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Si recò al posto del giorno precedente e con una strana meraviglia, si rese conto che erano tutti lì. Grazie alla Reflex riuscì a scorgere quel ragazzo che l'aveva beccata lì, a scattare foto. Pensava che sarebbe stato bello chiedere loro il permesso di poter stare più vicino, in pista, per scattare meglio.
Pensava che in fondo non c'era niente di sbagliato e che gli avrebbe concesso tutti i diritti del mondo, in cambio di qualche scatto migliore.
Incominciò a scattare e rimase lì a lungo.
Per fortuna non si erano accorti della sua presenza, pensò.
In quel momento si rese conto che il famoso ragazzo era sparito dalla sua visuale, fin quando il suo pensiero non venne spazzato via dalla sensazione di una mano sulla sua spalla, che le pressava leggermente.

« Sai che qui non potresti starci? »

A quella voce le si bloccò il cuore per un paio di secondi. Aveva paura di chi potesse essere quella voce. Si voltò, e trovò lui. Il ragazzo che l'aveva scoperta.
Felicity sgranò gli occhi e continuò a guardarlo con aria stupita.
« Hey, ti senti bene? » - e le passò la mano davanti agli occhi.
Poi continuò: « Qui non potresti starci, ci sono delle regole e gli altri non tollerano finti "paparazzi". »
« Sì, le so le vostre regole... » - rispose abbassando lo sguardo.
« E allora perché sei tornata di nuovo oggi? Le foto di ieri non ti sono bastate? » - le chiese.
« In effetti no. » - alla sua risposta, Felicity notò sul viso di quel ragazzo un'aria abbastanza diversa.
« Vattene! » - le urlò. Aveva strillato così tanto che gli era sbucata la vena sul collo. Era così evidente che Felicity gliela toccò leggermente: aveva un debole per le vene sporgenti.
Era spaventata per cosa le avrebbe detto, ma non se ne curò.
Appena Felicity appoggiò le sue dita sulla vena, lui le prese il polso e glielo strinse forte.
« Non farti rivedere più, chiaro? » - strinse i denti e anche il suo piccolo polso.
« Mi stai facendo male... » - protestò Felicity.
« Mi hai ascoltato? Non venirci più. »
Lei lo guardò: aveva gli occhi lucidi. Prese la sua roba e se ne andò. Dopo un paio di passi si girò e lo guardò. Non aveva più quell'aria da prepotente e da cattivo.
Sembrava dispiaciuto.
Lui abbassò lo sguardo e se ne andò, passandosi la mano tra i capelli. Lei lo guardò andare via e, in quel momento, decise di raccogliere i pezzi del suo sogno andato in frantumi.

Non riusciva a capacitarsi del perché di quell'atteggiamento nei confronti di una ragazza sconosciuta.
Non riusciva a capacitarsi del perché vi erano delle regole così stupide e insensate.
Non riusciva a capacitarsi del perché le aveva urlato contro.
Non riusciva a capacitarsi del perché tutto quello la stava ferendo.

Tornò a casa, e si buttò sul letto. Rimase lì fino al mattino successivo, domandandosi come mai ci era rimasta male per un ragazzo di cui non sapeva neanche il nome.
Le scese una lacrima che le rigò il viso.
Il suo polso era diventato violaceo. Le si era rotto precedentemente a causa di una caduta ed era diventato sensibile a qualsiasi stretta, così diceva.

Le cose che non ti ho detto maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora