7. Ragazzo di strada

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Maristella

Nel piccolo caffè all'angolo in prossimità del Santa Monica, il sole del pomeriggio filtra attraverso le tende di lino, creando giochi di luce sui tavolini di legno. Siedo di fronte a Francesca, con una tazza di caffè tra le mani. Osservo quei colori ripensando a ciò che è successo qualche giorno prima, ma in particolare rifletto insieme a lei sulle mie reazioni.

«Ti sei messa a piangere? Tu?»
Mi guarda sconcertata, inclinando la testa di lato.

Sospiro profondamente, cercando di trattenere le rabbia che minaccia di uscire, ogni volta che ripenso a quella situazione... Al suo atteggiamento, quello di Alessandri. È come se volessi togliere il peggio di me e non va bene.

«Sì, ero furiosa... Lo sono ancora.»

Francesca aggrotta le sopracciglia. «Posso dirti che non è da te, reagire in questa maniera? A prescindere dal fatto che tu abbia ragione?»

«In che senso?»

«Insomma, con tutte le situazioni estreme che hai affrontato fin'ora, questa è niente. In un'altra occasione avresti parlato a tu per tu con la persona interessata, chiedendo il perché di tale gesto o comunque saresti riuscita a contenere abbastanza bene le tue emozioni... Stella, tu scavi oltre la superficie, non giudichi mai all'apparenza, hai sempre visto oltre.»

«Lo so, ma questa volta è difficile. Poi lui è molto criptico, non riesco ad inquadrarlo!»
Il mio tono è pacato, ma preoccupato. Con Lorenzo Alessandri è un continuo incontro conflittuale, stiamo prendendo direzioni completamente opposte... Come si può lavorare in maniera professionale con questi presupposti?

Francesca allunga una mano per stringere la mia «riuscirai a cavartela, cerca di evitare altri conflitti ed essere il più oggettiva possibile.»

Annuisco incerta, c'è altro che mi preoccupa... La mia amica mi conosce bene e capisce al volo.
«Cosa altro c'è?»

«Mi dispiace di averlo accusato di essere un malavitoso...»
Sono subito partita a conclusioni affrettate, a prescindere dal suo comportamento, io lo avrei giudicato tale comunque.

«Sai, non hai bisogno del mio consiglio per capire che in questi casi bisogna solo parlare e ascoltare attivamente, per capire il punto di vista dell'altro...»

Già, ma con lui non riesco ad avere empatia.

Sorrido debolmente, trovando conforto nelle sue parole.

«Ci proverò, ma non so cosa ne uscirà. Ora devo presenziare al collegio docenti e poi al consiglio d' istituto. Spero solo che non ci siano altre montagne russe.»

Francesca mi restitusce il sorriso, incoraggiandomi.
«Andrà bene. E ricorda, sono sempre qui per te, qualunque cosa accada.»

『••✎••』


Attraverso il cortile, dove gruppi di docenti chiacchierano furtivamente, mi osservano e nel mentre mi dirigo verso l'ufficio della presidenza. Le porte in legno massiccio sono aperte su un corridoio silenzioso e ben illuminato. Mi fermo davanti a una porta con una targa dorata che recita "Presidenza".

Prendo un respiro profondo e busso leggermente. La porta si apre e vengo accolta da una donna elegante, forse mia coetanea.

«Professoressa Buongiorno, benvenuta... Venga si accomodi» afferma la donna con un sorriso caloroso.

Mi accomodo e noto che la sala è arredata con gusto, poltrone in velluto e un tavolino su cui sono disposti ordinatamente libri e riviste scolastiche.

«Il dirigente sarà da lei tra pochi minuti, mi chiamo Sara e sono la collaboratrice scolastica che gestisce l'ufficio della presidenza» dice offrendomi un bicchiere d'acqua.

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