I CANTI OSCURI

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La Badessa, con un'espressione seria sul volto, chiamò Iris a sé, dopo la cerimonia di vestizione. La giovane novizia si avvicinò con passo incerto.

«Iris» esordì la Badessa con voce grave, «C'è qualcosa che devi sapere».

Iris la fissò con trepidante attesa, un presentimento di inquietudine serpeggiava nel suo animo.

«Si narra che di notte, tra le mura di questa Abbazia, si aggiri un fantasma» sussurrò la Badessa, abbassando la voce. «Un'anima inquieta che non ha trovato pace».

Iris trattenne il respiro, un brivido di freddo le percorse la schiena.

«Qualunque sia la sua storia, cara Iris, è importante che tu stia attenta. Non uscire dalla tua stanza di notte e non ascoltare i canti che potresti udire».

«I canti?» Mormorò la novizia.

«Li sentirai ma tu non ascoltarli».

Iris annuì, il suo viso era pallido. La Badessa le pose una mano sulla spalla.

«Non temere, cara. La fede ti proteggerà. Se dovessi incontrare il fantasma, recita una preghiera e il suo potere maligno si dissolverà».

Iris annuì ma dentro di sé pensò che soltanto un Ave Maria non potesse salvare da un mostro, era troppo scettica da convincersene. Capì che la vita in Abbazia non sarebbe stata priva di misteri e di pericoli ma non si sarebbe tirata indietro dall'affrontare qualsiasi sfida.

Raggiunse la sua stanza, un letto semplice, con una coperta di lana grezza e un cuscino di piume, occupava la maggior parte della stanza. Accanto al letto, un piccolo tavolo con una sedia offriva uno spazio per studiare e meditare.

Un inginocchiatoio di legno, posizionato davanti a un'immagine della Madonna, era il luogo dove Iris avrebbe pregato in silenzio.

Sulla parete di fronte al letto, una croce di legno era appesa al muro Iris si affacciò alla finestra. La luna illuminava il chiostro con una luce argentea e il vento potava con sé la voce del mare, grande e sconfinato, libero, cosa che Iris non era più. Si appoggiò con la fronte alle sbarre della finestra e sospirò, cercando di cacciare indietro le lacrime poi spalancò gli occhi.

Un canto lontano, flebile e malinconico, fluttuava nell'aria. Iris rabbrividì, ma non si scompose e chiuse la porta alle spalle.

Allora c'era davvero un'anima inquieta in quel luogo di preghiera, e non era solo la sua.

Iris si sentiva spaventata, ma allo stesso tempo attratta da quel canto misterioso. Era una melodia dalle sfumature ecclesiastiche, triste e struggente, ma non sembrava avere lo scopo di benedire. Si mise in ascolto, con il fiato sospeso. Il canto si intensificava e si affievoliva, come un'onda che si infrange sulla riva. A tratti, si poteva distinguere una voce solista maschile che narrava di vizi e dannazione eterna.

Iris rabbrividì.

Quel canto le ricordava le storie che le raccontavano da bambina, storie di fantasmi e di anime inquiete che vagavano per la terra senza trovare pace. Nascose il capo sotto il cuscino, ma il canto continuava a tormentarla, una melodia che si insinuava nei suoi pensieri e nei suoi sogni.

Non riusciva più a dormire. Si rigirava nel letto, tormentata da quell'inquietudine che non la abbandonava.

All'alba, il canto cessò improvvisamente.

Il silenzio che ne seguì fu assordante.

Iris si sentì esausta, ma allo stesso tempo stranamente serena. Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra. Il sole sorgeva all'orizzonte, tingendo il cielo di rosa e di arancione. Un nuovo giorno era iniziato. Iris si chiese cosa significasse quel canto misterioso.

Quando stava per riaddormentarsi la campana del mattino suonò, avvertendo le sorelle che era ora della preghiera mattiniera. A malincuore Iris lasciò il suo letto, si vestì e seguì le altre sorelle. Pregarono riunite nella navata centrale dell'abbazia poi fecero colazione e venne affidato a tutte un compito da portare avanti.

Iris fu assegnata alle pulizie della biblioteca da sola. L'idea di lavorare in un ambiente tanto grande non le dispiacque: le dava un senso di ossigeno e libertà.

Con passo leggero e animo diligente, si aggirò per la biblioteca dell'Abbazia. Un ambiente austero e silenzioso, dove il tempo sembrava scorrere più lento. Le alte scaffalature, cariche di antichi volumi, emanavano un profumo di carta e di inchiostro che inebriava i sensi. I raggi del sole, filtrando dalle ampie finestre, illuminavano la polvere che danzava nell'aria.

Iris, con un panno morbido in mano, spolverava con cura i tomi rilegati in pelle, accarezzando con delicatezza le loro pagine ingiallite dal tempo.

Mentre era intenta a pulire un antico tomo di filosofia, il suo gomito urtò accidentalmente un candelabro di bronzo. Il candelabro, con un tintinnio metallico, cadde a terra, spegnendo la candela che illuminava un angolo buio della biblioteca.

«Come sono maldestra» Iris si chinò per raccoglierlo e in quel momento notò una strana fessura nel muro. Spinta dalla curiosità, si avvicinò e la esaminò con attenzione. Era una apertura nascosta, celata da una pesante libreria. Iris, con il cuore che batteva forte, spostò la libreria con cautela. La fessura si allargò, rivelando una scala a chiocciola che scendeva verso il basso, nell'oscurità dei sotterranei.

Si guardò alle spalle e nella biblioteca, accertandosi che non ci fosse nessuno poi, con passo tremante e un'insaziabile sete di scoperta, Iris iniziò a scendere la scala a chiocciola. L'aria era umida e fredda e ogni gradino la conduceva verso un mondo sconosciuto, fatto di segreti e di ombre. Cosa avrebbe trovato Iris nei sotterranei dell'Abbazia? Un tesoro nascosto? Un antico manufatto? Oppure qualcosa di più oscuro e inquietante?

Dopo una discesa che sembrò interminabile, Iris giunse finalmente in fondo alla scala. Si trovò in un ambiente ampio e cavernoso, illuminato da una luce fioca e sinistra.

Le pareti erano di pietra grezza, e il pavimento era cosparso di detriti e di polvere. Al centro della stanza, un altare di pietra nera dominava la scena. Su di esso, troneggiava una statua di un caprone con la testa cornuta, simbolo inequivocabile di Satana.

Iris si sentì pervadere da un senso di terrore. Aveva scoperto una chiesa satanica, un luogo di blasfemia e di oscurità.

La sua mente era in subbuglio. Come poteva essere possibile che un luogo di culto cristiano ospitasse al suo interno un tempio dedicato al diavolo?

Con passo incerto, Iris si avvicinò all'altare. Notò che la statua del caprone era decorata con pietre preziose, e che i suoi occhi di rubino brillavano di una luce maligna.

Un improvviso rumore di passi alle sue spalle la fece trasalire. Si voltò di scatto, e vide una figura avvicinarsi. Guardò quell'uomo vestito di nero con i capelli pettinati all'indietro e il volto bianco, truccato come un teschio. I suoi occhi eterocromatici, uno verde e l'altro azzurro ghiaccio, quasi bianco, si puntarono su di lei.

Iris, con il cuore che batteva forte nel petto, si strinse contro la parete di pietra. La figura era immobile di fronte a lei, il suo silenzio era più eloquente di mille parole.

«Chi siete?» chiese Iris con voce tremante, cercando di mantenere la calma.

L'uomo non rispose. Un alone di mistero avvolgeva la sua presenza, alimentando il terrore di Iris. «Cosa volete da me?» chiese di nuovo, con un filo di voce.

«Siete il fantasma dell'Abbazia?».

Senza parlare, il fantasma annuì poi alzò lo sguardo verso il caprone e Iris guardò a sua volta. A bocca aperta si voltò verso l'animale, che sembrava avere gli occhi luminosi.

«Siete un adoratore del Demonio» mormorò indietreggiando. Si scontrò con il fantasma, trovandoselo alle spalle, troppo concreto per essere uno spirito. Prima che potesse afferrarla, Iris urlò e fuggì in preda alla paura, ripercorrendo a tentoni il buio cammino percorso. Quando vide una luce capì di essere finalmente risalita in superficie. La biblioteca la rassicurò. Chiuse il passaggio e uscì da lì, decisa a non rientrare, per quanto amasse i libri.


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