LACRIME

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A vedere Malika distruggere camera sua, la camera dove costudiva così tanti bei ricordi, gli montò una rabbia che mai in vita sua aveva provato. Avrebbe voluto affrontarla, saltarle addosso e fermare quel tornado d distruzione che aveva solcato profondi graffi sulle pareti, distrutto il letto in piume d'oca che sua madre aveva tanto faticato per potersi permettere e che poco a poco stava mandando in frantumi tutta la sua infanzia.

Le sputò in faccia tutto quello che pensava, senza ragionare sulle conseguenze, dimenticandosi che quella che aveva davanti non era una fidanzatina gelosa... diamine era un demonio! Anzi Il Demonio!

Quello sfregio se lo era meritato, non avrebbe dovuto rivolgersi così a lei. Ma dopo tutto il male che era stata in grado di procurargli in meno di 24 ore, fu il minimo che poté fare per sfogare la sua ira.

Poi, la vide voltarsi, i capelli scuri che ondeggiavano in un movimento fluido, come un sipario di seta che calava sulla scena di un incubo. E a quel punto lo vide. Il vero orrore. Così profondo da togliergli il respiro.

Il tempo sembrò rallentare in quella frazione di secondi, abbastanza da permettergli di vedere ciò che nessun essere umano avrebbe mai dovuto osservare. I lembi lasciavano visibili ferite fresche, ma non solo. Orrori ben peggiori segnavano il suo corpo perfetto. Cicatrici spesse e bianche come avorio si intravedevano sulla sua pelle tatuata, testimonianza di torture indicibili, costellazioni di mille ricordi agonizzanti, di ossa frantumate, pelli fustigate, lacerate da artigli crudeli, morsi e canini affilati che avevano lasciato tracce indelebili sulla pelle un tempo immacolata. Un passato da cui non c'era via di fuga.

Mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime, capì che l'orrore più grande non era solo nelle ferite visibili, ma nelle cicatrici invisibili che avrebbero marchiato per sempre l'anima di Malika.

Improvvisamente il suo odio per quella cosa cambiò direzione. Non la perdonava per ciò che gli aveva fatto, ma allo stesso tempo si odiava per quello che lui aveva fatto a lei.

Uscì dalla senza voltarsi ne chiudere la porta. Sentì Satan alzarsi e seguirla. Satan piangeva, guaiva nel vedere le nuove ferite, leccandole le mani e i polpacci in segno di conforto.

Ma Gavriel non la seguì, né le disse altro. Era sconvolto e mille dubbi iniziavano ad affollarsi nella sua mente. E se fosse stata la Malika della leggenda? Se ci fosse stata una minima possibilità di salvare Ilya?

Rimase seduto sul pavimento per minuti che gli parevano ore ed ore che gli sembravano giorni. Continuava a rivedere quella schiena martoriata con gli occhi spalancati e il volto umido per le lacrime salate che gli scorrevano pigre lungo le guance.

Sua madre rincasò verso le dieci di sera. Lavorava sempre fino a tardi, faceva la cameriera nella locanda nella zona più brutta di tutta Ilya, però pagavano bene, e questo a sua madre bastava per tornarci giorno dopo giorno.

Era stravolta, Gavriel lo vedeva, ma si imponeva comunque di sorridergli dolcemente. Era una bella donna, ma soprattutto era ancora giovane, ma da quando aveva sposato suo padre non aveva voluto saperne di trovarsi un nuovo marito. Diceva che nella vita si può incontrare un solo vero amore, e che lei aveva già sprecato la sua accanto a un uomo violento. Nonostante tutto, aveva scelto di restare, perché almeno lui era abbastanza forte da portare a casa il denaro necessario per la coltivazione dei campi.

Si sedettero a tavola. Gavriel non aveva ancora mangiato e lei preferiva evitare di cenare con gli alti prima del turno, temendo per gli uomini che vi lavoravano.

"Malika non mangia con noi?" disse sua madre sfornando lo stufato "lo ho cucinato apposta per fare bella figura con la tua fidanzata" concluse facendogli l'occhiolino.

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