2. Il serpente e la luna

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La luna d'argento dei Maledetti ammiccava al vento, orgogliosa per la magnificenza della sua sorella che splendeva alta nel cielo. Il Berto non riusciva a dormire. Stava sul ponte, con lo sguardo perso nella pianura che si apriva sempre più ampia attorno al Serpente Azzurro. Via via che la galeazza scivolava verso est, si vedeva sempre più spesso la luna riflessa in acquitrini, laghetti e fiumiciattoli, seminascosti da rigogliosa vegetazione.

"Non riesci a dormire?" pigolò l'Ercole poggiandosi sul corrimano.

"No" sospirò il Berto, respirando l'aria sempre più pregna di mare.

"Bè non sei il solo. Il Capitano ha il mal di mare, cosa che rende il suo russare una cosa drammatica."

Il Berto notò il tragico rantolare che veniva da cassero, dove il Capitano dormiva con gli ufficiali.

"Grazie per avermelo fatto notare. È bello sapere che almeno per una volta gli ufficiali sono stati più sfigati della truppaccia" disse sarcastico il Berto.

"Bè come facevo a sapere che non stessi facendo caso a questo disastro sonoro?"

"Fa niente, fa niente" tagliò corto il Berto.

"A cosa stai pensando?" chiese l'Ercole.

"A casa. A mamma, papà e alla Serena. Alla Caterina. A lei" prese a elencare lui.

"Ho sentito dire questa cosa, di come il mare spinga gli umani a guardarsi dentro. Chissà perché."

Il Berto si chiese la stessa cosa, mentre la leggera brezza notturna gli scompigliava i capelli.

"Ercole, guarda. Una luce."

Come finì la frase, una campanella suonò due volte sul cassero di prua. Un'altra, con la voce più fonda, le rispose dalla poppa. Alcuni barcari si affacciarono silenziosamente a tribordo. Qualche Maledetto, ancora non immunizzato al russare del Cuorsepolcro, posò gli occhi stralunati su quella fioca luce.

"È quasi bella" commentò qualcuno.

Come la flottiglia proseguiva, la galeazza virò leggermente a babordo, aumentando la distanza che la separava dalla luce.

"È un faro?"

"Un porto?"

"È una donna" sospirò il Berto, con voce triste.

Avrebbe riconosciuto ovunque quelle vesti bianche, che a malapena nascondevano un florido corpo femminile, con la schiena scavata piena di rami e frasche.

Quando furono abbastanza vicini da vederla con chiarezza, distinsero chiaramente un bagliore luminoso che le stava sospeso sopra la testa. Lunghi capelli scuri incorniciavano un viso di disarmante bellezza, gli occhi inespressivi. Lei si limitava a seguirli con lo sguardo, alzando leggermente una mano. Le campane suonarono ancora.

"Tutto a posto, ragazzo?"

Il Berto trasalì, quando al suo fianco apparve il Capitano Cuorsepolcro in persona.

"Signore! Sì, credo di sì."

"Straordinaria, a modo suo. Non pensi?" commentò il Capitano, il viso tirato di chi dormiva male da diversi giorni.

"È diversa. Dalla Elisabetta e le altre dell'Infelice Collegio. Perché quella luce?"

"Il mondo qui nelle pianure forse è meno selvaggio. Le acque scorrono più lente. Cionondimeno, i pericoli esistono sempre. Per questo l'ammiraglio lascia la guida della flotta al sior nochièr, nonostante non sia un nobile" disse il Cuorsepolcro, con voce sorprendentemente pacata.

Il Berto alzò lo sguardo verso il cassero, dove il nochièr stringeva uno dei due remi timonieri. Le campane suonarono una terza volta, e quello prese a cantare. La sua voce scivolò sul Serpente Azzurro e gli acquitrini, carica di significati e profondità che il Berto non capiva.

Guerra d'essereWhere stories live. Discover now