13. Come rovinare le ferie

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Maristella


L'estate è volata via in un soffio, come sempre.

Mi ritrovo a riflettere su quei giorni di sole, mare e libertà mentre mi immergo nella vasca da bagno. Mancano solo due settimane al ritorno a scuola e, finalmente, non sento quella solita ansia che mi attanaglia lo stomaco. Forse perché, finalmente, sono riuscita a non pensare a Lorenzo. Devo ammettere che inizialmente ho provato un po' di nostalgia, quel quasi bacio mi aveva davvero destabilizzata, quasi tolto il sonno. Ora, invece, sembra ormai un ricordo lontano, sepolto sotto strati di sabbia e risate estive.

L'acqua calda mi avvolge come un abbraccio, e chiudo gli occhi, lasciandomi cullare dal ricordo delle onde che si infrangono sulla riva. Ma il mio momento di pace viene interrotto da un suono insistente.
Il telefono.
Squilla senza sosta, ma non è qui con me. Lo sento dalla stanza accanto, il suono che rimbalza sulle pareti del bagno.

Sarà sicuramente Sofia... Un po' di pazienza!

Sospiro, riluttante a lasciare il mio rifugio di tranquillità. Ma il telefono continua a squillare, implacabile. Alla fine, mi alzo, gocciolante, e mi avvolgo in un asciugamano.

Attraverso il corridoio, lasciando una scia di acqua sul pavimento, e afferro il telefono proprio mentre smette di squillare.

Guardo il display e il cuore mi salta un battito. È lui. Lorenzo Alessandri.

Aiuto e ora che faccio?

Dieci chiamate perse... Deve essere urgente, ma io non sono in servizio. Non lo richiamerò.

Eppure il tremolio delle mani non si placa, una tempesta emotiva mi investe peggio di uno tsunami, ancora di più ora che il telefono riprende a suonare. È sempre lui.

Cerco di calmarmi, ma sono talmente agitata che faccio fatica anche a cliccare il tasto per rispondere.

Davvero mi sto agitando per così poco? È solo una chiamata!

Respiro e rispondo con un filo di voce, cercando di sembrare il più possibile indifferente.

«Pronto?»

«Dobbiamo parlare, dove sei?» taglia corto, la sua voce è urgente.

«A casa.»

«Sono già qui, al citofono. Apri.» chiude la chiamata.

Il cuore mi batte forte mentre mi avvolgo meglio nell'asciugamano e resto impalata davanti alla porta.

Rimango paralizzata per un attimo. Poi il suono del citofono mi fa sobbalzare. Devo fare qualcosa.

«Un attimo!» grido.

Mi riprendo e corro in camera da letto, mentre lui continua a suonare insistentemente il citofono. Il suono diventa talmente insopportabile che afferro la prima cosa che trovo: un pigiama tutto colorato, con una fantasia orrenda che neanche io riesco a capire cosa significhi. Non c'è tempo per altro.

Apro la porta, ancora con i capelli bagnati e il pigiama addosso. Lui è lì, con un sorriso che non so come interpretare. Mi squadra da testa a piedi e il suo viso si dipinge in una smorfia sarcastica.

«Ma che bel pigiama!»

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Rettifico, non mi è mancato.

«Dio, dimmi che sto facendo la cosa giusta, Posso entrare?» chiede con lo stesso sguardo , anche se c'è una nota di urgenza e di panico che non riesco a ignorare.

«Ho scelta?» chiedo scocciata.

«Direi di no», sentenzia.

Entra e si guarda intorno, solo ora mi accorgo che il mio appartamento è letteralmente esploso, con i resti dell'estate sparsi ovunque: costumi da bagno appesi ad asciugare, libri letti a metà, e sabbia che sembra essersi infiltrata in ogni angolo.

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