Bosco di carta

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Ancora una volta, Happiness Cooper aprì i propri occhi per trovarsi cullata dalle foglie bizzarramente tinte di cremisi, marrone e giallo sole per quel periodo estivo e afoso.

Le bruciava il coccige e un sentimento di terrore opprimente le attanagliava nuovamente il petto.

Aveva già vissuto quella sensazione...appena due anni prima, quando si era ritrovata parte di un gruppo di emarginati dalla società, conosciuti, per quanto di popolarità non si possa proprio parlare, come "I Ragazzi Ritrovati": Una giovane cui lacrime d'inchiostro macchiavano irreversibilmente tutto ciò che percorrevano, una coppia di gemelli vittime di un qualche scienziato pazzo che però aveva donato loro capacità oltre il comune e Il Marionettista, cui nome vero è Brian, il loro leader, aspetto di un quindicenne più o meno e poco più di 200 anni che vive in questo pianeta, un Ihmisia, uno dei pochi superstiti di una specie in via d'estinzione, specie con l'innata capacità di sviluppare "poteri" psichici quali telepatia, telecinesi, ipnosi ecc.
Happiness stessa e Oliver, il suo migliore amico, ora.

Si alzò sulle proprie gambe non senza fatica, e non senza rischiare di inciampare sul cumulo di foglie che le stava sotto i piedi diverse volte.

Si trovava probabilmente in una foresta, ma gli alberi erano spogli e il cielo cupo.

Rabbrividì leggermente alla vista degli imponenti pioppi che, messi in fila indiana, torreggiavano su di lei, ma abbassò lo sguardo, scosse la testa e per qualche ragione che neanche lei al momento si disturbava di cercare di capire si costrinse ad andare avanti, lungo la strada contornata dalla parata di alberi.

Un passo dopo l'altro.

Non sentiva più neanche la terra sotto i piedi, forse non c'era terra sotto i suoi piedi, forse non c'era nient'altro che quel vuoto cumulo di foglie di cui neanche riusciva a sentire lo scricchiolare.

Questi pensieri i primi momenti la confusero poi le diedero una sensazione assai angosciosa, una sensazione tale da spingerla a correre.

Correre verso cosa, poi?

Non importava, correre lontano da quel sogno che agli occhi della ragazza non faceva altro che trasformarsi in un incubo ad ogni soffio di vento che Happy non poteva sentire sulla sua pelle.

Non si fermò per stanchezza, fosse stato per la stanchezza, non si sarebbe fermata mai.

Sarebbe stata lì, a correre fino a quando non avrebbe avuto la stessa età di Brian.

Tenne lo sguardo basso, così fece per tutto il tempo che le sue gambe si agitavano nello sforzo della corsa, vide due piedi, piedi senza calzari che si adattavano perfettamente alle foglie taglienti, quasi fossero un tutt'uno con esse, piedi che senz'altro non erano i suoi.

Alzò lo sguardo, solo per sentire una stretta al cuore diverse decine di volte più potente rispetto a quella di poco tempo prima, sussultò suo malgrado.

"Sei abituata a questo, oramai, non è così, ragazza?"

La sua voce era tanto vuota e profonda quanto il suo sguardo, che poteva vedere perfettamente pur essendo cieco.

Happiness arretrò.

Sì, la ragazza sapeva perfettamente quello che stava succedendo, e la disturbava ogni singola volta come se fosse la prima.

Erano forse mesi, compresa quella stessa notte, che Il Prigioniero le appariva in sogno, le parlava, la minacciava, si faceva beffe di lei, le intimava di "Salvarli" e di "Salvarsi".

Ne aveva abbastanza, e aveva paura, ma a chi chiedere aiuto?
I Ragazzi Ritrovati non sapevano di tutto questo e Happy aveva padroneggiato il controllo dei propri stessi pensieri in presenza di Brian, anche se alle volte qualche dettaglio che avrebbe preferito non far sapere le si introduceva nella mente e si rendeva aperto alla lettura.

Era solo un incubo, lei era più forte di esso.

E se non fosse solo un incubo?

"Di nuovo" disse la sua voce spezzata, mentre tornò a fissare le foglie con sguardo perso.

"Sai che non finirà. Almeno finchè non avrò reso veritiera la mia promessa, allora ti lascerò goderti il vuoto della statua e l'angoscia della prigionia"

Happiness strinse i pugni fino a che le sue nocche non divennero estremamente pallide, allora liberò un sospiro "Sei un sogno, sei solo un sogno, un sogno estremamente fastidioso, è vero, ma non puoi farmi del male"

"Mi ferisce che tu pensi che io sia fastidioso" sorrise sarcasticamente Il Prigioniero, poi fece due passi avanti "Ma sappiamo entrambi, in fondo, che io non sono solo un sogno, sai cosa ho da dirti"

Happiness si congelò sul posto, ora alzando lo sguardo, I suoi grandi occhi color carta da zucchero, che stonavano incredibilmente con il paesaggio, lo fissavano in un misto di rabbia e paura.

"Salvali..." Cominciò il Prigioniero, cui sorriso si spense nel momento stesso in cui la sua voce cominciò a levarsi nell'aria inesistente di quel tetro paesaggio.

"...E Salvati" continuò Happiness, respirando pesantemente, trattenenendosi dal dare di matto.

Salvare chi?
Salvarsi da cosa?
Da lui?
C'è qualcosa in questa storia di così strano, strano perchè neanche Happy stessa aveva la più pallida idea di come definirlo, un sentimento che ti prende il cuore per stringerlo forte per poi rimettertelo nel petto, dicendoti di andare avanti.

Poi improvvisamente la giovane tornò a terra, sentì di nuovo il terreno sotto i propri piedi scalzi e rosei, sbirciò un'ultima volta all'interno degli occhi color latte di colui che le stava di fronte, poi sentì il suono più fastidioso al mondo che le provocò il sollievo più grande che avesse mai provato, la sveglia.

I Ragazzi Ritrovati: Antologia di un sorrisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora