Rincorrendo la felicità.

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Uscii dalla vasca dov'ero stata per più di mezz'ora con le dita che erano divenute ormai cotte per il tempo passato all'interno dell'acqua. Non riuscivo a togliere Remiel, i suoi occhi color luna e le sue parole della mia testa. Lo sognai la notte passata e durante tutta la mattinata non feci altro che provare a perdonare me stessa per la situazione in cui l'avevo lasciato il giorno delle nozze, ma non riuscii a trovare sollievo. Mi vestii in fretta con le prime cose che mi capitarono nell'armadio e tornai in bagno intenta ad asciugare il mio caschetto biondo, ma prima che io potessi attaccare il phon alla corrente, qualcuno bussò alla mia porta.
Imprecai per la precisione ed ammisi che avrei preferito accendere prima l'asciugacapelli così da non venire a conoscenza della presenza di qualcuno al dì la della mia porta d'entrata.
Avevo lasciato il cancello aperto, dunque qualsiasi persona sarebbe potuta entrare, sia il corriere per la consegna di un pacco, sia un mio amico.
Mi incamminai verso la porta mentre il rumore del pugno contro la porta proseguiva… afferrai la chiavi e con un’espressione poco serena aprii la porta color nocciola. I miei occhi si accesero in pochi attimi: «Mamma!» Quasi gridai, abbracciandola con tutte le forze che avevo in corpo. «Che cosa ci fai qui?» Mia madre era l'ultima persona che mi sarei aspettata di vedere. Partì per l'Irlanda, o forse per l’Islanda, circa due anni fa con Josh, il suo nuovo compagno. Non mi aveva avvisato del suo arrivo, ma dal suo volto felice capii che non portava affatto brutte notizie.
La feci accomodare in salotto, sul divano di pelle nero comprato solo pochi mesi prima e lei rimase stupita dai cambiamenti avvenuti in questa casa da quanto partì; cambiai ogni minima parte dell’arredamento in modo che potessi sentirla ancor di più come casa mia, più di quanto già lo fosse.
Quando mi sedetti davanti a lei, cominciò:
«Piccola mia, sono davvero stupita di quanto donna tu sia diventata! Ma se sono qui, oltre che per la mia irrefrenabile voglia di abbracciarti, è per farti aprire gli occhi, amore mio.»
Mio Dio, spero che non abbia parlato con Ryan, non saprei cosa dirle se fosse così e l'unica cosa che mi andrebbe bene sarebbe sotterrarmi e sprofondare dalla vergogna.
«Mamma, io…» Provai a parlare, ma mi interruppe.
«Aspetta, figlia mia. So a cosa stai pensando e no, non ho intenzione di parlarti del tuo ex marito, o meglio, di colui che sarebbe dovuto diventarlo… Ho ricevuto una chiamata ieri sera e la prima cosa che ho fatto è stato prendere il primo volo e correre da te.»
Una chiamata? Sono sempre più confusa.
«Non capisco, mamma. Spiegati, ti prego.»
«Tesoro, mi ha chiamata Remiel.»
Il mondo cadde, il mio colorito si spense ed iniziai a sentire il mio cuore correre una maratona. Remiel aveva chiamato mia madre? Per quale motivo lo avrebbe fatto? Ma soprattutto, cosa le aveva raccontato?
«Spero che tu mi prenda in giro! Cosa Diavolo vuole Remiel da te?»
«Eve, ti prego, sono tua madre! Secondo te non avevo già capito da tempo, anche se a distanza, il tuo amore per lui? Ne eri cotta anche da piccola, proprio come lui lo era di te.»
Il mio corpo si cosparse di brividi. Come aveva fatto mia madre, dall’Irlanda, a capire tutto?
«Io non so cosa dire, sono in imbarazzo.» Ammisi, e lei si fece scappare una risata. «Tesoro, Remiel ti ama con tutto se stesso, lo ha sempre fatto. Non hai idea di quando i suoi genitori mi chiamavano per sapere come stessi, soltanto perché lui aveva pianto per costringerli a comporre il nostro numero. Non hai idea di quando lasciava milioni di lettere per farti sorridere quando eri triste, non hai idea della quantità di fiori che lasciava sul davanzale della tua finestra o che lanciava nella tua stanza quando c'era troppo vento! Eveline, il piccolo Remì non aspetta altro che te, da tutta la vita.»
Rimasi a bocca aperta. Tutto ciò che mia madre mi aveva detto, ho sempre creduto fosse opera di Ryan, non di Remiel.
Avevo sbagliato tutto. Ho avuto torto fin dall'inizio.
«Era davvero lui a fare tutto quello?» Domandai, per avere finalmente la risposta che aspettavo.
«Si, Eveline. Lui rompeva i suoi giocattoli di proposito quando tu per sbaglio ne rompevi uno tuo, soltanto per non farti piangere da sola, per avere una scusa per starti accanto, per abbracciarti, per non farti sentire sbagliata.»
Quando sulla mia mano cadde una goccia, capii che le lacrime erano ormai uscite a volontà dai miei occhi.
Non potevo credere a ciò che stava dicendo… dei giocattoli avevo già intuito qualcosa, ma credevo fosse soltanto la pura solidarietà che si ha tra bambini.
«Vai a riprendertelo, Eve. Corri da lui prima che sia troppo tardi, hai soltanto due giorni prima della sua partenza per l'Italia!»
Presa dalle emozioni di quel momento, dalle lacrime di dispiacere e quelle di gioia, non me lo feci dire due volte.
«Ti amo, mamma. Grazie di essere sempre dalla mia parte.» La abbracciai.
«Oh, amore mio. Sei tutto ciò che ho di bello nella vita!»
Mi staccai dalla sua presa ed afferrai le chiavi della mia auto, poi di corsa mi diressi verso quest'ultima e a tutta velocità la misi in moto. Non sapevo ancora bene quale fosse il nuovo civico di Remiel ed Ethan, ma conoscevo a memoria la strada per arrivarci, essendo lo stesso quartiere e la stessa via del mio principale di lavoro.
Ci misi circa un quarto d'ora per arrivare e trovare il condominio esatto.
Per mia fortuna, il portone era spalancato, dunque entrai senza problemi.
«Salve signorina, desidera?» Sentii alle mie spalle. Era il portinaio, senza ombra di dubbio.
«Si, salve. Sto cercando Remiel Davis, saprebbe dirmi il suo interno, per favore?» Domandai all'uomo brizzolato e sorridente che spruzzava bontà dagli occhi.
«Non potrei dare tali informazioni per la privacy del signore, ma per una ragazza come lei, farò una piccola eccezione! L'interno è il 5, secondo piano!»
Lo ringraziai in ogni modo e corsi per le scale come stessi correndo una maratona. Salii i gradini due e due per l'adrenalina che avevo in corpo e cercai l'interno in ogni porta che vedevo, fin quando non trovai la sua.
Ormai era fatta, avrei riavuto Remiel.
Presi un grande respiro e bussai.
Potevo sentire la voce di Ethan al di là della porta e sospirai per l’ansia che prese possesso di me tutto d'un colpo, fin quando la porta di aprì.
«Eve, che Diavolo ci fai qui?» Era proprio Eth, e sembrava quasi preoccupato nel vedermi.
«Dov’è Remiel? Ho sbagliato tutto, sono innamorata pazza di lui, non riesco a togliermelo dalla testa. Voglio recuperare.»
«Cazzo Eve, Remiel non c'è.»
«Non importa, lo aspetterò qui, se me lo permetterai.» L'avrei aspettato anche fino a notte fonda se fosse servito.
«No, Eveline, non hai capito. Remiel è in aeroporto. Ha anticipato il viaggio, il suo volo parte tra mezz'ora. Merda!»
Vidi nero e giurai di sentirmi il mondo crollarmi addosso.
Il mio cuore era in procinto di esplodere da un momento all'altro.
«Ti scongiuro dimmi che scherzi.» Lo pregai, ma non era così.
«Tu corri in aeroporto, Eve. Io cerco di rintracciarlo. Corri, sbrigati, fermalo!»
Neanche riuscii a parlare o a rispondere a ciò che mi aveva appena detto, scesi le scale più velocemente di come le avevo salite e subito corsi verso la mia auto.
Misi in moto e decisi che, ad ogni costo, l'avrei fermato. Lo avrei avuto per me.
