Capitolo 12

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«'Sto dizionario è pesantissimo!» Mi lamento ad alta voce, nonostante attorno a me non ci sia nessuno. Sbuffo ogni volta che sta per scivolarmi dalle mani, ossia praticamente ogni 2 minuti.

In questo momento sto scendendo le scale, portando nel braccio sinistro il motivo per cui mi trovo qua ora, mentre nella mano destra tengo le mie amate cuffie: cuffie molto semplici, costate davvero poco ma che fanno il loro dovere.
Le cuffie le porto con me ogni volta che esco di casa, senza esse non riuscirei nemmeno ad oltrepassare il portone di casa. Inizialmente andavo in giro con gli auricolari, ma quando poi ho compreso che per le mie orecchie non erano il massimo, li ho sostituiti per l'appunto con le cuffie.
Stamattina mi sono vestita davvero di fretta: non sono abituata a svegliarmi così presto di sabato mattina, è un miracolo che io abbia sentito la sveglia, beh, in realtà quella che mi ha svegliata è stata mia madre, ma dettagli.
Indosso delle semplici Nike nere, pantaloni lunghi cargo color verde cinabro e una maglietta di almeno due taglie in più rispetto alla mia, degli Iron Maiden, nera ovviamente. Non sono una che segue le mode: le Nike le ho da diversi anni ormai e mi vanno ancora, perciò le metto abbastanza frequentemente; riguardo ai cargo, che ultimamente da ciò che vedo stanno spopolando, quelli mi piacciono davvero troppo per non metterli, sono semplicemente perfetti.
Se però devo dire cosa forse potrebbe essere una moda, è che me ne vado sempre in giro con i lacci delle scarpe slacciati, non c'è nè una di volta in cui li ho allacciati. E se questa non è una moda, presto la diventerà, anche se spero di no.

Immersa nei miei pensieri, ed anche forse un pochino brilla, metto il piede sinistro male come se in quell'istante la mia gamba fosse diventata invertebrata, ed oltre a farmi non poco male alla caviglia, cado a terra, o meglio sugli ultimi scalini rimanenti, facendo fare un bel volo al dizionario, non chè alla sottoscritta.
Il dizionario sbatte violentemente a terra un paio di volte fino a che non si ferma definitivamente piegato quasi a metà, a qualche metro da me. Cadendo fa un tonfo notevole, tant'è che l'imbarazzo e la vergogna non tardano ad impossessarsi di me. Con uno sguardo da pesce lesso mi alzo come una vecchietta e di colpo sento una fitta alla caviglia, così decido di massaggiarla per qualche secondo.
Solamente ora mi rendo conto che dal primo piano arrivano applausi, urla e fischi, che però cessano in un istante.

«Cos'è stato questo rumore?» Sento dei passi scendere le scale accompagnati dalla voce di una donna di una certa età, che parla fra sè e sè.
«Oh povera me, che lavoro mi tocca fare...» Prosegue esasperata la donna.

Il suo lamento mi fa tornare con la testa sulle spalle e velocemente, fregandomi della caviglia, mi tiro su, prendo quell'ammasso di carta e fogli da terra e mi avvio rossa come un pomodoro al portone.

. . .

«Ei Ale, sei sicura che non ti faccia male?» Mi ripete per la seconda volta Gaetano, riferendosi alla mia caviglia lievemente indolenzita.

«Gae stai tranqui, sono abituata a farmi male: ormai il mio corpo è come l'acciaio!» Provo a rassicurarlo, anche se non credo di esserci riuscita alquanto bene...

Ovviamente, sono caduta per colpa del dizionario che in realtà non è nemmeno tanto pesante, bensì abbastanza scomodo da portare in mano così. Sì, l'aggettivo che gli assocerei è proprio scomodo.

«Lo vedo, hai un corpo talmente resistente e forte che stai zoppicando ormai da dieci minuti» Dice guardandomi con aria divertita, ed io non esito a rispondergli.

«Chi va con lo zoppo impara a zoppicare!» Gli faccio notare soddisfatta.

«Impossibile: io non faccio certe figure, a differenza di qualcun altro...» Gli vorrei dire che prima o poi capiterà anche a lui di cadere a casissimo, che mica l'ho fatto apposta, ma mi limito a lanciargli uno sguardo di sfida, e lui fa lo stesso.

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