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Mi erano state promesse domeniche d'agosto con tanta neve, invece sono le tre di notte e sto sudando come un cavallo.

Come promesso da Georgia, la scorsa notte, una volta rientrato in camera, aveva trovato un opuscolo con tutte le informazioni necessarie e una mappa dell'istituto.

Invece di dormire Harry era riuscito a fare un po' di yoga e a leggere un nuovo libro. Purtroppo a Crichton non c'è nemmeno l'idea di cosa possa essere un wifi, figuriamoci un laptop, quindi il ragazzo aveva trascorso le ultime ore della notte a fissare l'orizzonte, godendosi l'alba.

Una volta essersi preparato, alle sei e mezza del mattino, decide di scendere a piano terra. L'opuscolo parla di una "gustosa colazione" alle sette e un quarto.

L'ascensore lo porta nella Hall principale e da lì cerca di farsi strada da solo con la mappa che gli è stata consegnata. Questo posto non è poi così labirintico come credeva, non è nemmeno tanto inquietante come ieri.

Da fuori ha un aspetto austero da manicomio, ma all'interno sembra un normale albergo a tre stelle con un grande giardino.

La mensa è esattamente come ieri, invece di banchi vuoti, però, ci sono delle bianche tovaglie ricamate ai bordi stese sopra ognuno di essi. Harry va a sedersi allo stesso tavolo del giorno prima, la stanza è quasi del tutto vuota se non per qualche adulto- probabilmente professori o dottori- seduto a sorseggiare tè.

Quella vista fa immediatamente ricordare a Harry il vero motivo per cui è venuto qui in primo luogo: caffè. La caffeina sembra ormai essere l'unico amico rimasto ad Harry. Nel momento in cui tutti i suoi amici hanno iniziato ad andare avanti con le loro vite e trovarsi qualcuno di più interessante con cui stare, Harry ha cominciato a soffrire sempre di più per le sue patologie. Non dormiva perché non ne aveva voglia, non perché avesse paura dei suoi incubi o non avesse sonno. I suoi incubi, quando capitava che si addormentasse accidentalmente, erano invece sempre più vividi e terrificanti.

Il caffè era quindi l'unica cosa immutata della sua vita. Non può più vedere sua madre, andare a scuola, vedere Robin, accarezzare Dusty, usare il suo telefono, guardare serie tv o ascoltare la sua musica preferita.

Prendere una tazza gigante di caffè puro alle sette del mattino è l'unica cosa rimasta.

Quindi si alza dal banco per avvicinare una tazza di polistirolo al beccuccio del caffè. Fortunatamente dietro di lui non c'è nessuno in fila, questo gli permette di prendere un altro bicchiere e riempirlo fino all'orlo. La piccola macchina ha adesso una luce arancione lampeggiante ed Harry coglie quel segno come il suo momento di allontanarsi.

"Due tazze piene fino all'orlo" dice una voce profonda che lo fa sobbalzare.

Tiene stretti i due bicchieri per paura di far cadere il contenuto, alza solo leggermente il capo, fissando il viso del suo interlocutore.
Porta una camicia a quadri blu e nera e dei pantaloni khaki, ha un bicchiere vuoto in una mano mentre l'altra è nascosta in tasca. Ha delle basette lunghissime ed è leggermente stempiato nella parte frontale della testa e porta dei baffi scuri, fatta eccezione per qualche pelo bianco.

"O ti piace da impazzire il caffè oppure non hai dormito per tutta la notte" Ha un lieve sorriso stampato sulle labbra ed Harry non riesce a capire se dovrebbe rispondere o meno, quindi rimane in silenzio a fissarlo, mentre il caffè brucia le sue mani.

"A giudicare dalle tue pupille dilatate direi che è più probabile la seconda opzione" Ridacchia e poi allunga la mano nascosta in tasca davanti ad Harry.

"Sono il dottor William Browne, scusa per averti quasi fatto buttare il tuo prezioso caffè e per averti analizzato così spudoratamente. Purtroppo dopo qualche tempo diventi così bravo nel tuo lavoro che non è più soltanto un lavoro, ma uno stile di vita" Continua a ridacchiare ed Harry sorride a sua volta, facendo capire che è tutto a posto, anche se non ha una mano libera per stringere quella che il dottore gli ha offerto.

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