Nove

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Le mie mani tremavano mentre cercavo di infilare la chiave per aprire il cancello e per di piú non riuscivo a vedere il buco della serratura a causa dell'oscurità. Mi sono fermata un attimo in preda ad un esaurimento nervoso mentre le chiavi mi sono scivolate a terra, poi ho fatto un respiro profondo cercando di riprendere la calma. Le ho raccolte lentamente e poi finalmente le ho infilate al posto giusto. Stavo per girare la chiave per aprire quando una mano calda grande il doppio della mia ha avvolto la mia mano. Ho sussultato ma non ho gridato. Sebbene non lo avessi sentito arrivare e non lo avessi visto sapevo che era lui.


La sua mano era strordinariamente morbida. L'anello con la grande "N" e le montagne luccicava leggermente alla luce pallida della luna. Ha stretto di piú la mia mano senza farmi male finché le chiavi non mi sono nuovamente cadute. Ho intrecciato le dita con le sue ma non mi sono voltata.


-Che significato ha questo anello?- ho chiesto, come se non fosse successo nulla e fossimo già nel culmine di una conversazione.


Ho sentito il suo fiato caldo sfiorarmi i capelli e sono rabbrividita. Ha avvicinato le sue labbra al mio orecchio -"Quando guardo le montagne ho i sentimenti delle montagne dentro di me: li sento come Beethoven che sentiva i suoni nella testa quando era sordo e compose la Nona sinfonia. Le rocce, le pareti e le scalate sono un'opera d'arte."- ha sussurrato. - Me lo diceva sempre mio fratello prima di partire. Era una citazione di un grande alpinista. La "N" sta per "Nord". Come ti dicevo in biblioteca, un giorno partiró alla volta dell'immenso Nord. Come lui. -
Amavo quando citava delle frasi. La sua voce era bassa, come se parlasse in una caverna, ma allo stesso tempo cosí dolce e calda che ti ci potevi sciogliere ascoltandola.


-Che ne é stato di tuo fratello?- ho chiesto, sussurrando anche io.


Lui non mi ha risposto e ha strofinato il pollice sul dorso della mia mano.


-Ogni tanto mi scrive delle lettere- ha detto infine dopo un momento di silenzio.


Ho annuito piano con la testa e mi sono girata. Lui era vicinissimo. Uno strano calore mi ha attraversato lo stomaco. -Vengo.- ho detto tutt'un tratto, consapevole del mio cambiamento di discorso improvviso. Lui sembrava aver capito che stavo rispondendo al "Vieni?" che mi aveva rivolto prima che io scappassi in casa. Ha schiuso le labbra in un tenero sorriso e ha annuito, questa volta lui, lentamente.


Mi ha condotto fuori dalla stradina verso una moto -melma, una moto, ho la fobia delle moto- parcheggiata vicino al pino che per me indicava la fine della via. Era da quando ero piccola che vedevo quell'albero...lo definivo ormai come un vecchio amico sempre solitario, e vedere una moto parcheggiata al suo fianco aveva un non so che di strano. Per arrivare fini lí avevamo dovuto camminare per un tratto tutto immerso nel buio, durante il quale avevo avvertito intensamente la pressione della sua mano sulla mia e la sua solida presenza al mio fianco. Il rumore dei sassi era l'unico suono che apparentemente si era sentito poiché io temevo che il mio cuore facesse un rumore degno dei rintocchi del Big Bang.


Ma ritornando a quel veicolo che mi si presentava davanti, speravo vivamente che non fosse suo.


-Milady, questo é il mio fedele destriero- ha detto tutto fiero.


Speranze infrante.


Ha fatto un cenno con la mano. -Prima le signore.-
-Ah no mi dispiace ma io passo- ho risposto, squadrando la moto.


Lui: -Suvvia é docile, non sei mai salita su un esemplere di cotanta potenza e bellezza?-
Io: -No e non ci tengo. Dovunque tu mi voglia portare propongo di andarci a piedi.-
Lui: -Non sono cosí spaventoso come sembra, alla guida-
Io: -Mmh-
Lui: -Ho anche due caschi-
Io: -Ah bhe, fantastico, questo risolve tutti i miei problemi.-
Lui: -Giuro solennemente di fare il bravo-
Io: -Hai giurato...-
Non ho fatto neppure in tempo a finire la frase che Leo ha messo una braccio sotto le mie ginocchia e mi ha issato con forza sulla moto dandomi in grembo un casco, poi é salito anche lui e ha messo in moto. Tutto ció in meno di tre secondi.


