Con la testa abbandonata sul bancone di metallo sudicio all'interno di un buio e poco rispettabile bar di periferia, una giovane ragazza dai lunghi e mossi capelli biondo miele dorato stava tentando di ricostruire quella serata nella propria mente.Aveva smesso di preoccuparsi di ciò che si trovava attorno a lei.Per quanto si sforzasse, tutto ciò che riusciva a ricordare era il modo in cui aveva ingurgitato tutti quei bicchierini di superalcolici, uno dopo l'altro.Quanti ne aveva bevuti? Quanto aveva speso? Le domande si susseguivano nella sua testa, ad una velocità quasi folle. Una velocità impossibile da raggiungere per la sua testa appesantita ed inebetita dall'alcool. I suoi occhi azzurri leggermente a mandorla erano socchiusi e le labbra erano sigillate in un sorrisetto demente. Puntò cocciutamente i palmi delle mani sul bancone, nella vana speranza di riuscire a sedersi normalmente.Ma non appena sollevò la testa di qualche centimetro tutto cominciò a girarle attorno.Era una sensazione inspiegabile: La testa era leggera come un palloncino che volava in alto nell'immensità del cielo, ma allo stesso tempo pesava come un macigno.Per quanto si sforzasse di mettere a fuoco l'ambiente circostante, ad ogni tentativo la sua vista diveniva sempre più appannata.Sospirò, abbandonando nuovamente la testa sul bancone, pesantemente.Chiuse gli occhi. Doveva riuscirci. Voleva capire com'era arrivata al punto di perdere il controllo,Voleva sapere cosa le causava quella stretta al cuore che nonostante l'ebrezza non accennava a scomparire. Doveva ricordare. Una sorta di paura si fece strada tra i meandri aggrovigliati della sua mente: E se fosse stato meglio non saperlo mai?Sbuffò rumorosamente, riconoscendo la codardia dei suoi stessi pensieri.Sapeva che in ogni caso l'avrebbe ricordato. La sbronza non sarebbe durata in eterno,per quanto lei in quel momento potesse desiderarlo.Ad un tratto, qualcosa fece cambiare repentinamente il suo atteggiamento.La ragazza alzò lentamente -ma con decisione- la testa di colpo,Facendo leva sui gomiti saldamente puntati sul freddo bancone.Vedeva solo macchie sfocate, ma non era importante in quel momento.Tutto ciò che voleva era rievocare alla memoria ciò che era riuscito ad annientarla nel peggiore dei modi, ciò che era riuscito a farla scappare.Sì perché, in qualsiasi luogo si trovasse, era sicura di non essere nella propria città.Avrebbe avuto tutto, nella sua città. Non avrebbe avuto bisogno di buttarsi sull'alcool, né tantomeno di prendere scappatoie dalla realtà.Alison Vanderwaal aveva avuto tutto dalla vita.Era stata la ragazza più popolare della città. I ragazzi la volevano ad ogni costo,e le ragazze volevano essere lei. Dettava letteralmente legge,e nessuno osava mai intralciare il suo cammino o opporsi alla sua volontà. Nessuno poteva avvicinarsi al suo cuore di ghiaccio, o sciogliere quel sorriso falso che aveva portato ovunque con sé per anni allo scopo di apparire come la ragazza perfetta.Lei poteva ferire tutti a suo piacimento, mentre gli altri non si azzardavano nemmeno a guardarla in faccia senza balbettare, indipendentemente dal loro sesso.Eppure sentiva che in quel racconto –per quanto confusionario-perfetto, mancava qualcosa .Qualcosa sfuggiva alla sua mente, e al suo controllo.Era sicuramente ciò che le aveva fatto perdere la sua fierezza,ciò che lei si era impegnata così ardentemente di annegare nell'alcool: «Puah, dovrei farla finita con queste paranoie da sfigata! ».Strillò all'improvviso , biascicando ogni parola, con lo sguardo fisso davanti a sé, perso chissà dove. Poi la consapevolezza si fece strada tra lo zoppicante vortice dei suoi pensieri, come un serpente velenoso pronto a morderla,diretto al suo cuore.«Farla...finita... ».Sussurrò, nuovamente. La consapevolezza cominciò a definirsi sempre più, e quando quasi per magia la verità prese forma davanti ai suoi occhi,la investì come un treno in corsa. E allora ricordò, eccome se ricordò.Il bellissimo viso di quella che era stata la sua migliore -ed unica vera- amica...Tutto ciò che avevano passato assieme. Il loro primo bacio.Le bugie, le liti, la fiducia che quella ragazza aveva riposto in lei,la stessa che lei era sempre riuscita a tradire.Per qualche secondo, fu come se il tempo si fosse fermato.In quella manciata di secondi, si sentì orribilmente lucida.E così, riconobbe il suo fallimento.Cominciò a tremare vistosamente, ricordando l'espressione dell'unica persona che al mondo avesse mai provato sentimenti veri nei suoi confronti,mentre le diceva addio.-Non ce la faccio più così, Ali...-Aveva detto lei con le lacrime agli occhi e la voce tremante.-Dobbiamo farla finita-.Aveva ripetuto poi, con maggiore sicurezza, mentre si voltava per fuggire,Abbandonando la bionda sola, mentre la brezza della notte scompigliava i suoi capelli.Alison non aveva fatto nulla. Non l'aveva fermata, non le aveva detto la verità,l 'unica verità.Ovvero che Ali l'amava. L'amava più di qualsiasi persona o cosa.Avrebbe fatto di tutto per averla accanto, per proteggerla.Eppure non era riuscita a muovere un muscolo,Mentre vedeva allontanarsi passo dopo passo la sua unica chance di salvare il suo cuore.Ecco qual' era la verità: Lei l'amava ,e senza di lei si sentiva morta.Oramai era un' ape regina senza più il suo pungiglione.Quasi senza accorgersene, aveva cominciato a piangere.Aveva rovinato tutto, era tutta colpa sua, non aveva più scuse.Sorprendentemente però, un nuovo ed improvviso sbalzo d'umore spense definitivamente quel momento di lucidità.Batté rabbiosamente il pugno sul bancone.«Io....non sono omosessuale. Sono etero. Non ho un problema. Io non amo nessuno, solo me stessa».Farneticava, giustificandosi con l'ennesima bella bugia e portando avanti un monologo ad alta voce al quale nessuno prestava attenzione. Ebbe un moto di stizza a quel pensiero.Come diamine poteva essere possibile che qualcuno non le prestasse attenzione? Lei era la regina dell'attenzione, Aveva tutto. Già...verbi al passato. Era...aveva.Alzò l'ennesima banconota e subito il barista riempì altri tre bicchierini,posandoglieli davanti. E ora che avrebbe fatto? Ora cosa era? Dove sarebbe andata? Le tempie cominciarono a pulsarle. Non aveva nemmeno un posto dove tornare. Non aveva più una famiglia, degli amici, un ruolo nella piramide sociale.Chissà chi aveva preso il suo posto e tutti si erano dimenticati di lei in fretta.Era sola e disperata, ubriaca, e negava l'evidenza di una realtà che la stava lentamente schiacciando. Il trucco aveva cominciato a colare dagli occhi, copiosamente, sul viso.Non aveva più motivazioni né tantomeno mezzi per andare avanti.Voleva ancora essere la Ali che conosceva meglio, quella che tutti conoscevano.La ragazza perfetta, la reginetta al di sopra di tutto e tutti.Ma la verità era che grazie a quella sé stessa aveva perso tutto, e ora tutto le era crollato dritto in testa. Doveva recuperare sé stessa, il suo carattere, prendere in mano la sua vita.Ma ormai non aveva più risorse. Era soltanto una ragazza in un bar malfamato.Una ragazza sbronza e disperata, che non riusciva a riunire i tasselli di una vita da ricominciare.Vuotò nuovamente il contenuto dei bicchierini che aveva davanti, ognuno in un rapido sorso.Tossì, e per qualche secondo le mancò l'aria. Ma poi si riprese, e ne ordinò altri, ed altri, ed altri ancora. Si sentiva sempre più annebbiata, come se l'avessero abbandonatain mezzo all'oceano durante una tempesta. Voleva risalire disperatamente,ma non aveva appigli. Dove e come poteva trovare un nuovo inizio?Era già tanto se fosse riuscita a raggiungere la porta del bar quando l'avrebbero chiuso,cacciandola fuori. Si era sempre considerata invincibile, quasi una dea.Ma da quando era partita tutto ciò che aveva fatto era stato autodistruggersi con quel dannato alcool, strizzata in un vestito nero semitrasparente, da cocktail.Con il trucco colato, e una vita divisa in pezzi come uno strano e spaventoso puzzle.Al quale mancava il pezzo più importante, quello senza cui nulla avrebbe avuto senso,senza il quale l'immagine non era e non sarebbe mai stata nitida.Mandò per l'ennesima volta al diavolo quel pensiero, e seguitò a bere.Voleva spendere tutto ciò che aveva così, voleva passare la vita in un bar.Voleva perdere la coscienza delle azioni commesse che l'avevano portata lì,non voleva fare più nulla così non avrebbe più perso, non avrebbe più sbagliato.Ma non si accorgeva che la cosa più sbagliata che poteva fare, era proprio quella che stava facendo,lasciarsi andare senza lottare come una sessantenne sull'orlo della vecchiaia, mentre era solo una diciannovenne che aveva incasinato la propria vita,come era capitato a molte, e che molte avevano superato.Ma allora perché lei non ci riusciva? Lei era stata un tempo il modello di tutte loro.E adesso invece era lì che non sapeva nemmeno far fronte ad una tragedia annunciata. Sapeva il motivo per cui esattamente un anno prima era scappata da Rosewood.Nessuno doveva scoprire, nessuno doveva sapere. Soprattutto Emily.Se lei avesse saputo dei suoi sentimenti avrebbe lottato per stare con lei. E non se lo poteva permettere. Ma adesso aveva davvero paura.In cosa diamine si era cacciata? Non sapeva nemmeno se ne sarebbe uscita viva.Cominciò nuovamente a singhiozzare, incurvando la schiena sul bancone e appoggiando la testa sulle proprie braccia conserte ed appoggiate ad esso. Se le persone che una volta l'avevano osannata l'avessero vista,-specialmente la sua famglia- le avrebbero regalato un biglietto di sola andata per il Radley Sanitarium, ne era sicura. Cambiare nome e colore di capelli non le era servito a molto.Certo, era servito a sparire come lei desiderava, e a farsi dare per morta.Ma non riusciva ad ingannare sé stessa. Dentro di sé, lei era sempre Alison Vanderwaal.Aveva smesso di esistere per tutti. Ma non per lei. Mentre stava per ordinare l'ennesimo bicchiere, qualcosa le gelò il sangue. Tre energumeni pieni di tatuaggi e alti quasi il doppio di lei si erano avvicinati al bancone. Uno di essi le appoggiò una mano sulla spalla, e lei avvertì il suo alito alcolico pur avendo la testa abbassata. Era troppo debole per opporsi, troppo stordita. Lui le scostò i capelli dall'orecchio e biascicò con fare da maniaco: «Ehy....bambolina.... ». Aveva un forte accento russo. Il tono che utilizzò e le risate dei suoi amici alle sue spalle le fecero ghiacciare il sangue nelle vene. Avrebbe voluto alzarsi, ma non riusciva, era come se il suo corpo fosse fuori controllo.Aveva una preparazione fisica eccellente col lavoro che si era trovata, ma quel fisico ormai era debilitato per la notte di bevute.Continuò, accarezzandole la spalla e non dando segni di voler demordere. «Ti va di fare festa con noi?.. lo so che ti va, su, vieni ». Le cinse la vita con un braccio e le spalle con l'altro. Lei singhiozzò più violentemente mentre lui la sollevava. Non voleva seguirli. Ne aveva paura, sapeva cosa la attendeva.Non aveva mai pensato di poter aver bisogno di qualcuno.Nessuno avrebbe mai preso Alison Vanderwaal di peso per abusare di lei.Ma quella non era Rosewood, quel bar di delinquenti non era il liceo,e il suo nome non era più Alison.Maledì sé stessa mentalmente, ora poteva solamente implorare di essere lasciata andare. Era sempre stata una ragazza intelligente, e sapeva che non avrebbe funzionato, ma ora il panico bloccava ogni suo muscolo. E così si lanciò sulla sua ultima possibilità, ben sapendo che non sarebbe cambiato nulla. «N-on voglio.....lasciami andare....ti prego... ». Disse con voce flebile e con le lacrime agli occhi. In tutta risposta, lui spostò la mano sul suo sedere e le sussurrò appoggiando le labbra al suo collo: «Meglio, così sarà ancora più divertente ».
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But you won't see me fall apart, cause i've got an elastic heart.
FanfictionAlison Vanderwaal aveva tutto dalla vita. Era l'ape regina, e tutti i ragazzi la volevano. Le ragazze, invece, volevano essere lei. Il mix ideale di cattiveria e bellezza che faceva girare la testa a chiunque. Fino a quando non dovet...