𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 1 - 𝑨𝒓𝒓𝒊𝒗𝒐 𝑨 𝑷𝒂𝒓𝒊𝒈𝒊

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Era circondato dalle tenebre, non aveva idea di dove fosse. Un brivido gli percorse lungo la schiena mentre cercava di orientarsi in quello che sembrava essere il nulla assoluto. «Félix…» una voce misteriosa lo chiamò, facendogli battere il cuore all'impazzata. «Chi sei? Come sai il mio nome?» chiese con voce tremante e carica di timore.

Quella situazione non gli piaceva per niente, era come se fosse stato catapultato in un'altra dimensione, un luogo che lo metteva in uno stato d'ansia. Chi era quella voce che lo stava chiamando? Poi, all'improvviso, una figura gli apparve davanti. «Ma cosa?» Era impossibile. Un pavone dalle piume blu era lì, davanti a lui che lo fissava. Le sue paure si dissolsero, Félix si avvicinò, incantato dalla sua bellezza.

Elegante e solenne, il volatile dispiegò la sua coda in un ventaglio con un gesto maestoso. «Il momento è quasi giunto Félix…» annunciò con voce che sembrava portare il peso di un pericoloso destino incombente. «Ti affiderò una missione…» L’animale si interruppe per un breve istante, come se le parole successive fossero troppo pesanti. «Sarà un viaggio pieno di pericoli, ma non sarai solo. Avrai al tuo fianco un'alleata potente.»

Il ragazzo rimase immobile, le parole del pavone riecheggiavano nella sua mente. «Una missione? Un'alleata?» ripeté con curiosità e apprensione. «Di che cosa stai parlando?» La voce della madre lo svegliò di soprassalto. «Félix!» lo chiamò. Il ragazzo si alzò di scatto dal sedile confuso. «Cosa? Dov'è il pavone?» chiese lui ancora disorientato dal sogno. Nella sua mente era impresso l'elegante blu di quel maestoso animale che emergeva dalle tenebre.

Lady Amélie Graham de Vanily, sua madre era una donna dell'eleganza innata. Il naso piccolo, il mento a punta e gli occhi verdi le conferivano un'aria nobile. Le labbra sottili e le sopracciglia perfettamente disegnate completano il viso, mentre i capelli biondi tenuti in una coda di cavallo le donavano un aspetto distinto. Indossava una camicetta grigia e una giacca scura con strisce bianche ambrate, abbinata a pantaloni dello stesso tessuto.

«Va tutto bene, Félix.» lo rassicurò la donna, sorridendo con dolcezza. «Era solo un incubo.» La sua voce era calma e rassicurante come un abbraccio. Il ragazzo si tranquillizzò, cercando di dimenticare quello strano sogno. Tra poco avrebbe rivisto Adrien, era passato molto tempo dall'ultima volta che si erano visti. Da quel triste giorno le due famiglie tagliarono quasi totalmente I ponti, ma ora c'era l'opportunità di riallacciare i legami ormai spezzati.

Il giovane non avendo nulla di meglio da fare scrutò l’ambiente circostante. L’interno del treno con le sue finiture d’acciaio e luci soffuse aveva un aspetto all’avanguardia. Tuttavia al di là del design moderno, c’era poco altro da ammirare. Decise di guardare fuori dal finestrino e lì apparve maestosa la Torre Eiffel, il simbolo di Parigi.

L’interfono gracchiò «Prossima fermata: stazione di Gare du Nord.» il giovane provò un misto di felicità e nostalgia. Da mesi non vedeva lo zio e il cugino, avevano condiviso momenti indicabili, ticando e ridendo insieme, ma ormai le loro vite avevano preso direzioni diverse. «Siamo quasi arrivati!» esclamò Amelie con entusiasmo. Félix sorrise ripensando al cugino, i due erano ai tempi erano complici nei loro giochi. La nostalgia lo colse per un attimo, ma cercò di scrollarsi di dosso quella sensazione.

Quando Félix e Amélie scesero dal treno, la bellezza di Parigi si dispiegò come le pagine di un libro cone le sue strade labirintiche. Una voce risuonò nell'aria. «Signora Graham de Vanily!» Era una donna con i capelli neri raccolti in alto con una ciocca scarlatta. I suoi occhi blu erano incorniciati da occhiali dal design a righe nere e rosse, e un velo di ombretto celeste. Il suo abbigliamento, un maglione rosso abbinato a giacca e pantaloni neri rappresentava l’unione tra eleganza e praticità. «Nathalie Sancouer! Quanto tempo è passato?» La voce di Amélie era piena di gioia, ma Nathalie non si scompose, evitando qualunque segno di reciproco entusiasmo. «Vi accompagneremo a Villa Agreste, la macchina è proprio qui.»

Davanti alla stazione li attendeva una lussuosa auto nera dal design elegante. Il finestrino del lato conducente scivolò silenzioso e rivelò un uomo dai capelli neri incorniciati da basette grigie e gli occhi blu. Il suo abito era di un grgio scuro che sembrava quasi nero, accostato con a un maglione dalle tonalità blu-grigio. «Placide I.T.! Che bello rivederti!» Placide era la guardia del corpo più rinomata di Parigi, un uomo silenzioso, la cui presenza era rassicurante non solo per la sua forza fisica, ma anche per il suo buon cuore.

Il viaggio fu monotono, il silenzio quasi assoluto era rotto solo dalla radio e dal canto sottovoce di Amélie a ritmo di musica. Mentre l'auto procedeva, Félix guardò i monumenti di Parigi: Il Louvre con la sua architettura maestosa, L'Arco di Trionfo che si ergeva nella sua bellezza e la Torre Eiffel che si stagliava contro il cielo.

«Siamo arrivati.» annunciò Nathalie con voce priva di qualsiasi traccia di emozione, mentre l'auto si fermava di fronte a Villa Agreste. La villa con la sua facciata marrone chiaro e crema si ergeva elegante contro il cielo di Parigi. Le tegole nere brillavano sotto il sole, mentre l'edera si arrampicava sul lato destro della struttura. Le varie cupole conferivano all'edificio un'aria quasi regale.

«Félix!» una voce amichevole e familiare risuonò nell'aria. Félix si voltò per vedere il cugino correre verso di lui con i capelli biondi al vento e gli occhi verdi brillanti. I due si salutarono battendo il pugno, un gesto che rappresentava la loro complicità. Sebbene avessero lo stesso colore di capelli e occhi, lo stile di Félix impeccabile, con i capelli pettinati verso il basso e un abbigliamento elegante: una camicia a maniche lunghe grigia sotto un gilet scuro e una cravatta nera. Adrien, invece, preferiva un look più casual, con una camicia bianca sopra una maglietta a righe colorate e jeans.

«Sarà un’estate indimenticabile!» esclamò Adrien con un’espressione entusiasta in volto. «Come ai vecchi tempi!» rispose Félix con un sorriso e forse una leggera nostalgia. Ma il suono di un telefono interruppe quel momento. «Scusa Félix…» Adrien sospirò e rispose. Dopo una breve conversazione si oscurò in volto. «Devo andare, c’è un servizio fotografico. Non ci metterò molto.» Con queste parole salì sulla lussuosa macchina e lasciò solo Félix.

Amélie con vivacità propose un’alternativa. «Facciamo un giro in città! Ho proprio voglia di vedere la Torre Eiffel e di un bel macaron!» il ragazzo accettò con un cenno del capo.
Parigi pulsata di vita con negozi e locali che servivano piatti tipici e come una regina la Torre Eiffel svettava sullo sfondo. Félix rimase incantato dalla bellezza che lo circondava, i suoi occhi brillavano di gioia. La madre entrò per un momento in un negozio, mentre lui invece, preferì rimanere all’aperto per respirare l'aria di quella bellissima città.

Il giovane era profondamente assorto nei suoi pensieri, quando uno scontro improvviso lo fece barcollare. Il suo blazer bianco, decorato di nero e oro, emanava prestigio e autorità, con uno stemma decorato da caratteri giapponesi rappresentava storia dei suoi antenati. La sua blusa dorata scintillava, la cravatta tricolore era legata con precisione, mentre la gonna rossa asimmetrica contrastava con i leggings neri.  «Oh, scusa...» disse lei, toccandosi la testa dolorante. «Adrien? Ma come ti sei vestito?» lo schernì lei bonariamente.

«Ah! Conosci mio cugino?» chiese Félix con un misto di curiosità e stupore. «Cugino?» replicò lei altrettanto sorpresa. «Félix Fathom, piacere!» si presentò lui con un inchino da gentiluomo. «Tsurugi Kagami,» rispose lei fredda e glaciale. «Frequento lo stesso corso di scherma di tuo cugino.» I due rimasero in un silenzio imbarazzante per qualche secondo. Félix stava per voltarsi e prendere la sua strada, ma Kagami com un gesto inaspettato gli afferrò la mano. «Aspetta! Vuoi essere mio amico?» Quella strana richiesta lo colse alla sprovvista. Si erano appena conosciuti.«Non ho molti amici» continuò lei. «Conosco tuo cugino e una ragazza gentile che mi sta aiutando, ma ho solo loro…» Il biondo la osservò attentamente e fu colpito dal suo sguardo. La sua determinazione era evidente, ma c'era anche una fragilità e un desiderio di amicizia. «Va bene amica! Che facciamo adesso?» chiese con fare premuroso. «Io devo vedermi con Marinette, mi accompagni?»
«Va bene, aspetta che avviso mia madre.»

𝑰𝒍 𝑫𝒓𝒂𝒈𝒐 𝑬 𝑰𝒍 𝑷𝒂𝒗𝒐𝒏𝒆 -𝑭𝒆𝒍𝒊𝒈𝒂𝒎𝒊Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora