Segreti svelati

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Continuavo a torturare i palmi delle mie mani mentre il ticchettio, troppo fastidioso, dell'orologio, riecheggiava nel corridoio spoglio.
Mentre Lucy affrontava l'intervento chirurgico, io e Will eravamo in sala d'attesa da più di un ora ormai, in risoluto silenzio. Nessuno dei due aveva osato proferire parola, neanche una chiamata a casa per avvisare della situazione, solo silenzio, come se volessimo fermare il tempo, come a bloccare una sensazione, che man mano assieme al rumore delle lancette, si faceva sempre più tattile.
Affondai, ancora una volta, le unghie nella carne morbida delle mie mani fino a sentirne il leggero pizzico, fino a vederne il colore rosso, espandersi e addentrarsi sotto il sottile strato delle mie unghie.
Ci trovavamo nella sala d'attesa, entrambi cullati dai ricordi del passato e dalle incertezze del presente. Seduti su delle scomode poltrone imbottite, lasciando che ogni nostro più remoto pensiero fluttuasse come foglie alla deriva su un lago placido.
Lucy era quel tassello, quel pezzo del puzzle che aveva collegato entrambe le nostre vite, io e lei avevano un legame fraterno, quasi paragonabile ad un legame di sangue. Fin dall'asilo era stata sempre la mia migliore amica, quella che mi metteva i cerotti sulle ginocchia, quella che se qualcuno mi faceva piangere, si assicurava in modo minuzioso e maniacale di vendicarsi contro chi aveva osato espormi ad una tale sofferenza, una sorella, non di sangue, ma la più fondamentale nella mia vita.
<Ricordi quella volta al lago?> mi chiese Will, rompendo il silenzio con un tono carico di nostalgia.
Gli sorrisi, gli occhi brillanti di ricordi felici
<Sì, fu un'estate indimenticabile. Ridevamo così tanto che le nostre guance facevano male> continuai amaramente, nel ricordo di tempi che ormai mi erano troppo lontani.
Mi voltai verso mio cugino che teneva la testa bassa, cercai un appiglio nel suo sguardo. Un'ombra di preoccupazione attraversò il suo volto, cancellando momentaneamente il suo sorriso, l'osservai attentamente, chiedendomi cosa lo tormentasse.
<Sei preoccupato per Lucy?> chiesi, posando una mano sulla sua spalla in un gesto di conforto.
Will annuì lentamente, incerto
<Sì, ma c'è qualcosa di più...> azzardò, lo vidi mordersi l'interno guancia in segno di rimprovero, fatto a dimostrare che nascondeva qualcosa.
Lo guardai alzando un sopracciglio, cercando di leggere tra le righe delle sue parole.
<Cosa vuoi dire, Will? C'è qualcosa che non mi stai dicendo?> chiesi infine, visibilmente turbata, incuriosita dalla sua affermazione.
Will tentennò, evidentemente combattuto tra il desiderio di condividere con me i suoi pensieri e il timore di rivelare troppo, lo vidi aprire, per poi richiudere in un lampo la bocca, come da rimprovero, ancora una volta
<È complicato, Janie. Ci sono segreti che non posso svelare> mi concesse, mentre voltava lo sguardo verso, quel maledetto, fastidioso, aggeggio rotondo che segnava in modo nervoso ogni, singolo, millesimo di secondo, affilando sempre di più la lama che mi sentivo entrare nel petto.
Prima che potessi approfondire la conversazione, però, Will cambiò argomento
< Ricordi quando mi sono rotto il braccio cadendo dall'albero?> tentò nuovamente, spezzando la tensione, creatosi in precedenza, strappandomi un sorriso malinconico.
< Si fu un vero disastro> quasi sussurrai,
in un riso.
Il suono delle nostre risate riempiva, finalmente, la sala d'attesa con una gioia fugace
< mio padre si arrabbiò così tanto> continuò lui, ridendo più del dovuto; ridevamo entrambi più del dovuto, in una risata isterica, nervosa, come a voler riempire in modo disperato il silenzio che fino ad all'ora vi era stato padrone.

Nonostante l'apparente normalità, avvertii un brivido di inquietudine nel mio cuore. C'erano segreti nascosti dietro il sorriso di Will, e dovevo scoprire cosa fossero. Prima o poi.

Decisi di allontanarmi un momento, cercando sollievo nel bagno, annaspando per una boccata d'aria
< ho bisogno d'aria Will, torno subito> lo avvertii mentre percorrevo il lungo corridoio, per raggiungere il primo bagno disponibile. Percorsi i mille corridoi sentendomi addosso il magone, mentre osservavo, di sottecchi, le stanze all'interno dell'edificio.
Le lacrime silenziose ed i singhiozzi smorzati delle persone nelle camere di riabilitazione, e terapia intensiva, i familiari che a turno entravano nelle stanze silenziose per salutare i loro cari, non era un reparto come gli altri, li tutto era questione di ore, minuti, secondi, nei quali poteva succedere di tutto. Tuttavia preferivo quei reparti, e non per il loro fondo di negatività, ma perché riuscivo a vedere le emozioni di ognuno di loro, anche il più forte, in quel reparto mostrava le sue fragilità, potevo scorgere in qualsiasi sguardo, l'amore e la devozione tra due anziani su letto di morte, anche i più avidi.
Potevo scorgere l'amicizia e il rispetto reciproco tra due amici... e la tristezza di ciò che poteva accadere, potevi guardare ad occhio nudo, senza filtri, la forza umana in ognuno di loro.

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