Capitolo 34 - Essere un buon padre

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Yaman si precipitò verso il terrazzo all'ultimo piano dell'ospedale, cercando disperatamente un rifugio dove potesse isolarsi e respirare. Appena aprì la porta che conduceva all'esterno, una raffica di vento freddo lo colpì in pieno volto, facendolo rabbrividire. L'aria gelida della notte sembrava entrare nelle sue ossa, amplificando il gelo che sentiva dentro di sé. Si avvicinò al parapetto, lo sguardo perso nel panorama di Istanbul che si estendeva sotto di lui. Le luci della città brillavano lontane, come un milione di stelle artificiali, ma la loro bellezza non riusciva a raggiungerlo.
Si sentiva solo, completamente e terribilmente solo, in mezzo a quel vasto mare di luci che sembravano appartenere a un altro mondo, un mondo dal quale si sentiva ormai alienato. Con un peso schiacciante sul petto, Yaman si lasciò scivolare lungo il muro freddo, fino a sedersi a terra, il viso tra le mani.
Il suo respiro era irregolare, quasi soffocato dall'angoscia che lo attanagliava. Tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni gli tornò in mente con una chiarezza dolorosa, ogni parola, ogni sguardo, ogni rivelazione lo colpiva come un colpo al cuore.
Pensò alla bambina, a quella creatura innocente che aveva salvato senza sapere che fosse sua figlia. La piccola Ada, con quei grandi occhi che ora riconosceva essere un riflesso dei suoi, e il senso di colpa per non esserci stato, per non aver saputo, lo consumava.
Poi la mente tornò a Corinna, e al pensiero che aveva finto, recitando la parte della madre di Ada. Ogni volta che l'aveva vista accanto a quella bambina, aveva creduto che fosse lei la madre, e ora si sentiva tradito, ingannato da chiunque avesse preso parte a quella messa in scena.
Come avevano potuto? Come avevano potuto tutti partecipare a quel gioco crudele?
Ma il pensiero più straziante era riservato per Eva. Non riusciva a credere che la donna che aveva amato così profondamente, che aveva cercato ovunque per anni, fosse capace di una tale menzogna. Si era fidato di lei, l'aveva messa su un piedistallo, credendo che fosse diversa, che fosse sincera, che lo avesse amato davvero. E invece l'aveva ingannato in un modo che non avrebbe mai potuto immaginare. L'idea che fosse stata capace di nascondergli l'esistenza della loro figlia per così tanto tempo era una ferita che bruciava, un tradimento che gli toglieva il fiato.
Le lacrime, che aveva trattenuto con forza fino a quel momento, iniziarono a scorrere liberamente, bagnando il viso. Non riusciva a fermarle, e per un attimo non ci provò nemmeno. Ma non erano lacrime di tristezza, erano lacrime di rabbia, di impotenza. Eva aveva distrutto ogni cosa. Non c'era più fiducia, non c'era più amore.  Il dolore che sentiva era troppo grande, troppo vasto per essere contenuto. Le parole di Eva riecheggiavano nella sua mente, ogni scusa, ogni giustificazione, ma niente poteva giustificare quello che lei gli aveva fatto. Si sentiva perso, come se il mondo che conosceva fosse stato ribaltato, lasciandolo a fluttuare in un vuoto gelido. Yaman chiuse gli occhi, appoggiando la testa al muro alle sue spalle, mentre la sensazione di freddo si mescolava al gelo che sentiva dentro.

Un pensiero improvviso gli attraversò la mente: forse Beril aveva capito tutto prima di lui.
Ricordò il suo sguardo sconvolto di qualche ora prima, la preoccupazione che le segnava il volto quando aveva accennato alla bambina. Forse, pensò, Beril sapeva più di quanto avesse lasciato intendere. Forse era stata lei a raccogliere quei pezzi che lui non era riuscito a vedere.
L'impulso di chiamarla era forte, ma erano le 4 del mattino, e sapeva che sarebbe stato inutile. Eppure, il bisogno di capire, di ottenere risposte, era travolgente. Ma anche se avesse saputo la verità, cosa avrebbe cambiato? Il danno era fatto. Nulla poteva riportargli indietro quegli anni persi.

Un padre.

In un istante, era diventato padre, un ruolo che non aveva mai immaginato di dover ricoprire così, all'improvviso, senza preavviso, senza alcuna preparazione. La parola "padre" continuava a rimbombargli nella testa, densa di un peso che non riusciva a gestire. Come si faceva a essere un padre? Yaman non lo sapeva. Non aveva mai avuto un esempio da seguire, o meglio, l'unico esempio che conosceva era quello di Vedat Kahraman, un uomo che non aveva mai dimostrato affetto, che non aveva mai saputo amare, se non in modo distorto e manipolatore. Suo padre era sempre stato una figura autoritaria, distante, più preoccupato del potere e del controllo che del benessere dei suoi figli.
Come poteva, Yaman, prendere quel modello e trasformarlo in qualcosa di positivo per sua figlia? L'intera faccenda era diventata un groviglio inestricabile di bugie e manipolazioni, con suo padre al centro, come sempre. Non poteva fare a meno di pensare che Vedat avesse avuto un ruolo anche in questa situazione, che forse avesse orchestrato tutto, costringendo Eva a scomparire per costringerlo a sposare Meryem, per piegare ancora una volta la sua vita ai suoi desideri. E quei bonifici ad Athena? Erano per comprare il silenzio di Eva? Per garantire un sostegno economico per la bambina, tenendola lontana da lui?
Yaman si chiese se fosse davvero in grado di essere un buon padre, di dare a sua figlia quello che lui stesso non aveva mai ricevuto. Il peso di questa nuova responsabilità lo schiacciava, e la paura di fallire lo paralizzava. Ma sapeva anche che non poteva permettersi di cedere a quella paura. Ada aveva bisogno di lui, e lui avrebbe dovuto trovare la forza per essere presente, per amarla incondizionatamente, per proteggerla da tutto, anche dalle ombre del passato.
Era un compito immenso, e Yaman si sentiva piccolo di fronte a esso, ma sapeva che non poteva tirarsi indietro. Doveva riuscire là dove suo padre aveva fallito, doveva diventare il padre che Ada meritava, nonostante tutte le incertezze e le paure che lo divoravano dall'interno. Sapeva che il cammino sarebbe stato difficile, che avrebbe dovuto lottare contro i demoni del passato e le insicurezze del presente, ma non aveva altra scelta.Per la prima volta, sentiva il peso della paternità come una missione, una responsabilità sacra che non poteva e non voleva tradire. E anche se era terrorizzato dall'idea di fallire, sapeva che avrebbe fatto di tutto per essere il padre che Ada aveva bisogno di avere. Avrebbe imparato, passo dopo passo, come essere un buon padre, e avrebbe dato a sua figlia l'amore che lui stesso aveva sempre desiderato.

Ultima Estate a IdosthenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora