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Simone aveva trascorso i giorni seguenti alla festa giurando a se stesso di non avvicinarsi mai più a una goccia d'alcool. Il suo corpo, non abituato a ingenti quantità, lo aveva portato a compiere azioni che mai e poi mai avrebbe commesso da sobrio.

Si impose di smettere di pensarci e di concentrarsi sullo studio, dato che le verifiche erano ormai imminenti. Trascorreva il suo tempo tra le aule scolastiche e la sua stanza, immerso nei libri.

Sapeva di non potergli sfuggire a lungo, la loro terrena li costringeva a passare per forza di cose del tempo insieme, e di certo non avrebbe mollato la spugna.

Si diresse verso l'aula sfida a passo lento, cercando di rimandare quel momento il più a lungo possibile.
Di sicuro, ne aveva riso su con i suoi amici e avrebbe continuato a tormentarlo per chissà quanto tempo.
Oppure, magari, era stato un evento così insignificante che i giorni trascorsi lo avevano fatto cadere nell'oblio.

Il fatto che il ritardo fosse uno dei suoi tratti distintivi quasi lo tranquillizzava. Tuttavia, rimase sorpreso quando trovò il ragazzo fermo davanti alle grandi porte; era inaspettatamente in anticipo.

Simone si fermò a qualche metro di distanza, ma non riuscì a sollevare lo sguardo verso di lui. Voleva mostrarsi indifferente, ma quell'immagine nella mente non riusciva a scacciarla via.

<angioletto>

Borbottò un saluto, scocciato da quel nomignolo stupido che gli avevava affibiato.

Decise di ripararsi dalla tempesta (chiamata manuel) e mattone dopo mattone costruire un rifugio sicuro.

<Scusami per l'altro giorno... avevo bevuto un po' troppo>

Cercava disperatamente di evitare lo sguardo dell'altro: si soffermò su un vaso posato su un mobiletto basso, notò per la prima volta l'accostamento dei colori dell'arredamento fino a concentrare la sua attenzione verso la finestra, come se fuori ci fosse qualcosa di estremamente affascinante.

Si sorprese a pensare che sarebbe stato piu semplice se avesse potuto mentire, dicendo di non ricordare nulla e chiedendogli cosa fosse successo o semplicemente inventare una scusa.

<Nun serviva scappà come n ladro> avvertì nella sua voce un pizzico di fastidio.

<mi dispiace averti rovinato la serata> rispose.

<De che te scusi? Nun m'hai rovinato niente... c'ha pensato na terrena dopo che te ne sei andato a svoltare a' serata mia> alzò le spalle.

Per lui è stato insignificante, pensò.

Mandò giù il groppo in gola e annuì.
Andava a suo favore, sarebbe stato piu facile relegarlo a un banale incidente... allora perchè si sentiva così?

<felice che ti sia divertito> se ne uscì.

Manuel decise di istigarlo continuando con le sue provocazioni.

<i terreni sono così deboli, bastano du moine e sono ai tuoi piedi> spiegò sollevando l'angolo delle labbra in uno dei suoi soliti sorrisi.

<ottimo allora>
Simone non cedette.

<seh> soffiò l'altro.

Finalmente alzò gli occhi incontrando quelli scuri del moro, che già lo scrutavano.

Era interamente vestito di nero, i pantaloni strappati sulle ginocchia aderivano perfettamente alle gambe, accentuandone la forma. Risalì fino al giacchetto di pelle lasciato aperto su una maglietta con lo scollo a V che lo incitava, in una richiesta lasciva, a seguirne i contorni.

Scosse leggermente la testa, concentrandosi su quelle pozze scure.

<Ti piace quello che vedi?>

V.E.T.O.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora