11° capitolo: La prigione

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Le guardie si trascinavano dietro i poveri ragazzi, ingiustamente legati da quelle pesanti manette, attraverso i bui corridoi del carcere. Le porte con le spesse inferriate arrugginite, l'odore stantio di ricordi e pianti lasciati ammuffire, i cigolii, l'eco di ogni parola: quel posto era esattamente come Thrax lo immaginava. Corridoi infiniti, tutti identici gli uni agli altri, fotocopie sbiadite di immagini di terrore ed angoscia che vivono stampate nell'immaginario collettivo. Piani su piani, issati su pericolanti scale in ferro battuto, da bulloni scadenti. Ogni tanto qua e là si incontrava qualche guardia, con la loro divisa impeccabile, i manganelli, i teaser e le pistole nella fondina della cintura in pelle. E quello sguardo risoluto che lascia trasparire una perfetta miscela di superiorità, stronzaggine e forse un briciolo di compassione. E tutti i detenuti insaccati in quelle tute arancioni, che gli calzavano o troppo grandi, o troppo piccole, e li facevano apparire veramente ridicoli. Le pareti delle celle sembravano muri del pianto. I mattoni grigi a vista, incollati l'uno all'altro da una malta biancastra di pessima qualità, che con un dito si riusciva già a scrostare via, erano affrescati da incisioni, graffiti e segni neri di carboncino. Chi scriveva date, chi ricopiava frasi di libri, chi contava i giorni, chi apriva sulle pareti intricatissimi e stupendi disegni, talmente impressionanti da apparire quasi come squarci fotografici rubati alla realtà ed incollati in bianco e nero a quei muri quasi come una finestra di evasione dalla dura e nuda verità. "Per credere alla verità bisogna vederla. Ma la verità dipende dai punti di vista" mai nessun detenuto aveva scritto una frase così azzeccata e che Thrax sentisse pesante in cuor suo. Ogni passo in quei corridoi era per lui un patimento immane.

In tribunale nessuno aveva avuto pietà di lui, nessuno. Mentre saliva i gradini sconnessi un nodo gli salì alla gola al solo ripensarci. Ci era arrivato sconvolto in centrale, non connetteva più, né capiva più un accidente. La sua testa era ferma, immobile all'immagine del migliore amico esanime nella vasca da bagno. A quegli occhi bianchi spenti.

Le guardie lo spintonarono in quel labirinto di celle e visi ingrigiti dalla polvere. Thrax li guardava con quei suoi occhioni verdi sconvolti, senza nulla da dire o da fare. Sapeva di essere sotto la loro totale autorità, e questo gli faceva un profondo schifo. Odiava non avere controllo sulle situazioni e dover dipendere da qualcun altro. Voleva sentirsi libero di costruire la sua strada, fare le sue scelte, di vivere. Ma ora di certo non poteva, fantoccio, burattino, nelle mani degli arroganti e cinici agenti. E questo lo tormentava e lo affliggeva dentro come un coltello aguzzo che gli si rigirava vorace nello stomaco. Nemmeno da Joel Thrax prendeva ordini, nemmeno da lui, nonostante lo considerasse un po' come il suo fratello maggiore.

Thrax ci era proprio cresciuto insieme a Joel. L'aveva conosciuto quando erano ancora piccolissimi, a 2 anni giocavano insieme nella culla, a 6 lui gli aveva insegnato ad andare in bici senza le rotelle e a giocare a calcio, anche se a Thrax non piaceva molto, ha sempre preferito il basket. Quando avevano 10 anni si erano tagliati i capelli allo stesso modo, con quel ciuffo riccio sugli occhi che andava di moda in quel periodo. La scuola? Assolutamente in classe insieme, da sempre, e per sempre. Thrax si impegnava tantissimo per avere buoni voti, ma inutilmente, e finiva per piangere sulla spalla di Joel che invece stava più fuori che a casa sua e puntualmente se la cavava anche con buoni risultati. A 13-14 anni poi avevano sperimentato insieme i primi amori, ma mentre Joel non era un ragazzo da relazioni serie, e passava da fiore in fiore, senza troppo rifletterci ma con l'unico obbiettivo di vivere ogni momento e divertirsi ("Meglio bruciare in fretta, che spegnersi piano" come diceva), Thrax era rimasto folgorato ed ustionato dal suo primo amore, che era stato per lui tanto patito e doloroso da rendergli impossibile per anni su anni innamorarsi veramente di nuovo. O almeno lui era così che diceva, eppure Joel lo sapeva bene che quello che mancava al suo migliore amico non era l'amore vero e proprio, ma la fiducia. Era bloccato, braccato, paralizzato dalla paura. Ed anche in quei momenti bui lì chi c'era? Proprio Joel. E poi i quindici anni. I quindici anni. Per Thrax erano stati L'ANNO. È come se tutto fosse cambiato così all'improvviso, come se lui quasi senza rendersene conto avesse fatto una metamorfosi fisica e mentale totale, senza lasciare niente a parte le pelli morte dietro di sé del ragazzino che era prima. Era incominciato tutto da quelle cannette stupide che Joel aveva iniziato a fumare d'estate. I primi drink, le prime serate, le prime droghe, le prime cazzate, le prime nottate di sesso. La prima volta che Joel gli aveva fatto la rasata. Conseguenze? Litigi con i suoi genitori, casini a scuola, casini con gli amici di sempre. Casini ovunque. Thrax si era sentito soffocato. E proprio lì, a salvarlo come due angeli venuti dal cielo: Joel. E poi col tempo il crescere l'aveva portato lontano dalla famiglia, dagli amici e da quella che capì essere la vera felicità che stava lentamente perdendo.

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