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Simone si girava e rigirava inquieto tra le lenzuola, il sonno continuava a sfuggirgli, intrappolato dai pensieri troppo rumorosi che affollavano la sua mente.

Gli amici lo avevano trattenuto per ore, fino allo scoccare del coprifuoco, quando tutti si diressero verso le loro stanze per riposarsi ed essere in grado di affrontare una nuova giornata di lezioni.

Sentiva lo stomaco stringersi per i sensi di colpa.
Chissà se Manuel lo aveva aspettato per tutto quel tempo, solo in quell'enorme stanza, le nuvole dense a oscurare il cielo, a vietare la compagnia delle stelle.

Probabilmente aveva sbuffato ed era tornato in camera, rendendosi conto che l'angel gli aveva dato buca. O forse l'invito di Manuel era solo uno scherzo e magari si era già dimenticato di quell'incontro.

Sapeva di dover porre dei paletti tra loro, prima che la situazione precipitasse in una catastrofe irreversibile.

Manuel era pericoloso.
Era cambiato da quando l'aveva conosciuto.

Aveva provato a mettere da parte la discussione di quel pomeriggio con la migliore amica, ma tornava prepotente, e più tentava di metabolizzare e dare un senso a quelle parole, piu sembravano sfuggirgli e il panico lo assaliva.

In quegli anni l'amore non era stato oggetto di suo interesse, si era concentrato solamente sul suo obiettivo, il resto non era prioritario.

Doveva tenere sotto controllo quella vocina nella sua testa ed essere in grado di mettere una pietra sopra quell'assurda faccenda.

Un rumore improvviso lo fece sollevare di scatto, spaventato, strappandolo dalle sue elucubrazioni.

Cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante, si strofinò gli occhi avvolti dal buio, poi allungò un braccio verso il comò e accese la lampada, rischiarando la stanza con una luce soffusa.

Ryan non diede cenni di fastidio, aveva il sonno pesante, infatti faticava sempre a svegliarlo la mattina.

Individuò la fonte di quel suono: proveniva dalla finestra. Decise di alzarsi, mantenendo una dovuta distanza, quando vide una figura.

Sobbalzò alla vista del devil che, imperterrito, bussava sul vetro.

Lo raggiunse in fretta, per evitare svegliasse l'intero dormitorio ed aprì la finestra, facendolo entrare.

Manuel si intrufolò velocemente nella stanza, piazzandosi di fronte a lui.

<Che ci fai qui?> chiese con voce flebile l'angel.

Il moro incrociò le braccia, scrutandolo.

<Perchè nun te sei presentato?>

Simone boccheggiò, poi abbassò lo sguardo.

<Lo sai anche tu che è una pessima idea> si voltò, dandogli la schiena.

Sentì le sue dita stringersi attorno al suo braccio, esortandolo a girarsi.

<Mi piacciono le pessime idee> esordì, indossando il solito sorrisetto storto.

<Non lo avrei mai detto...> ironizzò, scuotendo la testa.

<Dimmi di andarmene> accorciò le distanze, compiendo qualche passo.

Simone aggrottò le sopracciglia, poi spalancò gli occhi quando l'altro lo spinse sul materasso.
In un battito di ciglia fu sopra di lui, arpionando le braccia al suo collo e stringendolo a sè.

Voleva replicare, ma le parole faticavano ad uscire, come fossero bloccate in gola.

Avvertì i loro busti a contatto, la vicinanza dei loro corpi lo stordì, si sentì come assuefatto da quel calore e dal martellare rumoroso del suo cuore.
Le labbra del moro scorrevano lungo la sua pelle, con una lentezza che sembrava sospendere il tempo, salendo dalla spalla fino al collo dove si soffermò.

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