Ethan:
Questa era una delle cavolo di mattine in cui, avevo bisogno di non fare nulla. Avevo bisogno di stare seduto sul mio letto in compagnia di un coltello e un frustino.
Serrai la mascella nel momento in cui il sangue sgorgava dal mio braccio. Il coltello era nella mia mano destra, stretto con forza, la punta grondava di piccole goccioline rosse.
Feci un respiro profondo e mi abbandonai al dolore.
Con il frustino picchiai il mio braccio, proprio dove poco prima, la lama del coltello aveva lasciato un taglio profondo.
Ad ogni frustata, un po' della mia frustrazione se ne andava e, un pezzo della mia sanità mente la mi salutava.Il campanello.
Cavolo. Chi era ora?
Era sabato, non avevo scuola né mi ero messo nei guai.
Mi decisi ad aprire nonostante il sangue dal braccio. Abbassai la maniglia e con mia soppressa una Paige sorridente e, inspiegabilmente, preoccupata mi si parò davanti.
Io suo sguardo indugiò per minuti sul mio braccio gocciolante, mi guardò negli occhi e fece un sorriso a 32 denti. Non la capivo proprio questa tipa.
Entrò senza aspettare un mio invito e si sedette sul divano, come fosse a casa sua.
"Che cavolo ci fai qui, pinguino?"
Lei mi rivolse l'ennesimo sorriso pieno di gioia e poi disse.
"Oggi non sei venuto a fare colazione, avevo preparato i pancake!"
Scossi la testa.
"Non è una spiegazione valida per piombare in casa mia."
Lei sospirò come se la risposta avrei dovuto intuirla. Però intuivo solo che doveva andarsene.
"Il fatto è che sapevo cosa stavi facendo, volevo solo impedirti di ferirti"
Fece una piccola pausa e aggiunse.
"Tu non me lo dirai mai, ma io lo so cosa ti succede qui dentro."
Indicò la mia testa. Non poteva saperlo.
"Tu non sai un bel niente Paige, ora vattene!"
Risultai più duro di quanto avrei voluto, infatti sussulto e deglutì a disagio.
"So che non vuoi parlarmi, però io non voglio farti del male. Guarda quì"
Si tolse le scarpe e scoprì le spalle.
Era piena zeppa di cicatrici, sembravano tagli profondi.
Mi rivolse un sorriso come se fosse la persona più felice al mondo.
"Autolesionista. Lo sono stata dall'età di 7 anni fino a 16."
Questa confessione mi fece sballare gli occhi. 9 anni di autolesionismo e io mi lamentavo che avevo iniziato l'anno scorso. Come faceva a sorridere?
"Ora ti fidi di me, almeno un po'?"
Mi chiese, come una bambina che vuole un gelato.
Ci riflettei e annuii, odiavo ammetterlo, però magari poteva aiutarmi.
"Quando hai iniziato?"
Chiese.
"L'anno scorso."
Annuì pensierosa.
"Perché?"
Mi stava facendo il terzo grado?
"Mio padre, alcolizzato."
Riuscii a spiccicare solo queste parole prima che mi si chiuse la gola.
Mi rivolse un sorriso pieno di comprensione, ma fortunatamente, privo di commiserazione.
"Tu?"
Mi azzardai a chiedergli.
"Cancro, morte di mio padre, bullismo, non ricordo effettivamente tutti i motivi. Vabbè in ogni caso, cose da nulla no?"
Iniziò a ridere come se mi avesse raccontato un pettegolezzo.
Certo che aveva sofferto.
"Cosa?"
Chiesi incredulo, doveva essere uno scherzo.
"Dico che non mi ricordo bene tutti i motivi perché sono troppi."
Disse ancora divertita.
"Come fai?"
Dissi pieno di autocommiserazione.
"A fare cosa?"
"A sorridere come se la tua vita fosse un fiore che sboccia, quando è più un brutto fiore appassito?"
Rise.
"Ti ho promesso che ti avrei insegnato la felicità prima che la collina fiorisse e oggi ti darò la prima lezione."
Sorrise di nuovo, avevo perso il conto dei sorrisi che mi aveva rivolto da quando era qui. Però devo ammettere che era bellissima quando sorrideva così.
"Con cosa ti fai del male?"
Storsi la testa.
"Coltello e frustino"
Annuì.
"Dove sono?"
Feci cenno con la testa verso la mia camera e glieli portai.
Li esaminò attentamente.
"Il coltello lo usavo anche io, ma il frustino non lo utilizzavo, preferivo il sale. Fa malissimo versato sulle ferite profonde."
Si mise a ridere ancora. Come riusciva a parlare di cose così serie come se fossero dei gossip per le sue amiche.
"Quante volte al giorno tu tagli?"
"Parecchie, circa otto."
Scosse la testa come per smentirmi.
"Non sono tante, sei in tempo per fermarti. Preciso che non è una domanda. Tu devi fermarti e io ti farò da spalla."
Avevo disperatamente bisogno di una abbraccio e se dato da lei ancora meglio.
" puoi abbracciarmi, pinguino?"
Le chiesi quasi a pregarla.
Nemmeno il tempo di dire queste parole, che delle esili braccia mi cinsero al vita, ero troppo grande rispetto a lei. Sembrava una bambina che abbracciava un orso.
Mi fece sorridere.
"Devi farmi una promessa Ethan."
Disse seria.
Annuii anche se non ne ero molto convinto. Ma mi bastò guardarla in faccia per fare ciò che voleva.
"Quando ti viene l'impulso di farti del male. Cercami e picchiami come se mi odiassi con tutto il tuo cuore."
Sbarrai gli occhi, non lo avrei fatto neanche sotto minaccia.
"Mai."
Dissi risoluto.
Lei rise come se avessi detto la più grande sciocchezza.
"Sai, ho cercato un modo per smettere quando mia madre mi ha quasi scoperta. Non sapevo come fare. Avevo solo 10 anni quando ci provai. Finché un giorno non mi imbattei in un annuncio di pugilato davanti alla scuola.
Così iniziai a praticare là box e, ogni volta che volevo tagliarmi, prendevo i guantoni e mi sfogavo sul sacco. Nascosi il mio coltello e chiesi a mia madre di non comprare più il sale. Senza dirle il motivo ovviamente. Con tutta la forza di volontà che avevo, smisi l'anno scorso."
Ora tutto aveva senso, voleva che la picchiassi per sfogarmi, ma soprattutto perché sapeva come difendersi.
"Per favore, fallo. Ti prometto che non mi farai del male, faccio box da sette anni ormai. Ho affrontato cose peggiori."
Acconsentii.
Non ero sicuro che quelle "cose peggiori" si riferissero allo sport. E se avesse sofferto più di quanto mi aveva detto?Paige:
Odiavo fare cose di cui non avevo il permesso.
Però era stato necessario, il giorno prima ero pienata in casa di Ethan e gli avevo detto di picchiarmi . Ma cosa avevo in testa?
Io avevo vissuto 9 anni di paure e insano autolesionismo, oltretutto era il nostro segreto. Non lo sapeva nessuno, non lo aveva saputo mia madre, non lo sapeva lo zio ne mio cugino. Alle sanguinarie non lo avrei detto nemmeno sotto tortura, lo avrebbero fatto diventare una moda.
Ethan non poteva nemmeno immaginare quanto avevo sofferto nella vita. Però sorridevo e gioivo per le piccole cose, consapevole, che un giorno o l'altro avrebbero potuto strapparmele via.All'età di 7 anni, avevo visto morire mio padre. Ricordavo ancora l'odore del sangue, il suo corpo esanime giaceva sul pavimento. Dei ladri gli avevano sparato e avevano saccheggiato la casa, avevo chiamato la polizia e l'ambulanza.
Mi sono tagliata per sbaglio mentre cucinavo, avevo provato piacere.
All'età di 8 anni, avevo scoperto di avere il cancro, fortunatamente guaribile e a uno dei primi stadi. La chemio, il via vai di infermiere, mia madre e i suoi occhi carichi di compassione e così provati dalla situazione.
All'età di 9 anni, avevo cambiato scuola, più vicina all'ospedale, anche Travis venne con me. La chemio mi aveva fatto cadere tutti i capelli, mi bullizzavano per questo, altro motivo per autolesionarsi.
All'età di 10 anni, guarii dal cancro con grande fatica. Mia madre per poco, non scorgeva il coltello sul mio comodino. Decisi di smettere e iniziai box.
All'età di 11 anni mia madre aveva problemi con il lavoro e Travis iniziava ad avere amici per conto suo. Ricaddi nel circolo vizioso del
Dolore.All'età di 12 anni, ero brava a box, ma continuava il bullismo, questa volta anche da parte delle sanguinarie che ai tempi vivevano qui. Continuai con l'autolesionismo.
All'età di 13 anni dovetti dire addio a mio cugino e a mio zio per trasferirmi in Canada, non ci vivevo più. Iniziai ad avere gli attacchi di panico e non ne parlai con nessuno.
All'età di 14 anni anche le sanguinarie di trasferirono in Canada con me, ma iniziarono a bere. Avevo paura.
All'età di 15 anni conobbi Blake e venni stuprata. Nel frattempo mia madre iniziava a essere giù di corda.
All'età di 16 anni mi impegnai sul serio e nonostante tutto, smisi di auto infliggermi dolore.
All'età di 17 anni, mia madre si suicidò e venni di nuovo a Lakeshore.
Proprio per questo motivi, volevo aiutare Ethan, perché a me nella vita mi avevano lasciata sola, ora, potevo essere quell'amica che invece di ignorarlo li coglieva i segnali, potevo essere la spalla su cui piangere, ma anche a cui aggrapparsi. Se questo voleva dire lottare contro Ethan sia fisicamente che verbalmente, mi stava bene. Non avrei augurato a nessuno quello che avevo vissuto.
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Le colline sono in fiore
Любовные романыLei, Paige Wilson, ragazza felice di essere viva e con un passato davvero davvero pesante. Ciò nonostante, sa esattamente cos'è la felicità. Lui, Ethan Brown, ragazzo sempre triste e burbero, con una vita non esattamente semplice, ma nemmeno troppo...