1. L'uragano

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(Lo so, l'immagine AI fa ridere, ma queste sono le mie capacità

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(Lo so, l'immagine AI fa ridere, ma queste sono le mie capacità.) Tralasciando questo dettaglio...
Buona lettura.

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Colin
Presente

Un colore, ho associato da sempre un colore agli ospedali. Quanto esso possa essere banale, il bianco è stato sempre la rappresentazione di quest'ultimi. Il fatto che questo colore si ripeta più volte all'interno della quotidianità degli ospedali non c'entra niente con la mia percezione. Associo queste strutte piene di dolore al bianco, perché è proprio qui che avvengo la maggior parte delle morti e si scoprono la maggior parte delle diagnosi più brutte. Bianco, perché questo colore rappresenta l'impulso, la sorpresa, l'inaspettato di queste notizie. Bianco anche per il motivo opposto. La pace nel scoprire che tutto va bene e il paziente si sente meglio.

Molto spesso ho creduto di essere stupido per aver pensato a questo, ma proprio questi sono i pensieri che ti arrivano in testa quando passi ore o ore a non fare niente, in attesa di una notizia.

L'orologio segna le cinque del mattino e di Hellen non si sente alcuna notizia, soprattutto perché i medici stronzi sono i miei peggiori nemici, cosa che ho dimostrato spessissimo negli ultimi mesi..

Dei passi pensanti, molto più pensati delle scarpe leggere delle infermiere e degli infermieri, attraversano il corridoio, facendomi alzare gli occhi e svegliare dalle ondate di idee, pensieri e preoccupazioni che galleggiavano nella mia testa.

Un uomo dagli occhi marroni, i capelli scuri, un barba appena tagliata e di un'altezza media, accanto a una donna di cui mi sembra di ricordare qualche dettaglio, avanzano verso la mia direzione. È la madre di Hellen. Mi ricordo di lei.

Solo quando arrivano davanti a me capisco che l'obiettivo non ero realmente io, ma era loro figlia. Ho avuto per un attimo la percezione che la mia condanna fosse già arrivata.

Mi alzo, per parlare loro in russo. «Scusate» evitando stanchezza, dolore e paura, porgo loro la mia mano, stringendo prima quella del padre e poi quella della madre. «Sono Colin. Il ragazzo di Hellen.» Entrambi sembrano avere le stesse espressioni in faccia. Non capiscono quello che sta succedendo, come non lo capisco io. Anche se so qualcosa in più di loro.

Da parte loro, sento solo silenzio.

«Colin» ripeto il mio nome. «Hellen Le ha registrato un vocale in cui parlava di me» mi rivolgo al signore, spostandomi poi a parlare con la madre. «Signora, noi ci siamo incontrati l'otto marzo. Quel giorno sua figlia le ha mentito dicendo che fossi il ragazzo di Mary, la sua amica... Si ricorda?»

«Sì, sì» mi risponde quest'ultima. «Cosa ci fai tu qui? Come fai a sapere dell'incidente?»

Non so come dare una spiegazione ad entrambi di loro, ma vengono interrotto da un uomo di una testa superiore a me, che ci raggiunge da dietro: mio fratello. I suoi passi sono sempre segreti, nascosti. Ti pugnalano alle spalle con una lama, che non riesci a percepire fino al momento in cui sei morto.

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