4. La spuma dell'onda

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A forza di prenderle, alla fine anche i nostri baldi giovani iniziarono a capirla. Per mare, non bisogna fare troppo affidamento sulle proprie gambe. Avevano iniziato a dare filo da torcere ai fanti da mar, sia nel lavoro di remo che nel gioco di gambe.

"Bravi butei" li incoraggiò tutto fiero l'Alfiere Ambrogio.

Dopo l'ennesimo tuffo nel canale, il Berto stava seduto con le gambe a penzoloni, il vento in faccia, lo sguardo perso nella laguna, con le sue torri e castelli che spuntavano ovunque dalla spuma.

"Non avrei mai pensato che qualcosa di diverso dalle mie colline potesse darmi tanta pace" commentò.

"Il mare è probabilmente la cosa che più può avvicinare voi uomini al cielo" gli rispose l'Ercole dalla sua testa, con le penne tutte arruffate.

"Mi chiedo come stiano a casa la mamma e la Serena. Oh, le ho lasciate sole. E il vecchio Minimo. Oh, mi sembra di essere stato così scortese con lui, dopo tutto l'aiuto che ha cercato di darmi. E il Giuseppe. Chissà se il Giuseppe si è svegliato dal suo sonno."

Il nostro povero Berto guardò il mare, e affondò il viso fra le mani, attorno le quali teneva avvolto il rosario azzurro del Davide Tomasi. Il nostro povero Ercole, invece, che a differenza della loro amica Caterina non era esperto delle cose degli uomini, si limitò ad appoggiargli cameratescamente l'ala sulla fronte.

"Potresti scrivere loro una lettera. Sono cose che fate, voi uomini, vero?" chiese il pettirosso non senza un certo imbarazzo.

"Una lettera" disse il Berto, spostando le mani dagli occhi, "io so scrivere!"

"Ecco, bene, quello" lo incoraggiò l'Ercole.

"Ma come faccio a sapere che arriverà fin lassù sulle colline?"

"Berto! Berto!"

Le sue logistiche elucubrazioni vennero interrotte dal Cosimo che, spuntato a testa bassa da un sottoportego, gli corse incontro tutto animato.

"Sono stato alla bottega del Sole Giallo!"

"E a me che mi frega, scusa?"

"Sono stato dalla Beatrice!"

"Ah."

Il Cosimo non si tratteneva dall'eccitazione. Era tutto rosso in viso, con gli occhi sgranati come avesse visto il sole per la prima volta.

"Ossior quanto è bella! E quanto è brava! Sai cosa fa nella bottega?"

"No, direi di no" mugugnò il Berto un po' seccato.

"È apprendista di un astrologo! Sa così tante cose del cielo e delle stelle, delle cose e della gente! Quando parla non capisco quasi niente, ma è come sentire il vento in montagna: è sempre al posto giusto, esattamente dove vuole stare!"

"Che brava!" rispose il Berto, ora più piacevolmente sorpreso dal suo amico, "e tu cosa le hai detto?".

"Io? Scherzi! Non le ho detto niente!"

"Niente? Ma sei cretino!"

"E di cosa dovrei parlarle scusa? Cioè, volevo dire cose, ma non sapevo come dirle!"

"Ma dille come le dici a me! Come cazzo vuoi dirle?" gli chiese il Berto scaldandosi.

"Non dir monade, non posso dirle cose come le dico a te!"

"E perché mai?"

"Perché lei è bellissima! E intelligentissima! E tu invece sei brutto come il vino versato e stupido come un ceppo da ascia!"

"Ehi! Vuoi mica prenderle?" ringhiò il Berto.

"Però le ho chiesto se vuole fare una passeggiata!" esplose il Cosimo allargando fieramente le mani, coi ricci scuri che gli caddero sugli occhi.

Guerra d'essereWhere stories live. Discover now