10. La Fata Bianca

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21/9/24
Aprii gli occhi.
Mi trovavo in un campo di erba molto vasto, forse una collina, illuminata dagli ultimi raggi di sole.
Mi alzai, e mi guardai intorno.
"C'è nessuno?"
"Noi non sappiamo dove sia《nessuno》, ma se vuoi ci siamo noi".
Mi girai di scatto.
Due bambini biondi, probabilmente gemelli, mi guardarono confusi, ma allo stesso tempo divertiti.
"Chi siete?"
"Chi sei tu?"
"Prima rispondete alla mia domanda"
"Non hai bisogno di sapere chi siamo, hai solo bisogno di sapere dove sei. Noi invece abbiamo bisogno di sapere chi sei".
Li guardai confusa, soppesando le loro parole.
Come riescono dei bambini a fare un discorso del genere?
"Se vi dico chi sono, voi mi dite dove sono?".
Si guardarono, e poi annuirono tra di loro.
"Si".
"Mi chiamo Lena, Lena Lukasiak".
Non appena dissi il mio nome, i gemellini cominciarono a battere le mani sorridendo.
"Che bello, che bello! Lena è qui" disse uno dei due.
Li interruppi.
"Perché siete così felici di sapere che io sono Lena?".
"Il destino ha deciso di mandarti qui, e noi stavamo aspettando da tempo che lo facesse, ora ti trovi nel nostro mondo. Abbiamo ricevuto il compito di indicarti la strada giusta. Non la devi seguire per forza, ma noi ti avvertiamo in tempo, per fare in modo che tu sappia a cosa stai andando in contro. E ricevere questo compito, sapere di avere la responsabilità del futuro di una ragazza come Lena Lukasiak nelle nostre mani, ci fa onore, e ci lusinga" disse un gemello.
L'altro alzò l'indice, e lo puntò su una stradina di perle trasparenti che rilucevano a contatto con la luce del sole. Tutt'attorno a quella stradina si trovavano alberi altissimi, dalle chiome viola.
"Vedi quella? È la Via dei quadrifogli. Quella, secondo noi, è la strada giusta per te".
"E dove andrò a finire se seguiró quella strada?".
"Chi lo sa. Noi non ci siamo mai andati".
Li guardai sbigottita.
"Come fate a sapere che è la strada giusta per me, se non ci siete mai andati?"
"Noi non lo sappiamo veramente" disse un gemello, poi si avvicinò a me e puntò il suo ditino sul mio petto: "il nostro cuore però, ci dice che quella è la strada da intraprendere".
Poi si allontanò, e cominciò a battere le mani ridendo come fanno i bambini, e a ballare con il fratello.
Sorrisi, e mi allontanai, andando verso la Via dei quadrifogli.
Camminai per un po', sentendomi inquieta.
Mi guardai attorno.
Mi sentivo come se fossi osservata, e la cosa non mi piaceva.
Ad un certo punto sentii qualcosa muoversi dietro di me.
Mi girai di scatto... niente.
Quando riguardai davanti a me, vidi qualcuno: una ragazza.
Aveva i capelli neri, sciolti, e un maglioncino rosa che sembrava le desse fastidio, infatti continuava a strofinare le mani sugli avambracci.
Giocava con il suo anello azzurro, e continuava a guardarsi intorno inquieta, come se stesse aspettando che arrivasse qualcuno.

"Dov'è che ti ho già vista?" sussurrai.
Distolsi un secondo lo sguardo per pensare.
Quando lo rialzai, un enorme gatto bianco mi copriva la visuale.
Tremai, e caddi a terra.
Lui si avvicinò a me, e con un gesto fulmineo mi agguantò con la zampa.
Sentivo la testa girarmi, e rivolsi un ultimo sguardo alla ragazza.
Non aveva smesso un secondo di guardarsi in giro.
Senza fiato, mi guardò negli occhi e mi sussurrò:

"Aiuto".

'...Elsie'.

Aprii gli occhi.
Non vidi nulla, solo buio.
Qualcosa mi toccò il braccio, e si aggrappò a me.
"Lena? Sei tu?"
"Tom! Sí, sono io".
"Mi sono addormentato, perciò non mi ricordo cosa è successo".
"Idem" risposi sospirando.
Tastai il terreno attorno a me.
Qualcosa di liquido mi bagnava le caviglie, probabilmente acqua, e attorno a me toccai delle rocce umide.
Mi alzai.
I piedi erano l'unica cosa bagnata, eppure avevo un freddo terribile.
Cominciai a camminare seguendo il muro di rocce con la mano destra, faceva un movimento circolare... .
Un lampo improvviso mi illuminò la mente: le ultime parole della ragazza del club del thè.
"Portateli al pozzo della Fata Bianca".
Mi girai verso Tom.
"Tom, non credo ci sia via d'uscita. Siamo finiti in un pozzo".
"Un pozzo?" tuonò lui.
"Eh sí" risposi rassegnata.
Continuai il mio giretto attorno alle pietre fino a quando non andai addosso a qualcosa.
Improvvisamente la cosa aprì gli occhi, e tutto attorno a noi, il pozzo si illuminò da quanto splendente era diventata.
Aveva due ali di ragnatele ricoperte da rugiada che avvolgevano gran parte dello spazio attorno a noi, i capelli erano lunghi, lisci e bianchi, il vestito era decisamente vecchio stile, bianco anche quello, ma gli occhi... erano neri, e in un lampo vidi una cicatrice che le circondava tutto il collo.
"Elsie?" dissi tra me e me.
La ragazza mi guardò stupita per un secondo, e poi con aria triste.
"So chi ero, ma non so più chi sono. Tempo fa ero Elsie, adesso tutti mi dicono che sono la Fata Bianca, eppure, nonostante il mio aspetto, io mi sento sempre la stessa".
Fece una piccola pausa e sospirò, come se facesse fatica a prendere aria.
"Tu lo sai chi sei, non è vero Lena? Ma io non so più chi sono... allora dimmelo tu. Dimmi tu chi sono".
La guardai con aria triste anche io, senza soffermarmi sul fatto che sapesse il mio nome.
Mi avvicinai a lei e le accarezzai la testa con delicatezza.
"Chi è stato a dirti che sei la Fata Bianca?".
Lei tentennò un secondo, poi rispose:
"Non posso dirtelo... però a parere mio è un po' matta come persona, un po' strana...".
Ragionai sulle sue parole per un paio di secondi, poi le risposi:
"Beh, io non posso dirti chi sei, questo lo decidi tu, è la tua storia, giusto? E allora decidi tu come va avanti, indipendentemente dalle scemenze che ha sparato il cappellaio matto, tu sei la protagonista della tua storia, tu decidi come farla proseguire, e quale sarà il finale".
Elsie mi sorrise, e rispose:
"Hai ragione, ma sai, ho paura che la mia storia sia già finita da un pezzo...".
Mostrò le sue mani che aveva tenuto nascoste fino a quel momento: erano incatenate.
"Io sono morta. E anche da morta, non posso riposare in libertà, e decidere come passare il mio penoso futuro".
Tom si avvicinò a me, e mi passò il suo pollice sulla mia guancia.
Mi era appena scesa una lacrima.
Mi avvicinai a una delle catene di Elsie, e la circondai con le mie mani.
"Pensi che il tuo futuro sia già stato scritto? Non è così, e se anche fosse, allora createne uno nuovo. Uno tutto tuo".
Strinsi ancora di più, sperando di farle sentire un po' del mio calore, attraverso quelle catene congelate.
"Un futuro dove decidi tu come andrà a finire".
Si sentì un leggero rumore.
Tom guardò la catena, stupito.
"Lena, il sigillo della catena... si è sciolto".
Guardai la mia opera.
"Grazie" sussurrò Elsie in preda alle emozioni.
Presi l'altra catena, e feci lo stesso.
Anche quel sigillo si sciolse.
Elsie cominciò a far sbattere le ali molto lentamente, e piano piano si alzò da terra.
Prese con un braccio me, e con l'altro Tom.
Volò fuori dal pozzo, e ci lasciò per terra, lì vicino.
"Lena, mi duole chiedertelo, ma io non voglio insospettire il... cappellaio matto; non posso lasciarvi andare così, mi dovete dare qualcosa".
"Qualcosa?".
Mi squadrai da capo a piedi.
Non avevo niente da darle.
Tom fece lo stesso, e anche lui ebbe scarsi risultati.
"Se non me lo date, non vi posso lasciar andare, mi dispiace" disse Elsie, sinceramente dispiaciuta.
Mi tolsi l'unica cosa di valore che avevo: il kimono, e rimasi solo con i pantaloncini neri che tenevo sotto, e la canottiera.
"Grazie di tutto Lena. Se avrai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa... Elsie Powdie ti aiuterà".
Si avvicinò a me, e mi mollò in mano una piccola chiave argento.
"Non perderla, è un regalo" sentenziò.
Dopodiché, probabilmente per non destare sospetti, rientrò nel pozzo, e scomparve lì dentro.
Guardai Tom.
La Windsor non era tanto lontana dal pozzo.
"La scuola è a due passi da qui... e io abito a due passi dalla scuola. Mi sa che ritorno a casa".
"Come vuoi" risposi.

"Lena!".
Una voce interruppe la nostra conversazione.
"Lena! Sei qui?".
'Aspetta un attimo... Sawyer?'.
"Sawyer, sei tu?" gridai di risposta.
"Lena!".
Suoni di passi ci raggiunsero, e Sawyer arrivò dal nulla.
"Sawyer, che ci fai qui?" chiesi confusa.
"Potrei chiderti la stessa cosa. Comunque, appena tornato a casa ti ho mandato un messaggio per chiederti se avevi tu la mia penna, dato che l'avevo persa, e non mi è arrivata nessuna risposta... era tardo pomeriggio, e di solito sei online a quell'ora, diciamo che ho avuto un brutto presentimento".
Lo guardai; aveva addosso una camicia bianca, e dei pantaloni neri, abbastanza familiari... .
Mi guardò anche lui, poi si tolse il cappotto e me lo mise sulle spalle.
"Ti prenderai un raffreddore se stai così di sera".
Tom guardò me, e poi si rivolse a Sawyer:
"La accompagni tu a casa?".
"Si, sta' tranquillo".
"Va bene, allora io vado"
"Ciao Tom, a lunedì" lo salutai.
"Ciao, buonanotte".
Poi guardò l'orologio:
"O meglio, buongiorno...".
Guardai anche io l'ora: erano le quattro del mattino.
"Dove siete stati?".
"Al Club del Thè".
"Oh" rispose Sawyer sorpreso.
Ripensai alle parole di Sawyer.
"Prima hai detto che di solito di tardo pomeriggio sono online".
Sawyer guardò da un'altra parte.
"Si, è vero".
"Guardi il mio ultimo accesso?" chiesi, un po' divertita.
"Andiamo, ti accompagno a casa in moto" disse lui, cominciando a camminare, lasciandomi indietro.
"Aspetta Sawyer, non è che ci sia qualcosa di male, anzi, ne sono contenta" dissi, cercando di fargli capire che non volevo prenderlo in giro.
Lui si girò verso di me.
'Luce, luce, luce... dov'è?'.
"Sul serio Sawyer, mi fa piacere".
"Davvero?" chiese lui, incerto.
"Davvero davvero" confermai.
Lui mi sorrise.
'Così va meglio'.
Mi mise una mano sulla spalla.
"Dai andiamo, la mia moto è lì".
"Aspetta, il mio zaino è a scuola, e il mio telefono è lì dentro... come chiamo i miei?".
"Se vuoi ti presto il mio telefono".
"Si, grazie".
Mi porse il suo telefono.
Digitai il numero di mio padre, il quale rispose subito.
"Pronto, chi è?"
"Papà, sono io"
"Lena, dove eri finita? Ti abbiamo chiamata ma non rispondevi, stavamo per chiamare la polizia".
"Scusami...".
Cercai le parole giuste, ma come dire che il club in cui ero andata mi aveva spedita in un pozzo vicino alla scuola, con dentro una ragazza in teoria morta, trasformata in... Fata?
"Comunque Sawyer mi porta a casa".
Sentii la voce di mia sorella da lontano:
"Sawyer il tuo nuovo compagno di classe? È carino?".
"Zitta Angelica" la ammonii.
"Già, zitta Angelica. Più che essere carino, è un bravo ragazzo?".
"Sí signore, giuro sulla mia vita che la riporterò sana e salva a casa" disse Sawyer, irruppendo nella nostra conversazione.
"Hai la mia fiducia. Se non mantieni la tua parola sappi che scaverò io stesso la buca per la tua bara".
"Va bene, arriviamo" chiusi la conversazione.
"Ciao".
Salii in moto. In pochi minuti arrivai a casa.
"Grazie del passaggio Sawyer, e grazie di esserti preoccupato per me".
"Di nulla".
Feci per togliermi il cappotto e ridargliero.
"No no, tienilo. Riportamelo pure lunedì".
"Va bene" risposi.
Entrai in casa, trovai i miei in salotto, e dissi loro che li avrei aggiornati domani su ciò che era successo.
Non appena entrai in camera trovai Angelica seduta sul mio letto.
"Gigi, vai a letto".
"Non prima che tu mi abbia detto chi è questo Sawyer".
"Un mio amico. È gentile, e si, è carino. Buonanotte Engy" le dissi, e le diedi un bacio sulla guancia.
"Va bene...notte Len Len".

E così si conclude la mia giornata.
Lunedì ho la mia prima lezione di danza per i nazionali... augurami buona fortuna.
Bacini diarietto, ci si vede tra un po'.

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