Capitolo 17 - Due mesi dopo

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Settembre era arrivato, portando con sé un cambio di stagione e una nuova pagina nella vita di Eva. Tornata ad Istanbul, si era stabilita nel suo appartamento nel quartiere di Nişantaşı. Tornare lì non era stata una decisione facile per lei, sapeva bene che Yaman si trovasse solo a trenta minuti d'auto, al nord ovest della città.

Istanbul, con i suoi milioni di abitanti e i suoi infiniti quartieri, offriva a Eva una sorta di anonimato, un velo di massa dietro cui nascondersi. Continuava a ripetersi che, nonostante l'immensità di quella metropoli, la fortuna potrebbe permetterle di non incontrare mai Yaman, come non era mai successo in tutti quegli anni. Tuttavia, ogni volta che usciva per le strade, il suo cuore batteva un po' più forte, temendo che dietro l'angolo, in un caffè affollato o lungo le rive del Bosforo, potesse apparire lui. Eva cercava di convincersi che le probabilità erano minime, che le strade che percorrevano nella loro quotidianità erano diverse e che lei poteva nascondersi dietro la frenesia urbana. Ma in fondo, quel timore di un incontro casuale rimaneva un pensiero costante, una preoccupazione che la accompagnava ogni giorno mentre cercava di ricostruire la sua vita nella grande città.

In qualche modo in ogni caso, la sua vita adesso aveva ripreso un corso, benché segnato da un dolore sottile ma persistente. Non era stato facile.

Nei giorni successivi alla partenza di Yaman, Eva aveva iniziato a sperimentare un malessere crescente che andava oltre la tristezza emotiva. Il suo corpo reagiva visceralmente alla perdita, manifestando sintomi che riflettevano il tormento interiore. Frequenti mancamenti, una stanchezza implacabile che la consumava giorno dopo giorno, rendevano le sue giornate a Idosthena una lotta continua. Le mattine iniziavano spesso con un senso di vertigine che la coglieva al risveglio, e più di una volta era stata colta da svenimenti improvvisi, tanto che i suoi amici e la sua famiglia erano diventati estremamente preoccupati per il suo stato di salute. La depressione che Eva sperimentava non era nuova; era un ritorno a un periodo buio che aveva già affrontato dopo la morte del padre.

La comunità di Idosthena si era stretta attorno a lei, cercando di supportarla. I suoi amici, Yasemin e Ali, erano sempre disponibili per ascoltarla o distrarla con passeggiate o piccoli gesti quotidiani. Sua madre e Corinna erano pilastri costanti di supporto, aiutandola nelle faccende domestiche e incoraggiandola a parlare dei suoi sentimenti, sperando di alleviare il peso del suo dolore.

La perdita di Yaman, così improvvisa e definitiva, aveva lasciato un segno profondo, scatenando una reazione fisica che Eva stessa faticava a controllare. Ogni piccolo ricordo, ogni luogo che avevano condiviso sull'isola, ogni momento di felicità passato insieme diventava un colpo al cuore che la faceva vacillare. La sua resistenza fisica sembrava cedere sotto il peso dell'angoscia, rendendo ogni attività quotidiana un impegno gravoso.

Eva era determinata a credere che il suo dolore sarebbe stato solo temporaneo e che, con il tempo, sarebbe riuscita a superare la perdita di Yaman. Tuttavia, l'immagine degli occhi verdi di lui, mentre le sussurrava con intensità "qualsiasi cosa succeda, ricordati che io ti amo", la tormentava incessantemente. Giorno e notte, quelle parole riecheggiavano nella sua mente, spingendola a cercare una spiegazione a un addio che non aveva mai capito completamente. L'eco di quelle parole era una promessa non mantenuta, un enigma che non riusciva a risolvere, e alimentava una speranza che, nonostante il dolore, non riusciva a spegnere del tutto.

Eva in quei due mesi aveva lottato per accettare l'idea che fosse stata solo una relazione estiva per Yaman, e che lui fosse fuggito non appena la loro storia aveva iniziato a diventare più seria. Questo pensiero la consumava, rendendo difficile per lei superare il distacco. Nonostante cercasse di convincersi che doveva andare avanti, il senso di abbandono la riportava ad un ciclo doloroso di tristezza e malinconia. Per questo motivo, alla fine, aveva deciso di lasciare Idosthena i primi di Settembre. Sperava che cambiare ambiente e allontanarsi dai luoghi che le ricordavano Yaman potesse aiutarla a guarire. Con il sostegno della sua famiglia, aveva fatto le valigie, pronta a cercare un nuovo inizio, lontano dall'isola che tanto le aveva dato ma che ora era troppo piena di ricordi dolorosi.
I suoi amici più stretti erano rimasti sull'isola per impegni lavorativi che avevano fino a fine settembre, mentre Athena e Corinna l'avevano appena raggiunta. Athena, infatti, era stata convocata a Istanbul da Vedat Kahraman in persona per discutere di una proposta relativa all'Hotel Athena. Eva si sentiva talmente esausta e sconfitta da aver rinunciato persino a lottare per mantenere la proprietà dell'hotel, se l'unica soluzione era vendere, l'avrebbero venduto. Aveva inoltre ricevuto diverse email dall'ufficio commerciale dell'Aesthesia Hotels & Resorts, in seguito all'invio di quel curriculum un paio di mesi prima, ma aveva declinato ripetutamente gli inviti ad un colloquio, avendo perso ogni interesse di incontrare quell'uomo per convincerlo a trovare una soluzione alternativa alla vendita. Aveva deciso in ogni caso di accompagnare sua madre e Corinna agli uffici della Aesthesia a Levent, principalmente per supporto morale. Aveva anche pensato di approfittare della visita per passare dall'ufficio delle risorse umane. Il suo intento era ringraziare per l'opportunità e chiedere cortesemente di rimuovere il suo curriculum dal loro database, chiudendo definitivamente quella porta e forse anche un capitolo della sua vita.


Ultima Estate a IdosthenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora