NEL CAPITOLO PRECEDENTE
Alison, che in realtà non e morta e che ha solo cambiato nome in Alizée Clèophèe Balancier e colore di capelli da cioccolato a biondo miele trasferendosi a San Pietroburgo, si trova in un bar e si ubriaca per non pensare a tutto quello che ha perso, soprattutto al modo in cui ha lasciato andare Emily nonostante il forte amore che prova per lei, sta quasi per ammettere con se stessa di essere omosessuale ma poi si riscuote e torna a mentire a sè stessa per non dover affrontare la cosa, riprendendo nuovamente a bere.
Poi pero un gruppo di malintenzionati si avvicina essendo il bar molto malfamato, e uno di loro le fa delle avances. Lei rifiuta ma lui e determinato a prendere ciò che vuole anche senza il suo consenso, e cerca di portarla via dal bar avendo una stazza molto più massiccia di quella della ragazza, che normalmente saprebbe come difendersi, ma che in quel frangente non riesce a fare nulla poiché ha bevuto troppo.
Quello che la ragazza non sa e che anche Emily Fields e a San Pietroburgo, poiché durante il telegiornale stavano intervistando persone in piazza a San Pietroburgo e lei ha visto una bionda molto somigliante ad Ali passare dietro alla telecamera, cosi ha cercato il servizio su internet ed ha guardato da vicino e la somiglianza era impressionante. Cosi decide di partire, e trova quella ragazza bionda, la segue per tutto il giorno fino a fermarsi fuori dal bar, chiedendosi se fosse giusto avvicinarla, poiché non e sicura del fatto che sia Alison, e ha paura di fare la figura della pazza, ma vedendola bere si preoccupa perché spera che sia Ali.
Quando vede che quel tizio losco la sta importunando, non ci vede più dalla rabbia ed entra, conciando per le feste prima lui e poi i suoi altri amici, armandosi di un boccale di birra rotto e poi scappando sorreggendo Alison a se. Ali la riconosce e confusa come se volesse capire se Em sia reale o no sussurra il suo nome, Emily, toccata dalla scena nonostante tutta la rabbia e la tristezza provata a causa di Alison, si commuove sussurrando il suo nome rendendosi conto di amarla ancora nonostante tutto.{Ore 10:55 AM}
Sdraiata nel letto della stanza d'albergo, Ali sentiva qualcuno abbracciarla delicatamente dalla schiena. Era una sensazione piacevole. La ragazza si trovava in uno stato di dormiveglia,
e faticava persino a ricordarsi dove si trovava. Sentiva il respiro regolare di un'altra persona,
ancora profondamente addormentata. Cercava di ricostruire gli eventi nella propria testa.
Aveva un vero e proprio buco di memoria su quanto seguiva il momento in cui quei tre
energumeni le si erano avvicinati. Non ricordava come era arrivata dove si trovava,
e una scarica elettrica di pura paura scese lentamente dalla sua schiena.
Che quegli animali avessero approfittato di lei portandola chissà dove per farle chissà cosa?
Ma durò solo qualche secondo. Il tocco della persona dietro di lei era delicato e dolce,
e il respiro era un soffio a malapena udibile. Non poteva essere uno di loro.
Ma allora chi era? Alle sue narici arrivò un buon profumo, di lavanda.
Sembrava provenire dalla persona dietro di lei. Il tocco di quelle mani delicate la confortava,
la faceva sentire quasi a casa sebbene vivesse da un hotel all'altro da quasi un anno.
La testa girava leggermente, portava ancora i segni della sbronza della sera prima.
Ma come aveva fatto quella persona a portarla lì? Perché era rimasta, al posto che scaricarla sul letto ed andarsene? In quel momento però, forse, preferiva non saperlo.
Preferiva inspirare quel dolce odore a metà tra il sonno e la veglia, sentirsi protetta
da quel tocco leggero e da quel dolce respiro. Si sentiva come se stesse ancora sognando,
su una soffice nuvola sospesa vicino al sole. Era come volare, una sensazione
di sicurezza che non si ricordava più di aver sentito in vita. Quel profumo le ricordava l'infanzia,
l'estate, i suoi ricordi spensierati e felici. La sua città natale, il suo gruppo di amiche.
Le feste, le nottate a parlare, i pop corn, i pigiama party. Le corse nei campi di fiori.
Quando lei e le sue amiche guardavano i film horror e poi dormivano tutte strette
le une alle altre per la paura. Quei ricordi andati che lei pensava non sarebbero mai tornati,
Ora era come se fossero lì con lei, avvolgendole il cuore mentre accennava un sorriso.
Non era certa di volersi svegliare e scoprire di chi si trattava, quella pericolosa realtà
che si ritrovava a vivere a soli diciannove anni le stava stretta. Si era infilata in qualcosa di più grosso di lei, e spesso sentiva il peso su quelle giovani spalle, più di quello che chiunque
avrebbe potuto sopportare. Non poteva tirarsi indietro, avrebbe rischiato troppo.
Ma anche continuando avrebbe potuto subire una punizione davvero grave.
Non voleva più guardarsi allo specchio, uscire dall'hotel e chiedersi se ci sarebbe tornata viva,
ma se si fosse ribellata era sicura che questa volta sarebbe morta per davvero.
E non morta come quando era scappata da Rosewood, ma seppellita sotto tre metri di terra.
Cercò di allontanare quei pensieri, non voleva rovinare quel momento quasi magico.
Non le importava di chi fosse, la stava tenendo al sicuro e per lei era abbastanza.
Era quasi sicura che la persona in quel momento accanto a lei l'avesse salvata
dai tre malintenzionati, la sera prima. Sentiva che in qualche modo quella era una persona vicina a lei, qualcuno a cui lei aveva tenuto molto e che aveva tenuto molto a lei.
Per questo era convinta di stare ancora dormendo. Pensava di essere bloccata in una specie di sogno perfetto dove il passato e il presente si mescolavano, creando una specie di pseudo-futuro,
una specie di sogno dove rifugiarsi e nascondersi dal dolore e dalle preoccupazioni,
e soprattutto dalla propria coscienza che sebbene assopita, bruciava sotto a tutte le colpe di cui si era macchiata. Le piaceva quel sogno, decise di restarci.
Voleva restare sospesa in quella luce, in quella sensazione di purezza, sotto l'ala protettrice di chi l'aveva salvata. Magari non era nemmeno uscita di casa, e tutti i ricordi confusi che si disperdevano a macchia d'olio nella sua testa ,erano semplicemente frutto
di uno strampalato sogno. Magari non era mai stata a bere in quel bar,
non aveva mai fatto quel monologo, e quei tizi non si erano mai avvicinati a lei.
Una parte di sé voleva credere fermamente che fosse stato tutto frutto della sua immaginazione,
perché se fosse stato tutto vero non poteva permetterselo.
Non sapeva chi fosse la persona che l'aveva salvata, non ricordava, oppure il suo cervello
le vietava di ricordare per motivi a lei ancora sconosciuti.
Sapeva che se quella persona era lì veramente, lei avrebbe dovuto allontanarla.
Non poteva permettersi di voler bene a qualcuno nella situazione in cui era.
Stava in un precario equilibrio, camminava perennemente in bilico, come sospesa su una corda immaginaria che univa una roccia con l'altra, e sotto la quale c'era uno strapiombo.
Portarci qualcun 'altro avrebbe significato perdere l'equilibrio, cadere, e condannare entrambi a morte .Per quanto potesse essere egoista, non era più la ragazzina che padroneggiava alla Rosewood High School .Aveva accettato un incarico che doveva portare a termine.
Conosceva i rischi che poteva correre, e li aveva accettati tutti. Ma trascinare in quel vortice
qualcuno di innocente la cui unica colpa era essersi affezionata a lei ,sarebbe stato troppo cattivo persino per una come Alison. Se doveva cadere, sarebbe caduta sola.
Non sopportava l'idea che le sue scelte potessero mettere fine alla vita di qualcuno
che voleva starle accanto. Non poteva dire la verità a nessuno.
Non doveva esporsi, doveva accantonare i sentimenti. Le regole erano state chiare fin dall'inizio,
come il fatto che quello ormai non era più il suo gioco. Lei era come una pedina,
Una pedina fondamentale, come una regina in scacchi, ma era pur sempre una pedina.
E come tale doveva agire, non chiedere, non sentire, non provare. Agire. Solo questo le era stato richiesto, stare agli ordini. E gli ordini erano, per prima cosa: non dare confidenza a nessuno che non fosse utile al fine del lavoro. Non avere una dimora fissa. Non discutere gli ordini,
portare rispetto e non farsi beccare .Doveva allenarsi ad essere insensibile ,distaccata,
a recitare e nulla più. Era ciò che aveva sempre fatto, ma la posta in gioco non era mai stata così alta, e le sue azioni non erano mai state così gravi.
Nel frattempo qualcosa cambiò. Avvertì un movimento da parte dell'altra persona,
che si scostò leggermente da lei, girandosi a pancia in su e stiracchiandosi.
Dopo qualche secondo, Ali riconobbe la voce della persona che l'aveva abbracciata,
e tutto le tornò in mente. Era Emily. Era stata lei, a salvarla da quei tre. Era stata lei, a portarla in braccio fino all'hotel. Era stata lei a cambiarla mettendole il pigiama, ad abbracciarla e cantare per lei fino ad addormentarsi. Quello alla lavanda era sempre stato il suo profumo preferito.
Quanto era stata stupida...a non capire subito di chi si trattava.
Il suo cuore cominciò a battere più velocemente, ricordando il modo in cui la ragazza
si era presa cura di lei. Ma poi fu investita dalla realtà come da un secchio di ghiaccio rovesciato in testa. Non poteva rimanere lì. Le venne una fitta al cuore, quando pensò al fatto che doveva nuovamente rinunciare alla persona che amava, e non poteva nemmeno dirle il motivo per cui lo faceva. Si mise seduta, mentre il mal di testa aumentò, espandendosi fino alle tempie e schiacciandole dall'interno, facendole pulsare. Tossì, cercando di darsi un tono.
Dovette sforzarsi in tutti i modi per non scoppiare a piangere, mentre diceva quello che doveva dire .Avrebbe voluto abbracciarla abbandonandosi ad un pianto sul suo petto, consumarle le labbra di baci e sussurrarle la verità nell'orecchio .Ma quello non era un sogno,
era la dura realtà ed Emily meritava di essere protetta, e soprattutto di avere salva la vita.
«Muoviti, Em. Te ne devi andare. »
Emily rimase sorpresa, e ferita da quell'affermazione.
Ma non fu quello a ferirla .La cosa che la ferì di più era il tono. Freddo, distaccato, arrogante.
Era quel tono ,quello che aveva sempre usato con quelli che riteneva di troppo, o inferiori.
Non capiva perché lei la stesse trattando in quel modo. Solo la sera prima si era appoggiata a lei, era rimasta abbracciata a lei mentre dormiva. Si era commossa alla sua vista,
e c'era amore in quegli occhi azzurri che ora erano freddi come il ghiaccio e taglienti come
un pugnale. Si sentiva mancare il respiro, come se qualcuno le avesse dato un forte
pugno nello stomaco, di quelli che ti fanno perdere l'equilibrio.
Lentamente, si mise a sedere, guardando Ali .Lei era lì di fronte a lei, con quel suo fastidioso
sorriso insensibile e furbo ."Muoviti, te ne devi andare''. Quelle parole riecheggiarono nella sua mente, ancora e ancora. Era rimasta così scossa, che non riusciva a muovere un muscolo.
Si limitava a fissare la Ali che aveva sempre conosciuto. Quella che sempre l'aveva ferita,
quella che aveva tradito la sua fiducia. Quella che nonostante tutto non avrebbe mai voluto lasciare allora, e che non voleva lasciare nemmeno adesso .Sapeva che c'era qualcosa che non andava in lei. Poteva giocare a fare la forte, ma lei sapeva che non era questo il suo desiderio.
C'era qualcosa di strano in lei. Era una certa maturità, una certa impostazione dei movimenti.
Si domandava come potesse essere cresciuta tanto in un solo anno.
Che le era capitato? Perché non aveva una casa? Lei sembrava impaziente, radunava i vestiti che Emily aveva sostituito con una camicia da notte presa in prestito dal comodino,
li piegava. La stava cacciando, eppure non aveva il coraggio di guardarla in faccia.
Ali non alzò lo sguardo nemmeno una volta mentre radunava le cose di Emily e le ammassava sul letto attorno a lei. Non rispondeva alla ragazza che la chiamava per nome,
muoveva nervosamente le mani, sempre più velocemente ad ogni sua chiamata.
Sembrava terrorizzata da lei. Come se al posto di Emily vedesse un fantasma, un mostro, un demone .La teneva a distanza come se toccandola o rivolgendole la parola avesse preso la scossa, o la lebbra. Ripeteva in continuazione che se ne doveva andare, che non era quello il suo posto,
che aveva frainteso e che lei non la voleva tra i piedi. Che le cose non erano cambiate.
Parlava velocemente, come a fare un isterico monologo.
Emily poggiò la sua mano attorno al polso di Ali, fermandola dal piegare la sua maglia
per l'ennesima volta, alzando gli occhi verso quelli della ragazza, lentamente per poi dire con la voce scossa e spezzata da un accenno di commozione che le velava gli occhi scuri:
«Che ti succede, Ali? »
Chiese lei, con la voce tremante ,Non era sicura di volerlo sapere.
Si chiese se non fosse stato meglio saperla morta davvero.
Quel pensiero distrusse totalmente il suo animo. Le lacrime cominciarono a scendere copiose sul suo volto, mentre Ali non si muoveva più di un millimetro.
Sentiva come se mille pugnali le si fossero conficcati nel cuore allo stesso tempo.
Aveva ferito di nuovo la sua Em. Lei non andava bene per quella ragazza così bella, fragile e perfetta. Avrebbero dovuto essere come il fiore e la sua spina ,Ma andava sempre a finire
in modo tale, che Emily rimaneva bruciata come una falena che si avvicina troppo ad una torcia.
Lei era quella torcia, che l'attirava col proprio amore e la respingeva per colpa delle circostanze.
Quella era la colpa che pesava di più sulla coscienza di Ali. La consapevolezza di aver ferito a morte, più volte, l'unica persona della quale al mondo le fosse mai importato oltre a sé stessa.
«Prendi la tua roba e vattene, Fields, non farmelo ripetere. »
Disse Ali riducendo gli occhi a due fessure.
Non lo faceva per intimidire l'altra o per rabbia, stringeva gli occhi
per non permettere alle lacrime di farsi strada attraverso i condotti,
inondandole il viso come facevano ora con quello di Emily.
La ragazza sentì un ennesimo schiaffo, e si alzò con rabbia.
La stava allontanando di nuovo. Rimase impotente mentre vedeva Emily sfilarsi
la camicia da notte e rimettersi i vestiti. Lo sguardo della sua amata
era pieno di tristezza, lacrime, ma soprattutto delusione. Sentiva quello sguardo bruciare sulla propria pelle, e non osava alzare gli occhi in quegli abissi profondi color cioccolato
che raccontavano l'amore senza fine di qualcuno che aveva voluto starle accanto fino alla fine.
Qualcuno che lei stava nuovamente respingendo. Quel fato era contro di lei,
le aveva negato l'unica cosa bella che aveva dalla vita, e ora che avrebbe potuto riafferrarla,
ecco che la obbligava a rinunciarvi nuovamente.
«D'accordo, Vanderwaal, ma prima guardarmi negli occhi e dimmi addio per sempre. »
Disse Emily, acquistando sicurezza in sé stessa.
Ali si alzò in piedi, portandola verso la porta senza dire nulla, senza ribattere,
senza incrociare il suo sguardo. Lei rimase sullo stipite della porta della camera,
con le braccia incrociate. Aveva messo Ali in difficoltà, e ciò era evidente.
Le aveva chiesto di fare l'unica cosa per cui non avrebbe mai avuto coraggio.
Dire per sempre addio ad Emily, per lei significava un'esistenza non degna
di essere vissuta. Una catatonia cosciente ,uno scorrere di giorni vuoti e grigi,
un' opprimente oscurità monotona, dove nemmeno un raggio di sole avrebbe osato addentrarsi.
Poco dopo, si avvertirono dei singhiozzi. Erano quelli di Ali. Il suo corpo tremava
sotto quei singhiozzi, e sebbene non alzasse il viso per mostrarlo era evidente
che le lacrime stavano rigando le sue guance.
«Se non ti dico addio posso immaginare che tu sia sempre accanto a me.»
Sussurrò flebilmente la bionda. Emily sospirò, accarezzando per un'ultima volta i suoi capelli.
Quell'affermazione la confondeva, ma era ora di fare ciò che era più giusto.
Doveva tornare a Rosewood, e dimenticare tutta quella faccenda.
Alison era morta per tutti, e lo sarebbe stata anche per lei.
Non avrebbe mai amato nessuna come aveva amato lei,
ma non poteva continuare ad autodistruggersi seguendo un sogno che sembrava
fare un passo indietro ogni volta che lei ne faceva dieci avanti.
Non poteva più dare tutto senza ricevere nulla, non poteva continuare
ad annullarsi in nome di un futuro che non sarebbe mai esistito.
Era finita, e il suo cuore si spegneva sempre di più man mano che scendeva le scale.
Seduta per terra con la schiena appoggiata alla porta, Alison piangeva
con il viso coperto dai capelli, consapevole di aver appena perso l'amore della sua vita, questa volta definitivamente.
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But you won't see me fall apart, cause i've got an elastic heart.
FanfictionAlison Vanderwaal aveva tutto dalla vita. Era l'ape regina, e tutti i ragazzi la volevano. Le ragazze, invece, volevano essere lei. Il mix ideale di cattiveria e bellezza che faceva girare la testa a chiunque. Fino a quando non dovet...