dŏlor, dolōris

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Nei meandri del mio animo,
lì dolente è, nel vano,
ove odo le grida tormentate;

un infante che tenta,
in vacuo modo, di far udir
la voce strozzata dal pianto.

Si strugge, frigna,
ma tutto nel profondo,
dinanzi agli sguardi altrui,

senza avvedersi che
sono gli stessi, a renderlo
tale piagnucolone.

Quell'infante vuol'esser coccolato,
capito, accettato e, non di certo
per dimenticanza, amato.

L'amore che ricerca lo ritrova
nelle menti altrui, o perlomeno,
pensa di ritrovarlo,

trascurando quanto,
in ogni modo, sia caro
l'amor proprio.

Orbene, avviliti,
il pensier di un attimo è
destinato a servirci:

stimar la vita diviene ostico,
allorché è il dolore il padron supremo
del proprio spirito.

P.S.
Il dolore, tanto conosciuto quanto ignoto, vero?
Questa è certamente una delle poesie più intime che io abbia mai composto; il continuo bisogno di sentirsi accettati, dopo anni di bullismo, e il fanciullino pascoliano che prova, invano, a ritrovar piacere nelle attenzioni altrui, prima di saper osservare di buon occhio la propria luce.

STRUTTURA
9 Strofe tutte terzine
versi liberi in rima e lunghezza

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