Capitolo 28

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Cit. Camilla
La sua presa è così potente che ansimo dal dolore. I suoi occhi, così fottutamente intensi, bruciano, bruciano dalla rabbia. La sua mano, curata nei minimi dettagli, mi stritola il braccio, lasciando profondi lividi. Parte boyfriend come sottofondo. Strizzo più volte gli occhi e cerco di dimenarmi dalla sua potente presa, muovendo il corpo freneticamente. Carlos non so, rimane là impalato a guardare la scena; un ragazzo innocente, che non sa come muoversi. Non resisto. Forti scosse percorrono il mio corpo fragile, lacerato dal dolore.

"LASCIAMI!".

Ma non riesco a reggere il suo sguardo, accecato dal male. Così, dopo aver lasciato in pace anche la mia anima, cado disperatamente a terra per il dolore. Alzo la testa. Faccio di tutto per trattenere le lacrime, anche se minacciano di scendere. Si avvicina Carlos, quasi terrorizzato dalla vicenda, e con un movimento veloce, mi raccoglie da terra. Lancio uno sguardo minaccioso a Kendall, che intanto ride, ride, guardandomi così piangente, dolorante, senza forze.

"Sei contento ora?!".

Mi allontano furtivamente da Carlos, raggiungendo velocemente il centro della pista, faccia a faccia con lui, chi mi ha spezzato il cuore, e forse anche il polso.

"Ahaha che bambina".

Si porta le mani alla pancia, ridendo. Ma so che è un riso amaro, non prova vero piacere.

"Mi dici che vuoi?".

Mi massaggio delicatamente il braccio, distrutto. Non risponde, semplicemente mi fulmina con lo sguardo.

"Mi devi lasciare in pace okay?".

Continuo con le lacrime agli occhi.

"Mi ha invitata Carlos, e penso mi possa innamorare di lui. Tu, tu, non centri niente".

Si passa la mano sui capelli, cercando di trattenere la rabbia.

"E QUESTA?!".

Mi mostra un pezzo di carta, stropicciato, rovinato, forse per il fatto che fino ad adesso si trovava nella sua tasca. La prendo, rigirandola più volte. Questa è la lettera, la famosa lettera. Lo fisso per un pò. Per tutto il dolore che mi ha provocato, dentro e fuori, dovrei anche fare  di peggio: quasi compiaciuta, spostando lo sguardo sul foglio, lo strappo in piccoli pezzi, facendoli volare come coriandoli.

"Questo è per te, Schmidt".

Appoggio sulla sua mano mezza tremante i piccoli pezzi rimasti, facendolo rimanere a bocca aperta, e allontanandomi da lui, torno da Carlos. Devo riuscire a dimenticare, solo quello riuscirà a rimarginare le mie profonde ferite. Mi guardo intorno, ma Carlos non c'è più. Abbasso lo sguardo. Sapevo che non sarebbe andata bene la serata. Chissà dov'è Daisy, ho bisogno di parlarle, ora. Mi avvio quasi di corsa fuori, vagando nel buio e nel freddo. Tenebre oscure, che cercano di spaventare la mia anima. Chiamando un taxi, noto una persona, seduta sulle scale del locale accanto. I lampioni riescono a malapena a illuminare il viso della figura. Mi avvicino con cautela. Deve essere una ragazza. Credo stia piangendo. Ora sono a 10 centimetri da lei. Per sbaglio urto contro qualcosa, una pietra. Ritiro subito il piede, come se non fosse successo niente. Ma è tardi: ha alzato lo sguardo. I miei occhi si colmano di lacrime, ma di gioia. Qualcosa è andato bene, sì.
Si alza, facendo accorciare la distanza tra di noi con un profondo abbraccio.

"Sei tornata".

Non risponde, singhiozza, semplicemente. Continuo io.

"Jenny, torniamo a casa".

Annuisce soffocata dalle lacrime. Saliamo in taxi, che velocemente ci porta al Palm Woods. Appena usciamo dall'auto, il mio respiro riprende regolarmente. Troppe cose sono successe questa sera. La prendo per mano, e sorridendo, saliamo a passo felpato verso il nostro piano. E ritrovandoci davanti al nostro appartamento, cerco di aprire la porta con cautela.

"Jenny...è aperta".

Ci guardiamo spaventate in giro, per poi entrare, e chiedere velocemente a chiave. Come delle agenti segrete, ci posizioniamo spalle contro spalle, e attraversiamo il corridoio dell'appartamento, buio e desolato. Siamo davanti alla camera. Chissà dove si trova Daisy. Sono un'amica pessima, avrei dovuta chiamarla. Apriamo delicatamente la porta. Ma quello che ci si mostra davanti ci fa arricciare. Lei è a letto, ma con qualcuno. Io e Jenny ci guardiamo allibite e sorprese allo stesso modo. Ci avviciniamo al suo letto cercando di non causare alcun tipo di rumore. Jennifer resta sullo stipite della porta, soffocata dalle risate. La fulmino ordinandole di stare in silenzio, anche se si tratta di una cosa impossibile, dato che sto ridendo pure io. Concentrandomi sul "nuovo caso", provo a spostare le lenzuola. Un corpo si gira mostrando il viso. Mi ritiro velocemente sia per paura di essere scoperta sia per lo shock che mi ha provocato. Indicando il letto, salto verso Jennifer, che sembra stupita ed anche divertita.

"È..è...James!".

Strilla agitando le braccia. Sta causando la 3 guerra mondiale!

"Shhhh".

Si tappa velocemente la bocca con la mano, pentendosi subito della sua impulsiva mossa: i due si sono ormai svegli. I miei occhi cercano di scrutare altro, per non incrociare il loro sguardo.

"O mio dio".

Strilla Daisy.

"Jenny!".

Aumenta il tono, fregandosene del resto. James la guarda allibito, coprendosi ancora di più con le lenzuola.

"Scusateci, non volevamo proprio".

Mi giustifico io. James è un pomodoro, nessuno di noi lo aveva mai visto così. Che situazione. Daisy alza un secondo le lenzuola a sua volta per poi rialzarle all'altezza del petto. Un minuto di silenzio, puro silenzio, alimenta la situazione di imbarazzo creata attorno a noi.

"Noi ehm...andiamo in cucina....ehm".

Daisy ride, facendo sorridere anche James. Io e Jenny corriamo in salone, come per scappare da qualcosa, o qualcuno.

"Che situazione".

Appoggio la mano al tavolo, ridendo.

"Io mi sento in imbarazzo".

Jenny abbassa lo sguardo, ridendo a sua volta. Si sente uno sbattere della porta. È James: si sta dirigendo fuori dall'appartamento. Ci saluta con la mano, prima di uscire. In quel preciso istante, infinito instante, corriamo da Daisy. Ora abbiamo bisogno di parlare. Ora.

Ho cercato il tuo nome|| BTRDove le storie prendono vita. Scoprilo ora