01

228 18 11
                                    

- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter one ❜┊˚ ̥۪͙۪◌

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter one ❜┊˚ ̥۪͙۪◌

𝐀𝐔𝐑𝐎𝐑𝐀

Mi svegliai di soprassalto, alzando la schiena dal materasso con uno scatto. Mi portai una mano all'altezza del cuore mentre tentavo di rallentare i respiri affannosi. Avevo la fronte imperlata di sudore. Mi levai le lenzuola di dosso e mi alzai, cercando di scollarmi di dosso la brutta sensazione che mi aveva lasciato l'incubo.

Spalancai le tende, lasciando che gli spiragli di luce invadessero la mia stanza.

Il giorno prima avevo saltato la cena e non avevo nemmeno fatto un passo oltre la soglia della camera.

La mia intenzione era quella di non vedere per nulla al mondo mia madre. Dove abitavamo prima mi riusciva più facile: conoscevo la città come il palmo della mia mano, quindi potevo rifugiarmi dove preferivo ogni volta che discutevamo o che lei portava a casa un uomo.

Però non potevo passare quell'intera giornata in camera, perciò mi decisi ad aprire piano la porta, che emise uno scricchiolio degno di un film horror.

Iniziai a percorrere il corridoio a piedi nudi, guardandomi attorno; stavo ancora analizzando ogni angolo della casa, che alla fine mia madre aveva personalizzato con il suo tocco. Mi sorpresi nel vedere una mia foto appesa alla parete: avrò avuto circa tre anni e avevo addosso un gi di karate.

Mia madre mi aveva fatto provare un paio di lezioni, ma poi, a causa dei soldi, mi aveva fatto smettere. Avevo detto che era uno sport che lei collegava al suo passato, ma non mi aveva mai spiegato sul serio il motivo o il vero collegamento.

Entrai in cucina, dove la trovai a bersi una tazza di caffè. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, tanto che non mi notò nemmeno.

Mi schiarii la gola, cercando di attirare la sua attenzione.

«Buongiorno...» mormorai.

Mia madre voltò la testa di scatto, incontrando con il suo sguardo la mia figura ancora avvolta dalla maglia larga che funzionava come pigiama.

«Oh, Aurora... buongiorno. Caffè?» mi chiese.

«Non lo bevo» scossi la testa.

Dopo le nostre liti, finiva sempre così: non c'erano discorsi o chiacchierate per risolvere la cosa; semplicemente, passavamo oltre, come se non fosse mai successo.

«Senti, io dopo devo andare al supermercato per prendere il pranzo... vuoi venire con me? Magari ti faccio fare anche un piccolo giro per la Valley, così memorizzi qualche posto» propose.

Shades Of Cool ✷ Miguel DiazDove le storie prendono vita. Scoprilo ora