Uno

333 22 4
                                    

Era appena iniziata l'estate e nel tardo pomeriggio di un giorno afoso mia madre ha deciso che dovevo trovarmi un "lavoretto estivo", prevedibilmente perché non facevo altro che sopravvivere sull'amaca in giardino e non uscivo mai di casa. Ogni giorno sembrava uguale a quello precedente e io lo passavo a leggere "Romeo e Giulietta" di Shakespeare, mi mancavano poche pagine alla fine quindi immaginatevi la mia depressione. Comunque, il "lavoretto estivo" che aveva in mente per me mia madre non era poi cosí male, ovvero, il posto dove mi sarebbe toccato sgobbare non era niente male: la biblioteca. Fin qui tutto bene, ragazzi quello era il paradiso, credetemi. Il problema era che, secondo il volantino che mia madre mi ha prontamente svolazzato in faccia, avrei dovuto intrattenere una mandria di mocciosi con "una voce chiara, squillante e che sappia dare il giusto tono ad una storia pensata per i piú piccoli". Okay per qualche soldo lo avrei potuto anche fare, non che non mi piacessero i bambini, ma si dia il caso che io conosca che tipo di bambini frequenti quel tipo di attività; tutti figli di quei ricconi del paese che non sapevano dove altro portare i loro poveri figli -che avrebbero preferito stare a casa a giocare ai videogiochi o a guardare i cartoni- se non a "erudirsi" un poco con la sana lettura della mite assistente della bibliotecaria. Tra parentesi quella mite assistente deve aver battuto la fiacca visto che mi ritrovavo tra le mani quel volantino. La capivo. Avevo assistito un paio di volte a quelle letture; c'erano bambini che urlavano e strillavano per tutta la biblioteca e che non stavano fermi un'attimo ruminando qualche biscotto e qualche patatina che qualcuno aveva intenzionalmente messo su un tavolino forse pensando di ammansire quei teppisti, mentre la ragazza parlava praticamente ai cuscini vuoti davanti a lei. Non interessavano nulla i libri a quelli là, poco ma sicuro. Avevo sospirato allora e avevo compatito la povera assistente. Adesso al solo ricordo mi sentivo male pensando che per il volere del capo supremo -mia madre- forse mi sarei trovata nella sua stessa miserabile situazione. Pensandoci bene non volevo piú quel gruzzoletto di soldi che ne avrei ricavato. Sarei potuta rimanere tranquillamente a casa finendo "Romeo e Giulietta" e poi deprimendomi per gli altri prossimi cinque giorni pensando a come fosse andata la storia se Romeo non fosse morto o se Giulietta si fosse svegliata dieci caspiterina di secondi dopo o se la lettera di Frate Lorenzo fosse arrivata al destinatario...non me ne sarebbe fregato piú nulla del mondo e sarei stata tranquilla e depressa nel mio piccolo mondo lontana da quei diavoletti e poi avrei ricominciato il giro con un nuovo libro. Fine.
-Rifiuto la proposta e vado avanti- ho detto a mia madre, rituffandomi nel libro.
Mamma: -No no forse non ci siamo capiti,- ecco, come dicevo, salutate il Capo Supremo -tu devi andare a fare quel lavoro Amelia, se no non sopporteró un minuto di piú il tuo culo seduto alla mia tavola- la delicatezza in persona -ci siamo capiti?- Finalmente ha finito, ho pensato io.
Forse infondo aveva ragione, avevo ormai da qualche mese diciasette anni e avrei potuto lavorare se avessi voluto...mi saltarono in mente le bocche sporche di cioccolato dei bambini e le loro manine sozze che toccavano i libri costruendoci casette e villaggi...Eh no, non avevo intenzione di mollare il mio proposito, mamma.
Io: -Eddai mamma! Potrei trovare qualcos'altro, tipo vendere gelati e limonate in giro...-
Mamma: -Smettila lo sai anche tu che non lo faresti mai- eeehmm -ma proprio non ti capisco! Passi tutto il tempo che non trascorri sull'amaca in quella biblioteca! Qualé il problema, eh?-
Io: -Quei bambini sono il problema.-
Mamma: -I bambini sono il nostro futuro, aiutali a migliorare e migliorerai il tuo futuro.-
Io: -Come sei filosofica oggi.-
Mamma: -Sto cercando di farti ragionare.-
Io: -Ti imploro, lasciami leggere Romeo e Giulietta.-
Mamma: -Leggere é ozio e l'ozio in questa casa non é piú ammesso.-
Io: -Mamma, ti prego.-
Mamma: -Ho detto cosa devi fare. Sei quasi adulta ormai ed é bene che tu ti assuma le tue responsabilità, e poi devi incominciare a vivere veramente Amelia. Devi vedere il mondo per quello che é realmente.-
Io: -Azzurro, rotondo, sospeso nel vuoto...-
Mamma: -Non sei divertente.-
Io: -Se vuoi che io veda il mondo come é realmente fammi viaggiare, la gente si sposta mamma, esplora, scopre...-
Mamma: -Lo sai che io e tuo padre non ce lo possiamo permettere.-
Io: -Lo so cavolo lo so!-
Mamma: -E allora datti da fare e aiutaci.-
Io: -MHHHH-
Mamma: -Amelia apri gli occhi.-
Odiavo quando mia madre aveva ragione. Ma lo sapevo pure io, dovevo aprire gli occhi, scrivere la mia vita, indipendentemente da quello che era stato il mio passato. Non amavo il mio passato infatti, forse era stato quello ad avermi tolto la voglia di provare a riprendere in mano la mia vita. Quando avevo dieci anni mio padre aveva perso il lavoro, era stato un durissimo colpo per tutti noi e mia madre aveva trovato allora una specie di occupazione di emergenza per tirare avanti la famiglia, nella quale mi sono impegnata ad aiutarla pure io. Lei mi mandava di casa in casa a raccogliere i vestiti da lavare di tutte le famiglie piú ricche del paese, per poi portarli a casa dove noi li sistemavamo e li stiravamo, riportandoli poi ai proprietari in cambio di qualche modesto soldo. Un po' come Lisel in "Storia di una ladra di libri". Con il tempo questo mi aveva portato il nomignolo di "stracciona" a scuola e in piú venivo presa in giro per la corporatura che non era esattamente magra e armoniosa. Uno schifo insomma. Tutto questo fino al primo anno delle superiori dove finalmente tutto cessó. Con gli anni il mio corpo era cambiato e avevo toccato il limite tra la normalità e l'anoressia. Mi ero salvata in tempo, i libri mi avevano salvata. Solo leggendo ero riuscita ad uscirne. Ma cominciare a ritornare a vivere per me era fuori discussione. Non me la sentivo, stare in mezzo alla gente mi procurava quasi un dolore fisico.
I bambini sono il nostro futuro, aiutali a migliorare e migliorerai il tuo futuro.
Le parole di mia madre mi riempivano la testa.
Forse aiutando loro avrei aiutato me. Forse avevo una possibilità, sarei riuscita a far amare i libri a quei bambini.
E cosí accettai il posto.
Ancora non sapevo che la biblioteca sarebbe stato il luogo dove avrei visto il mio miracolo, perché sí, i miracoli ora so che esistono.

Tra le montagne in AlaskaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora