ovunque, nonostante ciò mi impongo di riporre lo sguardo sulla scrivania mentre le parlo. "Chiudi la porta".
"Che cazzo è questa storia di Ivan?!" mi grida Sandra, solo però dopo aver esaudito il mio desiderio.
Vedo con la coda dell'occhio che ha le mani incrociate, il piede che batte per terra.
Io, però, continuo a tenere gli occhi sui fogli davanti a me. "Sono questi i modi con cui si parla al proprio capo?" Dopo ciò, alzo finalmente il capo e la scruto con uno sguardo impassibile, la lettera sospesa a mezz'aria. "Comunque Ivan è solo scomparso, non si hanno sue notizie da ieri".
"E immagino che a te non te ne importi nulla!"
"Perché dovrebbe importarmi di un agente che non rispetta nessuno se non sé stesso?" Intreccio le mani, me le porto sul grembo e appoggio la schiena allo schienale in pelle della mia sedia. "Vedrai che presto avremo sue notizie".
Lo dico con il tono di chi sa cosa c'è sotto, lo dico con il tono che non è speranzoso ma, semplicemente, realista. Si chiederà come diavolo faccio a pensare una cosa del genere, con quale certezza, ma saperlo la sconvolgerebbe, quindi ammutolisco.
Ah, se solo sapesse...
"Sei troppo tranquillo".
"Ti sbagli". Mi basta un battito di ciglia, e dalla sedia mi teletrasporto davanti a lei. A pochi centimetri di distanza. È troppo vicina, troppo... irresistibile. Sussurro le mie prossime parole guardando le sue labbra, come se stessi dicendo loro un segreto che i suoi occhi non possono udire. "Sei tu a essere troppo preoccupata". E, alzando lo sguardo e notando il modo con cui mi guarda, compassionevole e desideroso di sapere, sento spogliarmi di tutto ciò che indosso. "Uno come lui non ti merita, te l'ho già detto".
"Quindi dovrei meritare uno come te?" sussurra . In questo momento, sento tutte le sue certezze sfumare via.
"Ci sono persone migliori di me, questo è chiaro. Ma, te lo ripeto, per distrarti da Ivan sono l'unico che si metterebbe a tua completa disposizione". Non mi allontano. Ma nemmeno mi avvicino. Rimango fermo dove sono per vedere in che modo reagirà.
La scelta sembra ardua. Per pochi istanti, pochissimi, i suoi occhi guardano prima a destra, poi a sinistra per calcolare ogni dubbio. Alla fine, però, decide di spegnere tutto, i suoi pensieri intrusivi, le sue paure.
Mormora delle parole che, dalla sua bocca, suonano ancora meglio di quanto potessi immaginare. "Allora baciami. Zittiscimi e toglimi il fiato, e fa' in modo che riesca a dimenticarmi di uno come lui".
Un sorrisino compare sulle mie labbra. Per un momento voglio dirle che sta giocando con il fuoco, poi però decido di evitare. Del resto, tutto questo l'ho desiderato fin dal nostro primo incontro. E alla fine, l'ultimo centimetro di distanza che ci separa diventa nullo.
Premo le mie labbra sulle sue, lei fa lo stesso, e i primi secondi in cui rimaniamo così delineano un bacio casto. Delicato. Spaventato.
Lei, però, non sembra provare paura. Non l'ha mai mostrata. Quindi, prima ancora che possa fare qualcosa, Sandra prende il sopravvento. Spinge la mia testa ancora più in avanti, le sue mani sulla nuca. Intrappola i miei capelli in un pugno, il contatto e l'azzardo tali che mi faccio scappare un gemito dalle labbra.
Persino un suono così piccolo e insignificante scaturisce in me la voglia di continuare.
Quindi porto invece le mani sui suoi fianchi. Distruggo la distanza tra i nostri corpi, sento il tessuto della mia giacca contro la seta del suo maglioncino, e l'attrito dei miei pantaloni a contatto con i suoi.
Il risultato? Anche se ho gli occhi chiusi immagino, sento i miei jeans farsi più stretti. Se fosse stata qualcun'altra, forse si sarebbe allontanata e io sarei balzato via. Ma noi siamo diversi. Lei è diversa, e quando se ne accorge fa sì che questa volta sia lei, quella che rilascia un lamento.
Alla fine, prima che possa aggiungere qualcosa per mandarla in paradiso, delle parole o dei gesti, due colpi alla porta mi interrompono. Ci interrompono. Interrompono tutto ciò che c'era di piacevole in questo momento.
"Un attimo", dico alzando la voce, gli occhi ancora incastrati nei suoi. Poi, sussurro qualcosa. "Ci vediamo domani?"
Lei si lecca le labbra e annuisce.
Cazzo, la situazione sotto di me è ancora più complicata di prima.
"Bene, puoi usare la mia valigetta affinché non vedano che tu sia qui", rispondo per cercare di distrarmi e non pensare a tutto ciò che c'è di contorto nella mia mente che prevede me, lei, e la mia camera da letto. O la cucina, la scrivania, la doccia...
Indico la valigetta con lo sguardo, e in men che non si dica lei la raggiunge e la impugna, non rendendosi conto del sorriso che ho sulle labbra come un ragazzino in piena adolescenza.
"Un'ultima cosa". La guardo, la posizione già rigida sulla mia sedia in pelle. "Domattina, quando ti svegli, non guardare i telegiornali e non ascoltare la radio".
Non sembra in grado di decifrare questo mio strano codice, quindi ciò che fa è guardarmi e sorridere. "A domani, capo".
"A domani, Agente".
Scompare dalla mia vista.
Ah, se solo sapesse che cosa è realmente successo a Ivan...
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Watcher || Five Hargreeves
Chick-LitCinque Hargreeves è a capo della Commissione. Ne detiene il potere, e sta a lui decidere le sorti dell'universo e del tempo. Da allora è un uomo senza scrupoli, un autoritario che non ha più paura di niente. Finché non trova lei. Sandra Torres, la s...