Legati

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Non so cosa rispondere, ma il tempo passa senza che il capitano continui il discorso. La sua espressione è indecifrabile. Il mio timore più grande è di avergli fatto un torto che non riesco a rammentare.
<A me non sembra di ricordarla, signore> dico infine. Lui inclina la testa di lato. La sua mascella sembra distendersi un poco e assume una posizione più rilassata, piegando la gamba e appoggiandola alla parte anteriore della scrivania.
<In realtà non mi sorprende, avrai avuto...Circa otto anni, se faccio bene i conti>
Dieci anni fa. Frugo nella memoria in cerca di un viso, un frammento che mi permetta di comprendere a che evento si riferisca, ma non trovo niente.
<È sicuro? Scusi, ma non mi viene in mente nulla>
I miei giorni trascorsi nella città sotterranea sono uniti in un unico miscuglio indistinto, da cui riesco a estrarre solo la faccia di Ellie, la voce delle mie sorelle e il pungete odore di urina che invadeva ogni angolo.
Il capitano emette un sospiro e distoglie lo sguardo. Le nocche della sua mano si sbiancano un poco quando aumenta la presa sul bordo della scrivania.
<Eri inseguita da un uomo e mi sei praticamente caduta ai piedi. Credo avessi qualche ferita a causa della fuga> prima di proseguire lo vedo stringere i denti <Non ero solo, c'erano un ragazzo e una ragazza con me. Hai rubato un coltello dalla tasca di uno di loro e sei sparita>
Sgrano gli occhi mentre le immagini riaffiorano, accompagnate dalle sue parole. Mi ricordo benissimo cosa è successo dopo.
<Ti abbiamo seguita per aiutarti, ma quando ti abbiamo trovata...Diciamo che non sembrava ti servisse una mano>
È stato fin troppo delicato. La verità è che mi ero appostata su di una scalinata in attesa che l'uomo passasse. Quando l'ho visto sotto di me l'ho assalito e pugnalato ripetutamente.
Sono cresciuta in un bordello e, anche se all'epoca non ne ero consapevole, sono sempre stata in grado di riconoscere lo sguardo di un uomo viscido e pericoloso, quindi ho agito d'istinto.
<Sì ero io> mormoro.
Ci guardiamo per qualche istante.
<Non mi ricordo di lei, ma della ragazza a cui ho rubato il coltello sì> aggiungo, anche se nel momento stesso in cui lo dico, mi rendo conto che sia un'informazione inutile.
L'espressione del capitano Levi sembra accendersi per qualche istante, poi torna a quella seria di sempre.
<È così che hai vissuto tutta la vita?> domanda, con tono stranamente comprensivo.
<Se ha vissuto anche lei nella città sotterranea, sa benissimo come funziona lì>
Mi scruta per un istante, poi annuisce.
<Qui non ti serve essere così impulsiva, sai? Non devi sempre guardarti le spalle quando sei con i tuoi compagni, o stare sulla difensiva se parli con me>
Sento di nuovo montare la rabbia. Per tutta la vita ho agito solo con lo scopo di sopravvivere e di proteggere Ellie. A volte ho fatto scelte dure, ma che di sicuro non sono state causate dall' impulsività. Il mondo in cui ho vissuto mi ha resa quella che sono.
<Non sono stata impulsiva, mi sono difesa. Quell'uomo era un pezzo di merda. Lo rifarei se potessi, ucciderlo è stata una delle cose più soddisfacenti che ho fatto>
La mia voce esce come un sibilo che sputa fuori rabbia. Ackerman non sembra stupito dalla mia reazione.
<Lo immaginavo>
Ho il cuore in gola, ma non riesco a capirne il motivo. Forse per la prima volta ho di fronte una persona che può capirmi, che ha vissuto come me...A parte Ellie ovviamente. Ma con lei ho sempre cercato di non parlare troppo delle condizioni di merda in cui ci trovavamo.
<A lei non è mai successo niente di simile?> chiedo, speranzosa.
<Non è questo il punto> risponde dopo una breve pausa, scuotendo la testa.
<E qual è?> ribatto, con tono sardonico.
<Il punto è che nel corpo di ricerca non puoi reagire a tutto come se fossi una cazzo di ragazzina impaurita. Devi saperti controllare>
Mentre pronuncia queste parole fa un paio di passi nella mia direzione. Forse dovrei solo rimanere in silenzio sperando di essere congedata, anche perché l'umiliazione che si fa strada in me in seguito al suo discorso, mi rende difficile trovare il coraggio per dire qualcosa. Forse lo intuisce dalla mia espressione, perché addolcisce la sua.
Dal mezzo metro che ora ci separa riesco a distinguere i duri lineamenti del suo volto. Sono consapevole della sua fama, meritata grazie alla sua esperienza in battaglia, ma non posso fare a meno di pensare che -almeno in parte- sia ammirato anche per il suo aspetto.
<Intendo dire che sei una recluta promettente. Non vorrei che sprecassi la tua abilità solo perché ti riesce difficile stare buona e obbedire>
So di essere più brava dei miei compagni del campo, ma sentirlo dire da un soldato con anni di esperienza mi stupisce davvero molto, cosa che al capitano non sfugge.
<Cosa c'è? Non sei nemmeno in grado di essere obbiettiva? Chiaramente mi riferisco solo al movimento tridimensionale, il tuo combattimento corpo a corpo è un disastro>
<Sì, lo so> rispondo secca.
<Ci lavoreremo, ma ora vai a riposare. Partiremo dopodomani all'alba e il viaggio non è breve>
Annuisco, senza aggiungere altro, e mi dirigo verso la porta.
<Ah un'ultima cosa> mi richiama <vi chiediamo discrezione sulla questione, vale per entrambe, ufficialmente i nomi saranno comunicati domani. E cerca di non farti picchiare di nuovo prima di partire, vorrei guadagnare una recluta tutta intera>
<Ci proverò> ribatto, chiudendo la porta.

Ho la mente ancora confusa dopo le ultime rivelazioni, ma un pensiero riesce comunque ad affiorare: devo trovare Ellie.
Esco a passo svelto dal dormitorio riservato ai caporali e mi dirigo decisa verso il mio. Sto per entrare, quando scorgo i biondi capelli di mia sorella -ancora con qualche traccia di fango che li sporca- a una decina di metri di distanza, con la coda dell'occhio. Sta parlando con due reclute più grandi e intuisco dalla conversazione che le abbiano chiesto informazioni su Erwin Smith, infatti la ascoltano affascinati. Con loro disappunto però, si interrompe quando mi vede arrivare.
<Lara! Com'è andata? Cosa ti ha detto il capitano Levi?>
Le lancio uno sguardo di rimprovero, perché i due cadetti dietro di lei sgranano gli occhi all'unisono. Non gli dò il tempo di iniziare una conversazione e faccio cenno a Ellie di andare a parlare da un'altra parte. Mi avvio a grandi passi verso il limitare della foresta e la sento salutare velocemente i due ragazzi.
Il campo è pieno di cadetti che si godono il sole e il pomeriggio di riposo, ma vicino a noi non sembrano esserci orecchie indiscrete, per cui spiego cosa è appena successo nello studio.
<Mi ricordo di quel giorno, me lo hai raccontato> commenta, una volta finito.
<Credi che sappia anche di come ci siamo procurate i soldi per la cittadinanza?>
Ellie fa un'alzata di spalle in risposta. <Non me ne preoccuperei. Voglio dire, ha vissuto anche lui lì e se le storie che girano sono vere...>
<Che storie?> la interrompo.
Lei inclina il viso, divertita.
<Davvero non hai sentito niente?>
Scuoto la testa, un po' irritata. Ellie sa che non apprezzo le voci di corridoio, anche perché entrambe potremmo ritrovarci in situazioni spiacevoli, se le nostre vite fossero rese pubbliche.
<Da quello che ho sentito, sembra che il capitano prima fosse un delinquente e rubasse nella città sotterranea, proprio come noi. Ma pare che usasse un dispositivo di manovra tridimensionale, trovato chissà dove, e che fosse molto bravo. Il Comandante lo è venuto a sapere e gli ha chiesto di arruolarsi, in cambio del perdono per i suoi crimini>
Cerco di ripescare dai ricordi della città sotterranea qualche elemento collegato a quella storia, ma non rammento nulla di utile.
<Non credi che dovremmo ricordare una storia del genere? D'altronde vivevamo lì anche noi>
<Infatti io mi ricordo, alcuni clienti se ne lamentavano spesso al bar> risponde, annuendo col capo. <Ma tu eri sempre fuori> aggiunge.
Infatti il racconto non mi è familiare per niente.
<Quindi è vero> deduco.
<Sembrerebbe di sì, quindi non mi preoccuperei troppo di cosa sappia su di noi>
Mi lascio sfuggire un sospiro e faccio cadere l'argomento, anche se la mia curiosità è tutt'altro che estinta, in particolare riguardo agli altri due ragazzi che io stessa ho incontrato.
<Ti va se stiamo un po' qui fuori al sole?>
Ellie acconsente, dondolandosi sui talloni.
<Senti> mi richiama, mentre passeggiamo verso un albero solitario al lato dei dormitori <non avrei dovuto colpirti>
La guardo di sottecchi. Cammina con le mani in tasca e il viso nascosto dai capelli disordinati.
<Non preoccuparti, ormai non importa> taglio corto.
È il suo modo per scusarsi e sa che con me non ha bisogno di aggiungere altro. Inoltre, ora sappiamo entrambe che di lì a breve avremo delle ali sulla nostra divisa. Io mi sono arresa alla situazione, con l'unica consolazione di poterla avere vicino e lei lo ha capito.
Mi aiuta a salire sul ramo più basso dell'albero -ho ancora i muscoli doloranti per l'allenamento e il nostro scontro- e rimaniamo in silenzio a goderci il sole.
<Mi manca casa> sospira dopo un po'.
Mi giro verso i suoi occhi verdi. Ha un'aria malinconica, ma un lieve sorriso le illumina il volto.
<Mi dispiace non potertici riportare>
Si rivolge anche lei verso di me.
<A te non manca?>
Stringo le labbra e distolgo lo sguardo. Ripensando a casa sento solo la sensazione di sudicio addosso e di claustrofobia.
<Non ti arrabbiare, ma lo sai che non ci tornerei per nulla al mondo>

Al chiaro di luna Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora