12. Non complichiamo le cose

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Maristella

Il giorno successivo è carico di impegni e aspettative. Le attività sono iniziate da poco e già sento l'eccitazione nell'aria. I ragazzi corrono qua e là, esplorando ogni angolo del posto. Cerco di mantenere un minimo di ordine, ma è chiaro che anche io mi stia divertendo.

Dopo una breve accoglienza, ci dirigiamo verso la piscina del resort, circondata dai miei alunni e Valentino che mi tiene per mano.

L'acqua è fresca e rilassante, ma la mia mente è ancora agitata. Stamattina ero titubante su quale costume indossare, ma alla fine ho scelto quello blu, semplice ma elegante. Mi sento un po' più sicura di me ora, anche se il pensiero del dirigente non mi lascia in pace.

Perché? Pensare a lui sta diventando quasi automatico.

E proprio mentre mi immergo nell'acqua, lo vedo arrivare. Lorenzo Alessandri, con il suo sguardo magnetico e il tatuaggio del leone sul braccio che spicca sotto il sole. Il cuore mi batte più forte e i ricordi della mattina precedente mi assalgono. Cosa è realmente successo? Mi sono addormentata accanto a lui, ma i dettagli sono sfocati, come un sogno che svanisce al risveglio.

Mi avrà drogata davvero? Non può essere!

Si avvicina alla piscina e mi saluta appena con un cenno. Sembra di malumore o forse mi sta solo evitando. Quest'uomo mi sfinisce, sono stanca mentalmente, non riesco mai ad inquadrarlo. È una cosa che mi innervosisce e attira allo stesso tempo.

Devo essere lucida e non perdermi con queste scemenze!

Cerco di mantenere la calma, ma dentro di me c'è un turbinio di emozioni. Mi immergo completamente nell'acqua, sperando che il fresco mi aiuti a schiarirmi le idee. Ma so che non sarà così semplice. Mi lascio andare a qualche bracciata, cercando di dimenticare per un attimo la sua presenza.

Devo concentrarmi sui nostri alunni.

Urto qualcuno e chiedo scusa.
«Professoressa, ci pensiamo noi ai ragazzi, vada pure a rilassarsi.» dice uno degli educatori e indica il punto stesso dove è presente Lorenzo.

«Preferisco stare qui e aiutarvi.» bofonchio perché non ho alcuna intenzione di parlarci ora.

«Professoressa, qui con noi è più di intralcio che di aiuto.» mi risponde l'altra educatrice molto cordialmente.

Ok, va bene. Vado via. Messaggio ricevuto.
Sbuffo ed esco dalla piscina, fisso punti a caso, ma non verso la direzione del dirigente. Non so se mi stia guardando e non voglio saperlo. Sono già in imbarazzo così.

Mentre mi allontano dal bordo della piscina, cercando di trasmettere una falsa sicurezza, sento la sua voce sarcastica, purtroppo ormai familiare, che mi chiama.
«Buongiorno, professoressa Buongiorno.»

«Buongiorno dirigente Alessandri.» sputo con lo stesso sarcasmo.

«Devo dire che hai uno stile unico. Nuoti come una sirena,» dice con un sorriso incerto. «O forse una foca.»

Brutto sbruffone.

Rido nervosamente, cercando di nascondere il fastidio che mi ha provocato l'appellativo "foca".

«Scommetto che il tuo è più simile a uno squalo,» rispondo, ma poi noto il tatuaggio del leone sul suo braccio. «No, aspetta. Un leone! Ma non credo che sia altrettanto bravo a nuotare, potrebbe affogare.» Sorrido falsamente.

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