Ho fatto in tempo solo ad urlare aggrappandomi alla sua polo azzurra prima che lui mettesse in moto ed uscisse dall'improvvisato parcheggio con un'accellerata. La mia pancia era schiacciata dal casco che premeva tra me e Leo.


-Fermo! Fermo! Il casco! Porca Bip! Il casco!- ho urlato stritolando il tessuto della sua maglietta.


-Indossalo!- ha risposto lui ridendo e rallentando un po'.


Io ero completamente fuori di me. -Come faccio che non riesco a staccarmi?!-
Lui: -Wow ho il potere della calamita. Cosí si spiegano i nostri due scontri e questo.-
Io: -Dai non scherzare!-
Lui: -Come si chiede? Parolina magica-
Io: -Bip!-
Lui: -Nah non quella-
Si é girato tenendo una sola mano sul manubrio e mi ha infilato il casco in testa senza tante cerimonie.


-Girati, cosa fai! Oddio moriremo!-
-Come sei tragica-
Una volta avermi allacciato il casco si é rigirato e ha dato un'altra accellerata. Io gli sono finita aggrappata alla schiena con gli occhi chiusi. É passato qualche minuto e io non davo cenni di essere viva. Mi erano passati cento anni di vita davanti.
-Ehy lo so che sono bellissimo ma puoi fare a meno di soffocarmi per favore?- ha detto riportandomi improvvisamente nel regno dei vivi e facendomi notare che lo stavo stringendo leggermente troppo. Ho cercato di allentare un po' la presa mentre mi rendevo conto della pochissima distanza tra noi. Il cuore ha cominciato a battermi talmente forte che temevo mi si staccasse dal petto.


-Hai il cuore che mi perfora la schiena, Bip Bip!- ha urlato per farsi sentire contro il vento.


Oddio allora si sentiva. Ho cercato di staccare un po' il petto dalla sua schiena ma inutilmente. Ho sentito le sue spalle muoversi e ho capito che stava ridendo mentre scuoteva la testa. Ho sbuffato e ho lasciato stare il mio tentativo borbottando un "scusa" poco credibile.


Dopo venti minuti di viaggio cominciava a farmi male il collo, cosí ho azzardato ad appoggiare la testa su di lui. Leo non ha detto nulla ma l'ho sentito inspirare profondamente. Speravo non per il disagio.


Ormai mi ero abbiutata al ritmo oscillante -che poi non era neanche tanto veloce- della moto. Le mie dita si sono aperte leggermente rimanendo appoggiate sul suo petto. Ora riuscivo a sentire anche io il suo cuore. Aveva un ritmo regolare e calmo.


Guardavo le case e i negozi scorrere lungo la strada mentre ci allontanavamo sempre di piú dal mio paese. Non mi ero mai spinta cosí lontano da casa mia, puó sembrare assurdo ma purtroppo i miei avevano trovato un lavoro stabile da poco e la macchina non ce l'avevamo. Le poche volte che ci spostavamo usavamo i mezzi pubblici. Avevamo venduto tutto per riuscire a racimolare qualche soldo...tutto, tranne la casa. Quella era l'unica cosa che ci legava al passato. L'unica cosa bella che ci era rimasta. Ricordo le feste di compleanno che i miei mi organizzavano e gli scherzi, i regali...i pianti e le risate. Era stata la nostra salvezza decidere di tenere la casa, senza di essa avremmo perso persino noi stessi. Non incolpavo i miei di nulla. Se non ero ancora riuscita a vedere l'altra grossa fetta di mondo la colpa era da dare solo al destino. Ma ora avevo trovato Leo, forse con lui le cose sarebbero cambiate. Sentivo di potermi fidare anche se non capivo come potesse essere possibile.


-"É ridicolo come un incontro possa veramente cambiarti la vita" Mystic City, Theo Lawrence- ho sussurrato contro il suo orecchio. L'ho sentito irrigidirsi sotto di me. Non so precisamente perché glielo avessi detto, ma sentivo che dovevo. Lui non ha risposto e ha continuato a guidare, con l'aria che ci colpiva i volti e impediva le parole.

Tra le montagne in AlaskaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora