3. Verso l'ignoto

23 6 0
                                    

"Questo universo sfugge a ogni comprensione. Le sue intenzioni sono ignote, i suoi prossimi passi imprevedibili. Se vi é un piano preordinato o una logica nella sua azione, questi sfuggono senz'altro all'umana comprensione. E così il timore cosmico é anche l'orrore dell'ignoto: il terrore dell'incertezza. "
- Zygmunt Bouman

Le giornate successive alla cattura furono un interminabile susseguirsi di camminate estenuanti e brevi pause, in cui i prigionieri ricevevano razioni misere di acqua e cibo

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Le giornate successive alla cattura furono un interminabile susseguirsi di camminate estenuanti e brevi pause, in cui i prigionieri ricevevano razioni misere di acqua e cibo.
Il gruppo avanzava lentamente verso sud, attraverso le colline e le pianure, seguendo sentieri che sembravano non avere fine. Gli Ottomani li trattavano come bestie da soma, concedendo loro solo il minimo indispensabile per mantenerli in vita.

Le mani di Iskander erano ancora legate, i polsi doloranti, e ogni passo era accompagnato dal peso della stanchezza e della frustrazione.

Osservava i suoi compagni di sventura, tutti con lo stesso sguardo vuoto e una smorfia sofferente sul viso. C'era Halil, un giovane di dieci anni dai capelli scuri e gli occhi grandi, e Mirza, un esile quindicenne che tentava di mantenere un contegno da uomo ma che a tratti cedeva alla tristezza, e allora lo sconforto gli rigava silenziosamente il viso di lacrime.
Nessuno di loro parlava molto, le poche parole scambiate erano sussurri di solidarietà e sguardi carichi di incertezza.

Il paesaggio attorno a loro cambiò lentamente: le montagne della loro terra natale sfumarono in lontananza, sostituite da pianure ondulate e foreste ancora più fitte che offrivano un'ombra sotto cui ripararsi dalla canicola. Il fiume Volga ora si avvicinava sempre di più: le sue acque gelide sembravano portare segreti di terre lontane ma anche minacciare di inghiottirli in quel viaggio senza ritorno.

Durante una delle soste, mentre furono costretti a sedersi a terra con i vestiti ancora lezzi e logori, le guardie concessero loro una razione più generosa di cibo: pezzi di pane e un po' di formaggio. Più di quanto avessero ricevuto le volte precedenti. Iskander divorò il pasto in fretta. Era affamato, il suo stomaco ridotto ad un concitante brontolio.

« Hal yajib ealayna 'an nakhudhahum 'iilaa alsuwq libayeihim?* » sentì uno dei soldati rivolgersi a Dragut, con il capo chino e la posa reverenziale.
* « Dobbiamo condurli al mercato affinché siano venduti? »

« La, linakhudhhum 'iliaca hall alfarz awlaan. Albaed minhum yumkin 'an yastahiqa alkathira.* » l'ammiraglio si voltò, e il suo sorriso a mezza bocca incontrò gli occhi di Iskander.
* « No, portiamoli al campo per lo smistamento. Alcuni di loro potrebbero valere parecchio. »

Detestava non capire cosa dicessero.

« Pensate che vogliano venderci? » Mirza si guardò intorno spaesato. Tra le mani stringeva gli ultimi rimasugli di pane, una briciola era rimasta intrappolata fra le sue labbra.
« Non lo so, » incuneò la punta del sandalo nel terreno con un sospiro di frustrazione, « ma mi piacerebbe sapere che cosa si dicono. »

Circassian - L'amante del sultanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora