2. La cattura

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"Sii sempre, in ogni circostanza e di fronte a tutti, un uomo libero
e pur di esserlo sii pronto
a pagare qualsiasi prezzo."
- Sandro Pertini

Iskander sollevò lo sguardo, sul volto un'espressione di sfida

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Iskander sollevò lo sguardo, sul volto un'espressione di sfida. Non aveva neppure avuto il tempo di piangere la scomparsa di suo padre e la perdita di tutto ciò di caro che gli era stato portato via, che ora non poteva più nemmeno far fede all'ultima promessa concessa a Tigran in punto di morte. Come avrebbe fatto a sopravvivere? Non gli restava altro che accettare la sconfitta e con essa anche una rapida morte, oppure sfruttare l'ultimo baluardo di speranza che ancora conservava, lottando fino a quando il destino glielo avesse concesso.

Esitò, la punta dell'archibugio gli premeva contro il petto con aria minacciosa. Sarebbe bastato un solo movimento sbagliato, e la morte lo avrebbe accolto fra le sue fredde spire in un battito di ciglia.
Che situazione del cazzo.

« Sta' fermo. » la voce del soldato fu così imperiosa da fargli rizzare i peli sulla nuca.

L'idea che un barbaro gli desse ordini non gli piaceva per nulla, perciò scattò come una molla: d'istinto gli sputò un grumo di saliva dritto in faccia, ricevendo in cambio uno schiaffo talmente forte da sentire la testa girare prepotente.
« Sporco cristiano! » lo udì imprecare, mentre inforcava l'arma e si preparava a sparare.

É arrivata la mia fine, pensò, stringendo gli occhi con forza.

Attese il momento fatale, con il cuore che quasi gli balbettava fin nelle tempie. Eppure quel momento non arrivò.

« La tajru ealaa qatlihi. Non osare ucciderlo. » un timbro ancora più incalzante interruppe i sogni di morte di Iskander.

Aprì un occhio, poi l'altro, sperando di non essersi soltanto illuso. Il soldato impietoso che aveva minacciato di trapassarlo col suo archibugio, era ora riluttante e lo guardava con occhi freddi come l'acciaio: un altro uomo gli si era parato innanzi, con un braccio sollevato.

Iskander vide inizialmente soltanto la sua schiena.

Il fucile venne finalmente deposto e il soldato, seppur recalcitrante, obbedì all'ordine e si profuse in un deferente inchino:
« Kapudan paşa. »

A giudicare dai vestiti riccamente decorati e dal turbante finemente avvolto attorno al capo dello sconosciuto, poteva trattarsi di un funzionario dell'impero.
Quando questi si voltò, Iskander fu in grado di notare i suoi lunghi baffi arricciati e rossicci. Gli occhi erano scuri, simili al cioccolato fondente. Il viso arrotondato dava l'impressione di un volto dall'aria amichevole.

Il sorriso che gli rivolse fu però tutt'altro che amichevole. Temibile, calcolatore semmai.
« Io sono Dragut, corsaro e ammiraglio al servizio del sultano. Ma molti preferiscono chiamarmi "La spada vendicatrice dell'Islam". Piacere di fare la tua conoscenza. »

Circassian - L'amante del sultanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora