VIII. Nome in codice: Phantom

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Ulrich aveva un metodo infallibile per valutare la gravità di una missione: contava il numero di persone sedute dietro la massiccia scrivania dell'ufficio del sovrintendente

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Ulrich aveva un metodo infallibile per valutare la gravità di una missione: contava il numero di persone sedute dietro la massiccia scrivania dell'ufficio del sovrintendente.

Le missioni più semplici, quelle assegnate agli agenti più giovani, vedevano sempre la presenza degli stessi due militari: il capitano Keller, che si dilettava a terrorizzare le nuove reclute, e il professor Nikolaev, che cercava di riparare i danni.

Le chiamava "baby-missions", un nome che Oskar trovava idiota, ma che a Ulrich piaceva comunque.

Quando le cose diventavano più serie, si aggiungevano il generale Roth, che osservava i partenti con sguardo spento e disgustato, e il sovrintendente Graf, il quale si assicurava che fossero pronti ad affrontare eventuali pericoli e ricordava loro i rischi del mestiere.

Queste erano le "Rischio-ma-non-troppo". Anche quel nome faceva ridere Oskar, ma Ulrich non aveva intenzione di cambiarlo.

Infine, c'erano le missioni che avrebbe voluto evitare, ma che finivano sempre nelle sue mani in quell'ultimo periodo: le "Mortal Kombat Missions." Queste non mettevano a rischio solo la loro vita, ma anche la sicurezza garantita dall'Accademia. Erano questioni di vita o di morte che riguardavano l'intera nazione.

E in quel momento sei persone erano sedute dietro quella scrivania.

Sei persone per una Mortal Kombat Mission.

L'esponente dell'Ente Nazionale per la Sicurezza Informatica, riconoscibile dalla spilla con l'aquila appuntata sulla giacca, aveva davanti a sé una cartellina blu piena di documenti. Più che dal classico colore del suo vestito, Ulrich la riconobbe dal modo in cui osservava lui e i suoi compagni. Gli occhi verdi e attenti cercavano di capire se fossero ragazzini inesperti o adulti pronti all'azione.

L'uomo del Centro di Competenza Tecnologica, invece, era nuovo e aveva l'aria spaesata, come se non sapesse nemmeno lui cosa ci facesse lì. Si asciugava le mani sudate sui pantaloni di velluto e si aggiustava di continuo la cravatta, troppo stretta per il suo collo. Con quei capelli neri appiccicati alla fronte, sembrava una Damigella Bianco-Nera fuori dal suo elemento.

Non aveva nemmeno una tessera di riconoscimento per dimostrare a che dipartimento appartenesse, ma Ulrich diede per scontato che si trattasse di lui: c'era sempre qualcuno esperto di ultime tecnologie di intelligence per affiancarli nelle missioni, soprattutto quando erano di tale portata.

Sulla scrivania davanti alla loro – messe in bella vista, quasi come se l'intenzione fosse quella di far capire ai tre ragazzi con chi avessero a che fare – c'erano i fascicoli di tutti e tre gli agenti. Le loro foto identificative erano riconoscibili anche a distanza.

Pure quella era un'abitudine che Ulrich aveva avuto il piacere di osservare più volte durante le sue missioni: se i responsabili avevano modo di sottolineare quanto li tenessero d'occhio, si poteva star certi che avrebbero colto l'occasione al volo per farlo.

L'Accademia - Le Nuove Generazioni [Vol. 1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora