[𝐌𝐲𝐬𝐭𝐞𝐫𝐲 𝐑𝐨𝐦𝐚𝐧𝐜𝐞/𝐒𝐩𝐲-𝐅𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧]
#1 VOLUME DELLA SAGA DELLE NUOVE GENERAZIONI
Vivere nell'Accademia non è semplice, lo sanno tutti.
Sopravvivere all'Accademia lo è ancor meno, ne sono la prova i numerosi Bimbi Perduti che si son...
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L'entrata dell'Accademia era tanto grande, quanto vuota e triste. Il pavimento piastrellato a scacchi, bianco e nero, era l'unica cosa che movimentava l'atrio in cui lei e Klaus avevano appena messo piede.
Louise rimase un paio di passi dietro di lui, osservando il suo modo di camminare sicuro e veloce, quasi come se ci fosse già stato tante volte. Si strinse nelle spalle larghe, per poi sistemarsi i capelli scuri all'indietro, così da non averli sul viso, mentre raggiungeva quello che doveva essere una specie di portineria.
Era un gabbiotto in legno scuro, ricavato da quello che aveva tutta l'aria di essere stato il bancone di una reception di un certo calibro. Tuttavia non c'era molto altro da osservare, se non le enormi vetrate che davano sul piccolo giardino da cui erano appena arrivati e le porte che si affacciavano, invece, sul cortile lastricato all'interno.
Poteva essere un bel posto, se non fosse stato per le pareti bianche, asettiche, che li circondavano. Quasi non c'era colore in quel luogo, e allo stesso modo non c'era nemmeno un rumore.
Uno strano e odioso silenzio che faceva solo tremare di più le gambe a Louise.
Odiava il silenzio perché la sua testa era tutto tranne che silenziosa, e quando non c'erano rumori a circondarla le ritornava tutto alla mente in un colpo solo. Quelle urla e quell'odore acre di fumo che la tormentavano, per cui tanto desiderava poter avere un bottone per spegnere tutto e non sentire nulla, solo i capelli che le solleticavano le guance.
Si strinse le braccia al petto, su una maglietta azzurra che aveva preso dalla valigia poco prima che partissero, e seguì Klaus in quel fascio di ombre e luci, bianco e nero, in cui avevano messo piede.
Stavano ancora aspettando che qualcuno andasse ad accorglierli ed era spazientito. Louise aveva notato che quando lo era iniziava a schioccare le dita ripetutamente, fino a quando non se ne rendeva conto e, scuotendo la testa, ritornava in sé.
Un po' come quando la ragazza gli fu accanto e gli occhi verdi dell'uomo trovarono i suoi. Aveva stretto le labbra e intrecciato le dita, così da interrompere quel fastidioso rumore che stava iniziando a darle sui nervi. «Come ti sembra?»
«Questo posto dici?» chiese Louise, lanciandosi un'occhiata alle spalle. «Spettrale.»
Klaus annuì alle gracchiate di Louise, ma non le chiese come andasse la gola. Se doveva essere sincera: se lo avesse fatto si sarebbe preoccupata di più. L'ombra di una smorfia divertita gli attraversò il volto.
«Una volta questo era un hotel, uno dei migliori della zona in realtà» le spiegò. Appoggiò i gomiti sul bancone, in modo da poggiare la schiena contro la superficie in legno e guardare l'alto soffitto da cui pendeva un vecchio lampadario di cristallo che sembrava del tutto fuori posto in quella stanza. «Non ricordo perché fu abbandonato, ma l'esercito lo ha riqualificato qualche anno fa.»
Un rumore di passi lo fece voltare di nuovo con la testa verso l'interno del gabbiotto, giusto in tempo per vedere una signora, dal naso aquilino e i capelli ingrigiti che uscivano disordinati dallo chignon, avvicinarsi a loro a piccoli passi.