Suonava il violino come se non ci fosse cosa più preziosa al mondo.
La delicatezza con cui posava le mani, su quello strumento, sul palco dell'aula magna, davanti a tutti noi. Poveri stupidi, incapaci di dare voce a sentimenti così forti con tanta grazia.Lo pensavo. Lo pensavo ardentemente guardandola.
Come poteva essere? Tutti avevano uno strumento tra le mani, il palco era pieno di musica, di note, di energia.
Ma era solo lei, era lei in mezzo a tutti, in mezzo a nessuno.
Brillava come nessuno in quella stanza, insieme alla propria musica.
Non sapevo neanche il suo nome, la sua classe. Non sapevo nulla, tranne che era capace di far uscire la mia anima allo scoperto con fin troppa facilità.Mi sentivo morire per quanto fosse bella, per quanto quella melodia, quella dell'archetto spinto contro le corde del suo violino, incidesse nella mia anima. Tremavo.
Mi sentii stupida; volevo piangere, lo volevo con tutta ma stessa, ma come avrei potuto davanti a tutti?
Mi allontanati dai miei amici nella confusione della musica, nascondendo il volto con le mani.Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, nonostante la sua immagine fosse diventata un dipinto ad acquarelli bagnato dalle mie lacrime.
Era dolorosamente bello.
Era dolorosamente bella, gli enormi occhi nero notte, e i lineamenti imperfetti di un angelo, che si distingue in mezzo alla perfezione, creando la bellezza.Fu questa la prima volta che la vidi, e che lei vide me.
Nell'esatto momento in cui il concerto finì, alzò il capo, e per qualche ragione, che solo il destino potrebbe spiegare, i suoi occhi videro me.
Videro la mia espressione sofferente, le lacrime sul mio volto, la mano timida che nascondeva le emozioni preziose dal resto della classe.
E in qualche modo i suoi occhi videro, che vedevo solamente lei.E dopo, successe una cosa stupenda; mi sorrise.