Avevo deciso di evitare la lezione di fotografia quel giorno. Non riuscivo a guardare in faccia Ethan, non dopo quello che era successo. Mi sentivo fragile, vulnerabile, e non volevo affrontare lo sguardo di chiunque.
Così mi rifugiai in un posto isolato nel giardino del campus, cercando un po' di tranquillità e di solitudine per riordinare i miei pensieri.
Il pranzo trascorse in un turbinio di ansia e domande senza risposta. Ogni sguardo mi sembrava una freccia diretta al mio cuore, ogni risata sembrava un giudizio silenzioso sul mio conto. Cosa volevano da me? Cosa sapevano? E se Ed avesse detto qualcosa? L'idea mi terrorizzava, ma decisi che dovevo affrontarlo, che non potevo restare in balia dei miei pensieri senza fare nulla.
Dopo pranzo, lo vidi. Ed era lì, circondato dal suo gruppetto di amici, tra cui spiccava Sebastian, che mi guardò con occhi sbarrati al mio avvicinamento. Sentii lo sguardo penetrante di Ed addosso a me mentre mi avvicinavo, mentre lui era appoggiato al muretto con una sigaretta tra le labbra, con il suo sorriso beffardo che mi provocava ribrezzo.
Ma non c'era tempo per esitazioni. Dovevo fare quello che dovevo fare. Così, con un respiro profondo per trovare la forza necessaria, mi avvicinai al gruppo. Il resto del gruppo chiacchierava e rideva, ma appena mi videro, ci fu un silenzio imbarazzante.
"Ava," salutò sorpreso Sebastian, cercando di mascherare la sua sorpresa di fronte alla mia presenza. Io gli feci solo un mezzo sorriso, cercando di nascondere la mia agitazione dietro una maschera di calma apparente."Ed," iniziai, cercando di mantenere la voce ferma nonostante il battito accelerato del mio cuore. "Possiamo parlare un attimo?" Chiesi, sperando di trovare il coraggio di affrontare la situazione, anche se sapevo che non sarebbe stato facile.
Ed mi guardò con aria divertita, come se stesse godendo del mio disagio. "Che c'è, Ava? Hai voglia?" chiese con un sorriso sardonico, mentre gli altri intorno a lui scoppiarono in una risata.
Decisi di non lasciarmi abbattere dalle sue prese in giro. "No." risposi con voce ferma, cercando di mantenere la calma. "Volevo solo parlarti delle foto scattate alla partita di basket. C'è qualcosa che vorrei discutere con te in privato," inventai rapidamente, sperando di trovare il coraggio di affrontare la situazione.
Ed alzò un sopracciglio, come se non credesse alla mia improvvisata scusa. "Davvero?" disse, con un sorriso beffardo. "E cosa c'è di così urgente da discutere sulle foto?"
Sentii il cuore battere forte nel petto, ma cercai di mantenere la calma. "È una questione importante," risposi con determinazione, sperando di convincerlo ad ascoltarmi. "Possiamo parlare in privato, solo un momento?"
Mentre mi incamminavo, sentii i suoi passi avvicinarsi rapidamente. Non volli voltarmi, ma sentii dei movimenti che fecero i suoi amici alle mie spalle, accompagnato da un risolino sottile. Non mi importava più di tanto di cosa avessero da ridere, ma la presenza di Ed, così vicino, mi mise a disagio.
"Dimmi, bambola," disse con un sorriso sornione, la mano che mi sfiorò sotto il mento. Un brivido mi percorse la schiena e involontariamente indietreggiai di un passo.
"Che hai detto?" chiesi, cercando di ignorare le risate degli amici di Ed che si facevano più forti.
"Ehi, non ho detto niente di male," rispose lui con aria innocente, ma il suo sguardo malizioso mi disse il contrario. "Ti ho chiamato con un nomignolo che ti si addice, le bambole sono quelle più provocanti"
Le sue parole erano cariche di doppi sensi, intenzionalmente ambigue per mettermi in imbarazzo. Lo guardai con un misto di rabbia e disagio.
"Cosa c'è, ti senti a disagio, Ava?" continuò, avvicinandosi ancora di più, come se volesse mettermi alla prova.
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PASSIONE PROIBITA: l'intrigo dell'età
RomanceAva Spencer, 19 anni, si trasferisce da una piccola cittadina del Midwest a New York City per iniziare il suo primo anno al college grazie a una borsa di studio. Dolce, solare e timida, si trova spaesata in un mondo frenetico e distante dalla sua vi...