SORRISI

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Era appeso tra due alberi, con ceppi ai polsi sanguinanti, i denti serrati e il sorriso forzato sulle labbra. Con i pugni chiusi, attese il primo colpo di frusta. Dentro di lui, Gavriel urlava di dolore, piegandosi al contatto del cuoio sulla carne. Ma nessun suono interruppe il silenzio inquietante che aleggiava tra gli alberi.

Poi arrivò la seconda, e così anche la terza.

Silenzio.

Sentiva il sangue gelido scorrergli sulla schiena e colare lungo le gambe fino ad arrivare a terra, dove i piedi nemmeno toccavano.

Appeso a due fusti di quercia, attendeva la quarta fustigata, con una risata che squarciò la notte facendo tremare le stelle.

Eccola.

Esattamente dove il sangue ancora sgorgava dalla prima. Esattamente dove la pelle era già stata recisa.

Gavriel sentiva il dolore, il bruciore e la rabbia. Sentiva riecheggiargli nelle orecchie il suono della frusta che fendeva l'aria prima di colpire il suo corpo e i muscoli tendersi prima di essere lacerati.

Era bloccato. Solo. Incatenato in una foresta a lui sconosciuta. L'odio e la rabbia gli annebbiavano i pensieri, opprimendo anche il piccolo lume di lucidità che gli era rimasto. Non aveva via di fuga.

Alzò il mento e sputò a terra, ai piedi di una donna alta e snella, la pelle color avorio e gli occhi bianchi. Vuoti. Una Corwell.

Solo allora la flagellatrice parlò: "Non regnerai mai, Malika Nerez'thar!"

Gavriel si svegliò in un bagno di sudore. Era terrorizzato, aveva il respiro corto e il battito del suo cuore non sembrava rallentare. Spalancò gli occhi e si tastò freneticamente la schiena. Trovò la pelle liscia, senza cicatrici ne tagli slabbrati per le fustigate che gli erano appena state inferte.

Era solo un sogno, ma così vivido da sembrare reale.

In realtà, era un ricordo sepolto di Malika, riemerso dalle profondità della sua mente, ma che, chissà per quale motivo, era riaffiorato in quella di Gavriel.

Era già sveglia da ore, a fissare il soffitto umido di quella stanza. Era ancora tutto a soqquadro come lo aveva lasciato lei. Non si pentiva di averlo fatto. Anzi, solo ora notava punti della stanza che avrebbe voluto riarredare in maniera differente. Sorrise compiaciuta e si mise ad osservare il giovane. Sognava contorcendosi, come preso da convulsioni insopportabili...umani!

Era sul punto di alzarsi e prenderlo a sberle per porre fine a quel fastidioso, continuo movimento, quando si alzò a sedere, ansimante. Si percorse la schiena con le mani, ma concluse tirando un sospiro di sollievo.

"Ma buongiorno bell'addormentato!" sospirò, restando il più possibile cinica, la voce roca.

Il grugnito di risposta arrivò solo dopo qualche istante, giusto il tempo di riprendersi da quel malessere che lo attanagliava. Si passò una mano sul viso, percependo il taglio del giorno precedente, cercando di scacciare gli ultimi residui del sogno, ma le immagini rimanevano vivide in lui.

La voglia di prenderlo a sberle e sbatterlo giù dal letto le tornò con una forza rinnovata. Non avevano tempo da perdere; ogni minuto era prezioso se volevano trovare informazioni utili alla loro causa. Ma lui continuava a restare immobile, perso in chissà quali pensieri.

Serrò i denti, cercando di mantenere la calma, e sospirò sonoramente, sperando di scuoterlo dalla sua trance. Nessuna reazione.

Lanciò un'occhiata nervosa all'orologio, il ticchettio delle lancette sembrava risuonare nella stanza vuota. Decisa a non farsi ignorare, tossicchiò con fare distratto, cercando di attirare l'attenzione del ragazzo, ma lui non si voltò nemmeno. La pazienza di Malika si stava esaurendo rapidamente.

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