UN BACIO PROIBITO

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Theodor allungò una mano, prese delicatamente il mento di Iris e le alzò la testa, obbligandola a guardarlo. Lei sentì gli occhi pizzicarle e le guance scottarle.

«Non è necessario che siate imbarazzata, noi ci conosciamo bene. Non vi mangio mica».

«Sì, lo so».

Thedor le accarezzò la guancia con le nocche della mano.

«Se me lo permettete, vorrei parlarvi di alcune cose, ora che è giorno» soggiunse poi la Novizia, mentre Theodor alzò il capo, si guardò attorno e poi si rivolse di nuovo a lei:

«Non è sicuro stare qui, siamo troppo vicino all'Abbazia e con il Vescovo in giro può essere pericoloso».

«Ehm... ci spostiamo?».

«Sarebbe meglio, conosco una spiaggia poco distante da qui, dove non va mai nessuno, lì potremo parlare».

«Fatemi strada», lo invitò Iris ma lui sorrise e scosse lentamente la testa:

«Non è proprio dietro l'angolo. Dobbiamo andare a cavallo».

Iris guardò lo splendido purosangue di Theodor che sbuffava, l'unica bestia a disposizione. Iris sfuggì di nuovo lo sguardo dell'uomo e morse il labbro poi chiese:

«Dovrei salire a cavallo con voi?».

«Permettetemi di aiutarvi», si offrì lui sorreggendola mentre lei si arrampicava con un piede nella staffa e montava sull'ampia groppa dell'animale. Poco dopo, Theodor salì alle sue spalle e afferrò le redini, raccomandandosi con la Novizia di reggersi, diede una scoccata e il cavallo si mosse.

Il cuore di Iris batteva forte nel petto mentre il cavallo galoppava lungo la spiaggia. Il sole le baciava il viso. Si sentiva libera e felice come non mai. Dietro di lei, Theodor sedeva in silenzio, le braccia avvolte intorno alla sua vita. Iris poteva sentire il suo calore e la sua forza, e si sentiva al sicuro e protetta.

Un senso di euforia la pervadeva. Era come se stesse volando, come se il mondo intero fosse ai suoi piedi. Si sentiva invincibile, come se potesse superare qualsiasi ostacolo.

Sbirciò Theodor di sott'occhio. Il suo viso era serio, ma i suoi occhi brillavano di una luce intensa. Iris sapeva che lui la amava, e questo la rendeva ancora più felice.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal ritmo del cavallo. Si sentiva uno con la natura, uno con il mare e il cielo. Era come se fosse in un sogno, un sogno da cui non voleva mai svegliarsi.

Dopo un po', il cavallo rallentò e si fermò. Iris aprì gli occhi e si guardò intorno. Si trovavano in una caletta deserta, con la sabbia dorata che rifletteva la luce del tramonto. Theodor scese da cavallo e le porse la mano. Iris la prese e si lasciò aiutare a scendere. Tra le rocce crescevano delle piantine e dei fiori che davano colore alla distesa dorata.

«Che meraviglia» commentò lei voltandosi verso Theodor che legava il cavallo. «Vi andrebbe di spiegarmi perché avete gli occhi diversi?».

«In giovane età ho partecipato a una rissa e un pugno mi ha raggiunto in pieno occhio. Da allora ho gli occhi così».

Iris annuì e di nuovo si rivolse al mare mentre Theodor la osservava in silenzio.

«Ho cercato di parlare con il Vescovo per farvi riavere la vostra casa».

«Oh, non dovevate rischiare tanto».

«Ho avuto modo di constatare la crudeltà e la viziosità di quell'uomo».

«Iris, la vostra vita è più importante dei possedimenti materiali, non vostri per di più. Non mettetevi in pericolo».

Lei lo guardò con una certa solennità. «Ho sempre desiderato che le cose andassero fatte con correttezza, ma nei vostri confronti non è stato così».

«La vostra devozione mi lusinga».

Iris sorrise e armeggiò con il rosario che le pendeva sul petto poi, mentre era assorta, si accorse che Theodor le sfilò lentamente e con dolcezza il velo, liberando i suoi lunghi capelli. Si coprì il capo con le mani e sbottò:

«Signor Flodèn, questo è peccato».

«Ve ne importa quanto a me», non era una domanda: lui conosceva Iris abbastanza bene da sapere che quell'atto non turbava minimamente la sua integrità.

Iris sospirò: «Avete ragione».

«Datemi del tu, vi prego».

«Solo se anche voi lo farete», ribattè Iris. Theodor accettò il compromesso mentre Iris iniziava a raccogliere i capelli in due trecce, per faticare meno a nasconderli sotto il velo, protetta dallo sguardo di lui.

«E che altro volevi dirmi?».

Iris lo guardò e arrossì mentre raccoglieva i capelli e confidò in un filo di voce: «Solo quel che ho detto... credo».

L'uomo sorrise: «Solo?».

«E forse che... il tuo culto mi intriga».

Theodor rise: «Ti credevo atea», ridusse le distanze da lei.

«Non del tutto» ammise «Il tuo credo è anticristiano quindi...».

«Vorresti farne parte?».

«Vorrei che tu mi spiegassi meglio».

«Le parole sono uno spreco di tempo, non ti sarebbe facile capirle ma...» Theodor le prese il volto tra le mani e si avvicinò parlandole a fior di labbra. Iris si sentì incapace di muovere un muscolo mentre le contrazioni al ventre basso prendevano la forma di calde gocce che scorsero tra le sue gambe. «Ma?» Ripeté.

«Sei una donna intelligente e capiresti meglio guardando».

«Mi stai proponendo di partecipare a un rituale?» Domandò Iris scossa da fremiti per l'impazienza di sentire le labbra di quell'uomo unirsi alle sue

«Rituale? Che parola macabra».

«Come dovrei chiamarlo?».

«Messa nera» tagliò corto lui divorandole le labbra con un bacio caldo e pieno di passione che, per la prima volta, fece sentire Iris una donna davvero amata.

«Theodor...» sussurrò Iris quando si separarono e lei posò la fronte sul suo petto, cercando di riprendere il respiro e il controllo di sé e del suo corpo. Si udì una campana.

«Ti riporto in Abbazia e ti aspetto presto» le disse accarezzandole la schiena.


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