2| SETTEMBRE

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•Ti attendo, ti desidero e poi ti detesto al tuo arrivo.
Quando con te porti via la mia euforia e mi lasci solo vestita di malinconia.
Una scia di vento tiepido e pelle d'oca sotto al tessuto sottile di maglina, nient'altro.
Nonostante tutto sai di rivoluzione, molto più della primavera.

Aroma di autunno.

FLAME:
🔥

Otto anni prima:

La sedia è scomoda, mi muovo in continuazione cercando di trovare una posizione migliore.
Accavallo le gambe, le incrocio, passo il piede dietro al polpaccio poi ci ripenso e torno composta.

Guardo la signora che ho di fronte, nasconde gli occhi dietro ad una spessa montatura color ottanio.
Eccentrica, mi piace questo colore.
I capelli biondi perfettamente pettinati in onde morbide, virano dal cenere al dorato donandole un aspetto radioso, curato.
L'abbigliamento composto e le unghie impeccabili, pesca chiaro, la sua figura è studiata nei minimi dettagli.
Quasi plasticosa, una bella corazza perfetta.
Mi trasmette qualcosa però, di positivo, molto più delle altre.

Sta annotando su un taccuino dai bordi spiegazzati, scrive velocemente, la osservo.
Ogni tanto sposta lo sguardo su di me, si sente osservata, mi sorride e torna sul foglio pasticciato di blu.

Il mio respiro è stranamente sereno, nemmeno conto più, se qualche anno fa mi avessero detto che avrei pronunciato queste parole non ci avrei creduto.

«Allora Flame, come stai oggi?» chiude il libretto lasciando la penna all'interno per non perdere la pagina, seguo ogni movimento e registro i dettagli nella mia mente acerba.
Mi hanno sempre detto di essere una grande osservatrice; capto qualunque cosa, ogni sguardo, movimento e studio la persona che mi trovo davanti.
È una forma di controllo, protezione, chiamala come meglio credi.

Annuisco, non parlo molto, lei accenna un sorriso gentile e paziente.

Ricordo che l'ultima volta che fui stata qui parlammo della camera 405, degli aghi sulla pelle che bruciavano, del colore bianco, del mio passato.
Ci provai, poi venni interrotta dai miei spessi singhiozzi che mi serravano la gola ancora prima di riuscire a sputare fuori una sola parola in più.

«Ti va di fare un gioco?» sposta dei fogli e li sostituisce con altri che erano stati riposti in un ripiano più in basso.
Seguo i suoi movimenti, ma quelle semplici parole scatenano un susseguirsi di pensieri, la mia memoria si attiva in quella direzione sbagliata che io conosco fin troppo bene.

"Ti va di fare un gioco? Ti va di fare un gioco, P5?"
La sua voce gracchia nel mio orecchio, un ricordo dalle unghie affilate, tanto da creare un taglio fondo nel mio ippocampo; spazza via i bei ricordi racimolati con fatica, come fanno le formiche con le briciole di pane.
Lui è il padrone della mia anima, nonostante sia passato tempo decide cosa posso provare; come e quando sorridere, se e dove piangere, mi ha marchiata.
Tutto gli appartiene ancora, nonostante le catene fossero state recise, gli aghi spezzati e i miei capelli siano ricresciuti.
Io gli appartengo.
Il demonio con il camice bianco torna a trovarmi, non solo negli incubi, bussa nella mia testa e senza chiedere il permesso entra prepotentemente.
Non è reale, NON È REALE, mi ripeto a gran voce.
Lui non è qui.

«Vorrei che osservassi queste immagini, cosa ci vedi?» guardo lei, il suo sorriso rassicurante, poi poso lo sguardo sulle macchie scure e le mie mani iniziano a tremare.

Io...

Presente:

Spingo con forza il carrello della spesa, le ruote si inceppano in continuazione.
Sono indecisa se acquistare il preparato per i pancake oppure optare per prendere tutti gli ingredienti separatamente e farli al momento.
Ovviamente sarebbero molto più buoni, peccato che ci trovo solo uova che sembrano uscite direttamente da un dinosauro.

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