NEL VENTRE OSCURO

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Trascorse, da allora, un mese. In quei giorni Iris incontrò spesso Suor Lily e la loro amicizia divenne più solida e forte: lavoravano insieme e condividevano il tempo libero e il tempo di preghiera insieme.

Iris iniziò a sentirsi meno sola.

Iniziò ad abituarsi ai ritmi di vita dell'Abbazia, ad apprezzare certe cose che prima odiava di quel posto. Era irremovibile dalle sue idee scettiche e razionali e ogni giorno sperava comunque che qualcosa sarebbe cambiato, ma con Suor Lily la vita lì dentro pesava molto meno.

Anche se la notte, i canti non cessavano mai e puntuali, a mezzanotte, ritornavano a diffondersi nell'Abbazia, Iris si abituò anche a quelli, ma non osò più tornare in biblioteca a cercare quel passaggio.

Non osò più cercare il Fantasma ma fu lui a cercare lei...

Una notte si scatenò una terribile tempesta, originatasi ai lontani confini del mare. Il rombo dei tuoni e il sibilo del vento erano così intensi da sovrastare qualsiasi altro suono, persino i canti oscuri sembrarono assenti quella notte.

Iris non riusciva a dormire: aveva freddo e una terribile paura del temporale, quel vento impetuoso che strillava rubava al suo corpo il piacere di trovare riposo. Se ne stava raccolta in sé stessa, avvolta dalla coperta, tremante di freddo.

Teneva gli occhi chiusi nel tentativo di addormentarsi e, ancora di più, per non farsi acciecare dai fulmini che illuminavano la notte di tanto in tanto. All'improvviso udì una chiave girare nella toppa di una porta che iniziò a cigolare, ma fu certa che non si trattava della porta della sua cella.

Aprì gli occhi e balzò a sedere, ritraendosi contro la testiera quando, ai piedi del suo letto, vide una figura in abiti neri che la osservava. I fulmini illuminavano, di tanto in tanto, il suo volto truccato di bianco e nero ma rivelavano anche i lineamenti affilati e i suoi occhi che brillavano di una gelida curiosità. Iris deglutì e mormorò:

«Ancora voi... ma chi siete? Che cosa volete da me?».

Il Fantasma non rispose, la degnò solo di un'analitica osservazione inclinando la testa. Iris incrociò le braccia sul petto: indossava solo la sua camicia da notte decorata da merletti e fili oro. Lui le porse una mano, coperta da un guanto bianco.

Un gesto delicato, per nulla minaccioso, un modo di salutarla o invitarla a seguirlo? Iris esitò alcuni istanti: anche se coperta dal guanto, notò che le mani del Fantasma erano molto aggraziate, da nobile.

Lo guardò in voltò con quella sua eterocromia ben evidente a causa del trucco nero. Non era affatto uno spettro, capì lei.

Era un uomo, vero e concreto.

Un uomo piombato lì nella sua camera, che la stava invitando a seguirlo da qualche parte, Dio solo sapeva dove, forse nelle profondità dell'Inferno, dove l'avrebbe immolata su un altare, in onore di Satana? Scosse la testa: lei non credeva né al Demonio né all'Inferno, perché immaginarsi certe cose? Guardò il volto scheletrico del fantasma poi rivolse gli occhi alla sua mano.

Era rivolta a lei, gliela porgeva con dolcezza ma senza insistenza. Il suo era davvero un invito, non una costrizione.

Iris provava soggezione verso quel misterioso individuo truccato in quel modo ma ne era affascinata e incuriosita, allo stesso tempo. Quella notte avrebbe potuto avere qualsiasi risvolto, ne era consapevole, ma la curiosità tendeva a essere più forte di lei.

Si alzò e prese la sua mano. Il Fantasma gliela strinse con delicatezza e l'accompagnò a sé, girò dietro l'armadio della stanza dove c'era una porta nascosta in cui entrò guidando Iris con sé.

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