-CAPITOLO 10-

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Durante il viaggio in macchina Noah ed io discutiamo su cosa fare per aiutare i ragazzi;
io avevo già in mente un piano, ma a quanto pare lui non era d'accordo con me.

«Ti devi fidare, sono sicura di me» cerco di far valere la mia idea.
«Tu non hai capito, non possiamo sbagliare. Non può andare storto qualcosa. Quei due ragazzi sono la mia famiglia» ribatte Noah addolorato.

Accosto di fretta sul lato destro della strada e mi giro completamente verso di lui.
«Guardami» mi impongo, lui fa come gli ho detto.
Gli prendo le mani tra le mie.
«Mio padre ha mandato me perché sapeva che in qualche modo sarei riuscita a salvarmi e di conseguenza salvare anche voi.
Lui si fida totalmente, ti chiedo di fare lo stesso. Noah ci proverò in tutti i modi, e non per me perché come già sai non me ne fotte un cazzo di nessuno» provo a farlo ridere.
«Ma per mio padre, perché in un modo o nell'altro lui si è affezionato a voi, anche se non lo ammetterà mai... se mi sentisse in questo momento mi ucciderebbe» rifletto a voce alta.
«Lui in me sta riponendo la sua fiducia non posso deluderlo» ribadisco decisa.

Mi guarda negli occhi per svariati minuti senza dire nulla, come se stesse cercando la risposta nei miei occhi.
«Mi fido» mi dice con un soffio di voce e con una strana luce negli occhi.

«Dobbiamo essere veloci altrimenti ci scopriranno» aggiunge.
«Giusto, ho pensato anche a questo» lo vedo rilassarsi notando che ho realmente pensato a tutto.
Gli lancio il mio telefono, mentre io prendo tra le mani il volante e torno in strada per tornare a casa.
«Dentro la cover del telefono ci sta un bigliettino con su scritto un numero, è quello della signora Amélie. Mandale un messaggio dove le chiedi di tenere gli uomini di Scar il più possibile impegnati così da non far capire a loro che non siamo riusciti a scappare e ovviamente falle presente che sono Jolanda».

Ci mette più del previsto e quando mi giro verso di lui sta sorridendo, dopo poco capisco il motivo.
«Hai pensato veramente a tutto e mi sorprende che tu abbia elaborato tutto questo in così poco tempo e soprattutto mentre stavamo facendo molto altro» mi porge il telefono.
«Te l'avevo detto che ho tantissime qualità, sono anche multitasking; mentre faccio una cosa sto pensando ad altre venti cose» gli faccio un occhiolino.

Guido più velocemente possibile per arrivare a casa, sperando che la signora Amélie riesca a fare quello di cui noi abbiamo bisogno.

Freno di brusco davanti all'entrata di casa e aspetto che le persone che si occupano delle telecamere riescano a riconoscermi per permettermi di entrare.
Dopo che passano più di due minuti senza averci fatto entrare, esco dalla macchina furiosa, arrivo davanti al cancello e batto il pugno con violenza su di esso.
«Vi muovete ad aprire sto cazzo di cancello!» urlo sperando che qualcuno riesca a sentirmi.

In seguito a questa mia sfuriata sento una voce metallica rispondermi.
«Jolanda sei tu! Ti apriamo subito» dicono attraverso il megafono esterno.

Torno in macchina e appena mi siedo vedo il cancello aprirsi.
Parcheggio nel nostro garage e nell'istante in cui entro dentro casa sento qualcuno urlare.

«Signor Chevez sua figlia è riuscita a scappare, è qui!»
Neanche il tempo di dirlo che mio padre si catapulta, sempre con la sua eleganza che lo contraddistingue, da noi.

«Jolanda, sapevo che ci saresti riuscita, dove sono gli altri?» mi chiede con un sorriso vittorioso sulle labbra.
«È proprio questo il problema, non siamo riusciti a scappare, ci hanno fatto uscire per aiutare Scar con dei clienti» fermo Noah.
«Noah di questo ne parleremo dopo, ora dobbiamo aiutare gli altri. Io ho già un piano quindi dovrete ascoltarmi. Nel mentre» prendo la radio che mio padre posta sempre con se e premo il pulsante.
«Voglio che la squadra A e B si prepari perché andremo a prendere gli altri componenti di questa mafia. Tra dieci minuti vi voglio pronti in cortile dove vi dirò quello che dobbiamo fare».

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