Superai le dovute miglia orarie non rispettando i limiti di velocità, ma in un momento come quello avrei persino ignorato pattuglie di polizia pur di arrivare da lui.
Cosa avrei fatto una volta dinanzi a lui? Avrei avuto il coraggio di dirgli tutto o lo avrei soltanto baciato? La testa mi scoppiava e riuscii soltanto di poco ad evitare un incidente che mi sarebbe costato la vita, a causa di un camion di rimorchio che invadeva la mia corsia, ma per recuperare il mio grande amore avrei rischiato perfino la morte. Forse stavo esagerando, ma ciò che provavo per lui non mi era mai stato così chiaro come in quel momento.
Quando arrivai, parcheggiai la macchina in doppia fila, fregandomene di una possibile multa, e corsi all'interno dell’aeroporto.
Iniziai a correre e a cercare il mio Remiel in ogni sala d'attesa, su ogni sedia, su ogni fila per l'imbarco, in ogni bar lì presente, ma non lo trovai. L'unica cosa che mi venne in mente fu di chiedere informazioni, ma la fila per la reception era interminabile.
Superai qualsiasi persona intralciasse il mio cammino e mi diressi verso quest'ultima.
«Rispetti la fila!» Gridavano alle mie spalle, ma come mi ripetevo già da un ora, non me ne sarebbe importato delle conseguenze.
«Mi scusi, è urgente, dov'è la fila di imbarco per il volo diretto a Malpensa?»
«Signorina, per cortesia, si metta in fila e al suo posto, stiamo lavorando» Ricevetti in risposta. No, non l'avrei fatto.
«La prego, il mio aereo sta partendo, devo sapere dove andare!» Continuai, mentendo. Sperai che in quel modo mi avrebbero aiutata.
«Mi dispiace signorina, l'aereo è partito pochi minuti fa.»
No.
Non poteva essere vero.
«Cazzo!» Sbraitai con tono alto, portandomi le mani alla testa.
L'avevo perso. Avevo perso Remiel.
Non ce l'avevo fatta.
I miei occhi iniziarono a grondare di lacrime dal sapore di sconfitta e amore perduto. Non potevo credere a quanto fossi stata stupida a non avergli detto prima tutto ciò che provavo davvero, se l'avessi fatto, ora lui sarebbe con me. Eppure, era in volo per L’Italia. Ero così sicura di poterlo fermare che la sconfitta fu un colpo troppo grande da sopportare.
Ormai era fatta; dovevo convivere per il resto della mia vita con il rimpianto di non avergli detto la verità quando potevo.
Dalla tasca sentii il mio telefono vibrare e pregai che fosse lui, ma era Ethan.
Risposi in fretta, speranzosa di ascoltare buone notizie almeno da lui.
«Eve, l’hai trovato?» La sua domanda e la sua agitazione, spensero l'ultima briciola di speranza rimasta nel mio cuore.
Sospirai, arrendendomi definitivamente. «No, Eth. È andato, è partito.» Balbettai, con le ultime lacrime che scendevano piano sulle mie labbra.
«Merda, Eve. Mi dispiace, piccola. Tornerà e quando lo farà sono certo che sarai la prima persona che cercherà.»
«Tornerà, certo. Ma tra quanto? 6 mesi? Un anno? E chi mi dice che non avrà trovato qualcuno migliore di me, Eth?»
Mentre quelle parole mi uscivano dalla bocca, giurai di sentire il mio cuore spezzarsi in due.
«Sono certo che non sarà così. E se invece accadrà, non resisterà il momento in cui ti vedrà. Ti ama con tutto se stesso, Eveline. So che probabilmente non è il momento migliore per dirtelo, ma è così. Credi in voi due. Lui lo fa da sempre.»
Lo ringraziai per l'aiuto e per quelle parole e tornai a casa, in lacrime, abbracciando mia madre che aspettava ancora sul divano in attesa del mio ritorno.
Se davvero Remiel mi amava così tanto come Eth e mia madre dicevano, sarebbe tornato da me. Il mio cuore sapeva che sarebbe tornato da me, prima o poi.
Nonostante tutto, sapevo di meritare la mia felicità.

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