Pioveva ancora, nonostante avessero passato più di mezz'ora nel supermercato e loro stessero camminando da una decina di minuti, la pioggia non accennava a fermarsi; tutto era grigio, profondamente triste e fastidiosamente umido, l'acqua scendeva copiosa dal cielo, come una maledizione, e Leonardo, di fianco a lei, sembrava estremamente distante, teneva sia le borse della spesa sia il proprio ombrello, perché nonostante lei non gli avesse chiesto niente era stato così gentile da prendere due borse su tre, lasciandole quella meno pesante di tutte. Non si era spinta a chiedergli perché e lo aveva solo ringraziato. Nessuna frase, nessuna parola, nessuno sguardo, semplicemente si era voltato ed aveva cominciato a guardare davanti a sé. Le sembrava stesse pensando e sul suo viso appariva un espressione fredda, distante, scostante. Veronica aveva distolto lo sguardo, prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, visto che aveva cominciato a vibrare, e rispondendo alla chiamata di sua madre, erano rimaste in telefonata per molto tempo, almeno fino a quando non erano arrivati a casa, poi avevano chiuso la telefonata. Leonardo, davanti a lei, aveva aperto la porta di casa e la gatta si era strusciata sulle sue gambe.
«Ciao bellissima -l'aveva presa in braccio, portandosela al petto, ed aveva strusciato il naso contro il musetto della micia, lei gli aveva morsicato il naso, poi si era voltato verso di lei- dai, accarezzala, le piaci no?» Veronica gli aveva sorriso, accarezzandole il musetto, e lei aveva cominciato a fare le fusa, lui aveva sorriso alla gatta e poi l'aveva rimessa giù.
«Ci cambiamo e facciamo da mangiare? Ho fame» lei aveva annuito, posando la borsa sul piano della cucina, come, successivamente, aveva fatto anche lui.
Veronica era salita in camera sua, togliendosi i vestiti e mettendosi una felpa larga, calda e morbida, e un paio di leggings, erano le tipiche cose che si metteva quando c'era il temporale, qualcosa di comodo e che le ricordasse qualcosa di familiare, casalingo. Non dispprezzava la pioggia, ma i temporali le facevano paura.
Era tornata in cucina una quindicina di minuti dopo, ed aveva trovato Leonardo riempire la pentola d'acqua.
«Hai già cominciato?» Leonardo si era voltato verso di lei, mentre metteva la pentola sul fuoco già acceso.
«Ho solo messo su l'acqua. -Si era voltato ancora una volta, mentre cominciava a prendere le cose dai sacchetti- Come sta tua madre?» Veronica gli si era avvicinata, ed aveva preso le cose che lui le aveva passato, alzandosi in punta di piedi per metterle via nei mobili della cucina
«Sta viaggiando da città a città, sono foto e video per un documentario però... non so»
«Chi lo avrebbe mai detto che un fotografo ha tanto lavoro.» Lei lo aveva fulminato con lo sguardo, girandosi verso di lui.
«Come, scusa?»
«Beh -lui l'aveva guardata- un fotografo di norma non lavora tanto, no?» lei aveva alzato le sopracciglia.
«Se non lo sai, perché parli?» Gli aveva strappato un barattolo di mano, girandosi di nuovo per metterlo via.
«Non volevo offenderti.» Lo aveva detto dopo un po', come se avesse cercato le parole giuste.
Perché improvvisamente era così... normale?«Non mi hai offesa»
«Certo -lui aveva scoccato la lingua, facendola girare- Sembri una vecchia, ti verranno le rughe a vent'anni se continui così.»
Ah, eccolo qua.
«Simpatico.»
Veronica cominciava ad irritarsi. Non tanto perché fosse suscettibile, ma perché aveva passato la maggior parte della sua adolescenza da sola. Da quando sua madre aveva capito che poteva farcela da sola, aveva cominciato a lavorare di più dopo un periodo in cui aveva totalmente smesso per reinventarsi. Poi, capito che doveva seguire la sua passione aveva cominciato a lavorare come fotografa e sparire per sempre più giorni, sempre più tempo, occupandosi di lavoro che richiedevano la sua presenza in una altra regione, in uno stato vicino, in una città così lontana da farla cercare su google a Veronica.
Si era infastidita perché lui non sapeva, e non voleva parlasse, ma il problema, e l'incoerenza, era il fatto che lei non gliene volesse parlare. Era una cosa di cui non voleva parlare in generale, perché parlarne portava sempre a discorsi più dolorosi di quello, e non aveva nemmeno voglia di pensarci, figurarsi di parlarne.
STAI LEGGENDO
Broken Hearts - Destini incrociati
Romansa"Lunghi capelli corvini e occhi come il miele, dalla forma affilata come quelli di un gatto. Ecco lei cosa era, la perfetta rappresentazione del suo ruolo nella sua vita: un gatto nero che gli stava attraversando la strada a rallentatore, portandogl...